Capitolo Primo

Il sindaco è alla guida della struttura comunale

Sappiamo tutti che una campagna elettorale è sempre composta e contraddistinta da richieste dei cittadini e dalle relative promesse dei candidati. Nel caso della Capitale i gruppi in grado di muovere e garantire consenso influenzano, almeno in parte, le dichiarazioni di intento degli aspiranti a un seggio in Campidoglio. A guardare la situazione attuale sembra che abbiano più voce in capitolo i ragionieri delle votazioni piuttosto che idee e ideali da proporre per il futuro della città. Finita l’era in cui i programmi si scrivevano a Capalbio e a Predappio, adesso un candidato si trova a dover far di conto su quanti cittadini chiedono una certa disposizione a prescindere dal contenuto o dal valore sociale.

Vanno bene anche quelli che, per assurdo, desiderano una discarica vicino casa o la pedonalizzazione completa di Via Cristoforo Colombo, il Raccordo anulare ad uso esclusivo dei monopattini o l’accesso gratuito al Centro storico solo per auto di lusso, palestre per fumatori o funivie da attivare in caso di abbondanti nevicate: tutto promettibile purché garantiscano un certo numero di voti e di preferenze. Del resto non c’è nulla di nuovo, nemmeno negli slogan e frasi ad effetto che sembrano riciclati in particolare dalla consultazione del 2008 quando al ballottaggio andarono Gianni Alemanno e Francesco Rutelli. Questi meccanismi porteranno ad una certa equivalenza nel risultato di almeno quattro candidati che saranno poi costretti, in una probabilissima seconda tornata elettorale, a concordare assessorati e incarichi vari con gli altri titolari di consenso. I problemi di Roma però sono altri, non solo quelli di piccoli agglomerati di utenti, e investono in modo trasversale tutti di gruppi di influenza.

In effetti manca un’idea concreta della macchina comunale che dovrebbe e può fare molto per i cittadini. Per un vero candidato alla prestigiosa carica di sindaco di Roma, che si ritiene quarta per importanza dopo la Presidenza della Repubblica e la Presidenza del Senato, sarebbe stato opportuno dimostrare di essere a conoscenza che si tratta di guidare prima di tutto oltre ventimila dipendenti e quasi altrettanti attivi nelle società di servizi della Capitale senza poi contare l’indotto. C’è ancora incertezza sull’entità del patrimonio immobiliare, sull’estesissimo verde presente nei confini della città, e sulle tante, troppe competenze che si sovrappongono e si ostacolano tra loro.

Eppure quando compriamo un’auto controlliamo carrozzeria e motore, consumi e costi di mantenimento, garanzia e possibilità di utilizzo. Solo dopo pensiamo a quale viaggio possiamo intraprendere e dovrebbe essere così anche nel candidarsi a guidare una struttura statale. In un periodo di esaltazione del rispetto e dell’inclusione non si deve ridurre la campagna elettorale a termini astratti rispetto alle necessità della comunità, con tutto il riguardo dovuto ai temi, come il sì o il no al vaccino, all’omofobia, all’antisemitismo, alla parità di genere. Le famiglie romane hanno diritto ad avere una struttura comunale in grado di rendere agevole la vita di tutti i giorni, senza bandiere di parte o icone da omaggiare per un consenso unico e obbligatorio.

Aggiornato il 16 settembre 2021 alle ore 10:25