Quirinale, Rotondi: “La candidatura del Cavaliere è la più forte”

mercoledì 12 gennaio 2022


Per il Quirinale, “Silvio Berlusconi ha il 90 per cento del consenso necessario”. Parola di Gianfranco Rotondi. In un’intervista all’Unione Sarda, il deputato forzista sostiene che la candidatura del Cavaliere sia “la più forte in campo. Per nessun altro candidato è schierato un blocco di parlamentari pari a 455 grandi elettori. Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e i delegati regionali. Anzi, è una candidatura fortissima”. Per Rotondi, “se il centrodestra restasse compatto, Berlusconi, che peraltro deve ancora sciogliere la riserva, avrebbe buone probabilità di conquistare i voti che mancano. Tutte le candidature dividono. Ribalto lo schema. Abbiamo avuto Scalfaro, Napolitano, Mattarella, presidenti di parte, provenienti da un preciso schieramento politico e votati da una parte del Parlamento. Un capo dello Stato può essere divisivo prima e inclusivo dopo. Sale nel Paese la consapevolezza che ci sia stato un uso anomalo della giustizia da parte di pochissimi magistrati. Berlusconi che diventa presidente del Csm, per certi aspetti, è una nemesi storica o, se preferite, una vendetta della storia”.

Intanto, Antonio Tajani incassa consensi europei sulla candidatura del Cavaliere. “Questa mattina – scrive su Twitter – durante la riunione del Gruppo Ppe ho illustrato la situazione italiana in vista dell’elezione del nuovo capo dello Stato. Ringrazio Manfred Weber e la nostra famiglia politica, per il sostegno e gli attestati di stima nei confronti di Silvio Berlusconi”.

Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera dei deputati, ai microfoni di Radio Anch’io, s’interroga sull’ipotesi del Cavaliere al Colle: “Noi – afferma –dobbiamo capire se Berlusconi sia davvero in campo e ci vogliamo giocare la partita in questo modo andando verso quella soluzione. Dobbiamo però prepararci un piano B, trovare un’altra figura di centrodestra che sia condivisibile anche dal centrosinistra, io vedo questo schema. Se Berlusconi vuol scendere in campo ci si prova con i numeri del centrodestra sapendo che è difficile avere consensi dall’altra parte. Se questa ipotesi non è più sul tavolo per mille ragioni dobbiamo essere pronti a fare un’altra proposta”.

In un’intervista al Messaggero, il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri, condivide la presa di posizione di Berlusconi. Il Cavaliere, in caso di elezione di Mario Draghi al Colle, ha chiesto elezioni anticipate. “Quando Berlusconi sostiene che se Draghi venisse eletto al Quirinale sarebbe inevitabile un ritorno alle urne non sta facendo una minaccia, ma una semplice constatazione”. Se l’attuale premier “diventasse capo dello Stato è ovvio che il governo cesserebbe perché, parlo per paradossi, non esiste ancora una norma che consenta di ricoprire entrambe le cariche”. Forza Italia è stata favorevole “al governo Draghi, anzi Berlusconi fu tra i primi a promuovere e sostenere questa soluzione perché si trattava di persona di capacità e solida esperienza che poteva consentire di presentare il Pnrr e gestire l’emergenza Covid. Nelle ultime settimane la pandemia, con i contagi dovuti a Omicron, è tornata a essere pressante. E poi penso alla stessa legge di stabilità che è stata faticosa e impegnativa, tanto che persino una persona capace e autorevole come il presidente del Consiglio ha faticato a gestirla”.

Gasparri non vede altre figure “soprattutto se si parla di tecnici, in grado di tenere assieme il quadro”. Per garantire la continuità” il Pd e il M5s accetterebbero mai un governo guidato da un esponente del centrodestra? Francamente mi pare difficile immaginarlo così come viceversa sarebbe difficile ipotizzare il nostro sostegno a un esecutivo guidato da un esponente dei democratici”. Se Draghi “è il giocatore principale lo si mette in campo dove la partita è più difficile, quindi a Palazzo Chigi”. Sul nome di Berlusconi: “Noi non vogliamo fare imposizioni ma non possiamo nemmeno accettare veti di minoranza. Peraltro Berlusconi in molte occasioni si è detto pronto a fare la sua parte per soccorrere il Paese, anche quando era all’opposizione. Se lui diventasse presidente della Repubblica, il governo potrebbe andare avanti tranquillamente senza nessun mutamento né di persone, né di programma”.

Secondo Clemente Mastella “chiunque sembra destinato a vincere di poco è da considerarsi divisivo. Allora, doveva essere divisivo anche Sergio Mattarella, che poi fu eletto a maggioranza assoluta ed è stato, forse, il più unitario di tutti. Anche Scalfaro e Napolitano sono stati eletti a maggioranza assoluta. Pochi sono stati quelli eletti a maggioranza amplissima”. Il sindaco di Benevento, in un’intervista al quotidiano online SprayNews.it, sostiene che “questa volta i franchi tiratori hanno una sorta di dualità, perché sono dentro e fuori i partiti. Possono incidere e decidere. Scansa il fuoco amico solo chi è eletto a grande maggioranza. È l’unico modo per evitare il pedaggio di una certo numero di parlamentari, che ti voteranno, comunque, contro”.

Pier Luigi Bersani è convinto che Draghi sia “sicuramente in pole position per il Quirinale, pur con tutte le subordinate del caso”. L’ex leader del Pd lo dice in un’intervista al Corriere della sera. “Se questa fosse la decisione del collettivo, della compagnia, mi adeguerei, come ho sempre fatto”, ma “il punto è un altro: vogliamo dirlo che andrebbe cercata un’alternativa?”. Bersani li ha in mente ma non fa nomi per il Colle: “Dobbiamo puntare su una persona seria, competente, che non si faccia portare a messa, come diciamo in Emilia. Uno che possa esercitare un po’ di autorità morale. Queste figure esistono”. Se non lo si trova tra i politici, “il nuovo presidente, guardiamo fuori. Auspicherei un po’ più di generosità verso un Paese disorientato”. Stavolta nel centrodestra “hanno qualche carta in più” ma per il nome di Berlusconi “vedo troppi inciampi, non mi sembra fattibile”. Pur avendo “tutta la determinazione, tuttavia sa contare. Per il centrodestra, non certo per il bene del Paese, è persino doveroso dire che si sostiene Berlusconi”. Pare che “Confalonieri abbia detto: ha fatto tanto per noi, ora noi faremo tutto per lui”.

Secondo Bersani con Draghi al Quirinale non è verosimile che la legislatura regga: “Dipenderà tutto dal voto sul capo dello Stato. Ma ci si potrebbe anche accordare per andare avanti ancora un anno, a patto di iniziare a discutere di alcune grandi questioni prima del voto”. Per Bersani “il campo progressista è un’alleanza solida tra i Cinque stelle e una sinistra plurale riaggregata”. Guardando “all’interno della società. Il nostro potenziale è maggiore di quello che esprimiamo. Mettiamo insieme un manifesto di pochi punti, che parta dal lavoro”. Un nuovo “partitone come nuovo Pd andrebbe benissimo. E se non ci si riesce serve qualcosa di nuovo, come fu con l’Ulivo. Meno di un partito, ma più di un’alleanza”.

 


di Mino Tebaldi