Democrazia, cristianismo e riformismo sociale

Se è comune segnalare il debito imprescindibile contratto dalla civiltà occidentale verso il Cristianesimo, non manca però chi sottolinea che nei conflitti in cui si affermano i diritti umani, a rigor del vero, il cristianesimo non è stato soltanto positivo fattore di sviluppo poiché, come può ricondursi all’opera storica cristiana il sostegno all’implementazione dell’apparato sui diritti, così risulta anche facile additare ad esso il carattere di elemento di retrocessione nel corso delle nuove conquiste giuridiche. Indicativa, quindi, risulta una domanda autorevolmente posta dalla dottrina costituzionalistica: cattolicesimo e democrazia sono compatibili? La domanda non vuole essere una provocazione ma costituisce un problema reale, avvertito espressamente da alcune correnti progressiste e laiciste della dottrina costituzionale. È stato osservato, comunque, che la democrazia sfida la religione perché si fonda sulla libertà di coscienza e sul principio di maggioranza; la religione, invece, sfida la democrazia perché si fonda sulla verità che non dipende né dalla coscienza né dalla volontà della maggioranza.

Sulle problematiche del nuovo percorso di secolarizzazione istituzionale da parte della società italiana, poi, una importante voce nel panorama delle discipline scientifiche, in “Perché non possiamo non ringraziare Francesco” – in cosciente sintonia terminologica ad effetto con lo scritto crociano sul “Perché non possiamo non dirci cristiani” – sostiene che a parte la fede nella trascendenza, non c’è nulla negli insegnamenti del cristianesimo che non sia già presente nella coscienza umana e nella attitudine ad amare piuttosto che odiare, riportando invero alla mente la concezione groziana della derivazione dei diritti umani dalla natura delle cose e non dall’elemento divino. Secondo le più recenti ricerche scientifiche la violenza non dipende né da istinti di natura che condividiamo con gli altri animali, né dalla conformazione del nostro cervello; né da un ipotetico vantaggio evoluzionistico a favore dei più forti, come invece sostiene il portato consequenziale di certo darwinismo sociale.

Accanto ed al di là di queste considerazioni che potremmo portare avanti all’infinito, nella finitezza della condizione umana su questa Terra in questo esistere, ciò che spicca mediaticamente, ma non solo, è il bianco candore della veste del Papa Francesco! Francesco “the First” sta tentando di lanciare tanti segnali al mondo intero: sulle necessità di uscire dalle dipendenze che attanagliano gli esseri (i quali devono riscoprire la bellezza di risvegliarsi più) umani. E ancora sulle necessità di riformare in modo più equo ed accessibile nonché condivisibile l’ingranaggio economico-produttivo nelle civiltà dei consumi. E ancora sull’urgenza di dare risposte utili e concrete alle questioni ecologiche, alle questioni della giustizia sociale. Il tutto, invero, stimolando il senso del dovere nell’ascoltare gli umili e gli ultimi della Terra. Perché magari saranno – non magicamente, bensì cristianamente e laicamente – i “primi”. E fu così che da stanchi cristiani ci svegliammo un po’ tutti crististi, persino chi si sentiva e si sente umilmente agnostico.

Aggiornato il 23 febbraio 2022 alle ore 11:08