Macron cede il passo a Draghi

L’esposizione filo Nato in Usa

Emmanuel Macron è il leader occidentale ed europeo che pare intrattenga un credibile filo diretto con Vladimir Putin. In queste ultime ore Macron ha virato con le proprie dichiarazioni dalla linea dura imposta dal ventriloquo del presidente Joe Biden (al secolo Jens Stoltenberg, di professione segretario Nato). Macron ha, in scarsi due mesi, sentito Putin più volte. E i toni del presidente della Federazione Russa sono stati pacati ma duri e sofferti. Avrebbe detto in più occasioni a Macron: “Voi occidentali avete creduto di poter usare l’Ucraina come la maison de la putain, dove si può fare di tutto su un popolo, umiliandolo e sfruttandolo”. “La maison de la putain” che in russo suona “дом шлюхи” e probabilmente si pronuncia “dom shlyukhi” (dom è casa e il resto s’immagina).

La posizione di Macron è oggi la seguente: “Non si può offendere e umiliare la Russia. Una tregua e una pace condivisa non s’ottengono umiliando una delle parti in causa”: parole che, se pronunciate dal premier ungherese Viktor Orbán, verrebbero tacciate di posizione filorussa. Ma quale motivazione potrebbe aver spinto Macron sulle posizioni d’equidistanza atlantica? C’è una considerazione pratica, ovvero che Putin starebbe restituendo alla Francia circa una decina di prigionieri con cittadinanza francese (un misto di contractor, medici, ricercatori e pseudo manager di multinazionali), e poi che il presidente della Federazione Russa avrebbe dimostrato a Macron l’uso dell’Ucraina che facevano Pentagono e multinazionali.

Una sorta di supermercato occidentale che andrebbe dall’uso industriale dell’utero in affitto, con annesse sperimentazioni genetiche, al commercio internazionale di organi garantiti dagli stessi colossi della scienza medica che hanno scartato i Paesi africani dall’elenco dei “Paesi utili al commercio di ricambi umani”, e per via dell’alta percentuale di patologie endemiche soprattutto nel centro Africa. Corre voce Macron abbia ascoltato e compreso, soprattutto quando il discorso sarebbe virato sul blocco occidentale dei beni agli oligarchi. Infatti, Vladimir Putin ha detto e dimostrato di essere il primo a fustigare l’oligarca che commette crimini (ricordate il caso dei banchieri arrestati dieci anni fa?) e quindi avrebbe ricordato a Macron che anche la Francia e gli Usa contano un nutrito numero di famiglie influenti, solo che in Occidente li appellano come filantropi.

Non ci sono conferme sul fatto che Putin potrebbe aver rammentato a Macron i nomi dei banchieri francesi che si sono spartiti i fondi sovrani di Gheddafi, e all’indomani della morte del rais libico, quando c’era certezza che nessuno avrebbe avuto l’autorevolezza internazionale di reclamare i nutriti fondi (oro, commodity petrolifere, diritti opzionali e titoli di grandi asset francesi). Ricordiamo che oggi la Russia e la Turchia contendono la Libia alla Francia. Ma torniamo al fatto che l’incontro con Biden del 10 maggio 2020 lo abbia fatto Mario Draghi e non Emmanuel Macron. Un po’ perché quest’ultimo ha ormai compreso che la Vecchia Europa non può andare in guerra, e caricarsi i costi delle sanzioni, per salvare Hunter Biden (figlio del presidente degli Stati Uniti) coinvolto dalle multinazionali Usa come tramite nella corruzione di vertici dello stato ucraino. E anche perché la Francia è sempre la nazione che vuole essere capofila nella difesa di diritti umani e libertà, e la documentazione in mano a Valdimir Putin dimostrerebbe il coinvolgimento di multinazionali e Pentagono in pratiche vietate in Occidente.

Cosa indigna Macron

È bene ricordare come lo scorso 23 aprile 2021 la stessa ambasciata degli Stati Uniti abbia riconosciuto che su suolo ucraino insistono laboratori biologici, costruiti dalle multinazionali americane, che operano sotto il controllo del Pentagono: la dichiarazione dei diplomatici Usa era arrivata dopo una lettera di alcuni parlamentari ucraini circa la minaccia per la salute della popolazione costituita dai centri di ricerca farmaceutica. Gli americani negavano la pericolosità, affermando che il lavoro scientifico sarebbe svolto a scopi esclusivamente pacifici. L’agenzia di stampa ucraina “Strana” ha raccontato questa storia. Ma vediamo cosa chiedevano i deputati della Rada (camera parlamentare ucraina). Ad aprile 2021 i parlamentari Viktor Medvedchuk e Renat Kuzmin della “Piattaforma d’opposizione per la vita” scrivevano ai quattro vertici dell’Ucraina (presidente Zelensky, il primo ministro Denys Shmyhal, il capo della Sbu Ivan Bakanov e il ministro della Salute Maksym Stepanov) perché riferissero in parlamento circa gli scopi dei laboratori delle multinazionali Usa.

Medvedchuk e Kuzmin riportavano nel loro appello quanto appreso da giornali e agenzie serbe e bulgare, e in merito agli investimenti degli Stati Uniti nei 400 laboratori batteriologici planetari, di cui ben 15 in Ucraina e di grandi dimensioni. Nei laboratori vi lavorava esclusivamente personale Usa, e venivano finanziati del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. I laboratori si trovano uno a Odessa, uno a Vinnytsia, uno a Uzhgorod, tre a Leopoli, tre a Kiev, uno a Kherson, forse due a Ternopil e uno in Crimea e a Lugansk. I deputati sostenevano che il funzionamento dei biolaboratori americani in Ucraina sarebbe iniziato durante la presidenza di Viktor Yushchenko e il premierato Yulia Tymoshenko. All’epoca venivano siglati accordi di cooperazione tra il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti e il ministero della Sanità ucraino. Obiettivo? Sviluppo delle tecnologie di proliferazione: come crescita del tessuto corporeo con sperimentazione cellulare e coltivazione di agenti patogeni con relativo utilizzo per lo sviluppo di armi biologiche.

“Il lavoro nei laboratori viene svolto nell’ambito del programma di esperimenti biologici. Il budget è di 2,1 miliardi di dollari e è finanziato dalla Defense Threat Reduction Agency americana. Anche il Centro scientifico e tecnico in Ucraina, un’organizzazione internazionale finanziata dalle autorità americane e il cui personale ha immunità diplomatica, è stato coinvolto in questa attività. Questa organizzazione è impegnata nel finanziamento di progetti per la creazione di armi di distruzione di massa”, hanno scritto Medvedchuk e Kuzmin.

I deputati hanno anche dimostrato che, dopo il lancio dei biolaboratori in Ucraina, ci sono stati vari focolai di malattie infettive. “A Ternopil nel 2009 si diffuse un virus che causava polmonite emorragica – scrivono Medvedchuk e Kuzmin –. Le vittime, tutte ucraine, furono 450. Nel 2011 si verificò un focolaio di colera in Ucraina, sono morte 33 persone. Tre anni dopo, a 800 cittadini venne diagnosticato il colera, un anno dopo vennero registrati più di 100 casi di colera a Nikolaev”.

Dissenso nella Rada

I deputati Medvedchuk e Kuzmin scrivono che “nel gennaio 2016, 20 soldati sono morti a Kharkov, a causa di un virus simile all’influenza, e oltre 200 sono stati ricoverati in ospedale. Due mesi dopo, sono stati registrati 364 morti in Ucraina per un’influenza suina dello stesso ceppo della pandemia globale del 2009”. Quindi raccontano che nel 2017 a Nikolaev si è verificato un focolaio di epatite A. “E nell’estate dello stesso anno ci sono stati focolai simili di infezione a Zaporozhye e Odessa e, in autunno, a Kharkov”.

“Nel 2010-2012, cioè, già sotto Viktor Yanukovych, il governo ucraino ha avviato controlli per verificare se i laboratori rispettassero tutte le misure di sicurezza – riportano gli atti parlamentari a firma Medvedchuk e Kuzmin –. Di conseguenza, sono state identificate numerose grossolane mancanze che potrebbero portare alla fuoriuscita di ceppi di infezioni pericolose. È stato persino registrato il fatto che la ventilazione per estrazione si trova di fronte ai locali di un asilo”.

Quindi i deputati scrivono che nel 2013 il presidente Viktor Yanukovych ha interrotto la cooperazione con gli Stati Uniti. Ma nel 2014 saliva al potere Petro Poroshenko che subito la riprendeva: non dimentichiamo che circolava voce che le multinazionali Usa avrebbero corrotto elementi del governo ucraino dell’epoca. “È probabile che Yanukovych abbia perso il potere con la partecipazione attiva del governo degli Stati Uniti proprio a causa del suo rifiuto di collaborare con il Pentagono”, suggeriscono i deputati di “Piattaforma d’opposizione – per la vita”.

“È possibile che le attività segrete e opache di pericolosi soggetti estranei sul territorio ucraino abbiano il compito di testare le azioni di virus e batteri sui corpi degli ucraini”, si domandano i deputati. Kuzmin porta avanti da anni la lotta contro i laboratori delle multinazionali Usa in Ucraina. “È noto che la Convenzione di Ginevra del 1972 proibisce la produzione di armi batteriologiche, e per questo motivo l’esercito americano non le produce negli Stati Uniti – spiegava Renat Kuzmin su Facebook nel 2018 –. Perché farlo, visto che ci sono così tanti eccellenti siti di test nel mondo come in Ucraina o in Georgia, dove è possibile produrre e testare virus mortali sulla popolazione locale?

Basta creare un laboratorio militare, dargli un nome innocuo, come Stazione epidemiologica sanitaria e assegnargli un supervisore”. Kuzmin ha raccolto le prove circa le sperimentazioni delle multinazionali Usa condotte in molti Paesi dell’ex Unione Sovietica. Anche le rivelazioni dell’ex ministro della Sicurezza della Georgia Igor Giorgadze vanno in questa direzione. Nel 2018, un anno prima della pandemia da Covid, Giorgadze dichiarava “l’American Lugar Center, che si trova a Tbilisi, ha testato sui cittadini georgiani il farmaco sofosbuvir, prodotto dalla società americana Gilead Sciences: la conseguenza? Sono stati uccisi 73 volontari”. E non c’è stato alcun risarcimento alle famiglie, perché le cavie umane avevano firmato e accettato il protocollo di cessione corporea.

Il 22 aprile 2021 l’ambasciata degli Stati Uniti in Ucraina accusava genericamente il deputato Kuzmin di “disinformazione russa”, senza però rispondere sull’operato dei laboratori. Poi l’Ambasciata Usa confermava che i programmi biologici in Ucraina, sostenendo che “sono supervisionati dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti”, lasciando intendere che questo significherebbe tranquillità per la popolazione ucraina. Di fatto, Pentagono e multinazionali Usa impongono la loro politica al governo di Kiev: il loro obiettivo sarebbe garantire lo stoccaggio sicuro di agenti patogeni e tossine, “in modo che possano essere condotte ricerche pacifiche e sviluppo di vaccini” aggiunge la diplomazia Usa in Ucraina.

“Stiamo anche lavorando con i nostri partner ucraini per sviluppare la capacità dell’Ucraina di rilevare focolai causati da agenti patogeni pericolosi prima che rappresentino una minaccia per la sicurezza o la stabilità”, scrive l’ambasciata americana in Ucraina. I diplomatici Usa sostengono che la sicurezza lavorerebbe perché gli agenti pericolosi “non cadano nelle mani sbagliate”, quindi elencano le agenzie ucraine specifiche con cui interagiscono: ministero della Sanità dell’Ucraina, Servizio statale per la Sicurezza alimentare e la Protezione dei consumatori dell’Ucraina, Accademia nazionale di Scienze agrarie e ministero della Difesa dell’Ucraina. Quindi il Dipartimento di Stato Usa scrive al partito d’opposizione ucraino che “tale cooperazione americano-ucraina è necessaria per la pace e la prosperità globali, riducendo i rischi associati alle armi chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari”.

Ma per Renat Kuzmin è solo propaganda Usa, a conti fatti ci sono poche informazioni sui laboratori biologici americani in Ucraina. Così Kuzmin ricorda come i giornalisti serbi e bulgari abbiano pubblicato documenti che dimostrano come il Pentagono abbia finanziato i laboratori di Kharkov e Dnepropetrovsk (ex Servizio sanitario ed epidemiologico), al primo inviando 1,5 milioni di dollari e al secondo due milioni dal 2010 al 2012. Qui scatta in non tracciabile, ovvero decine di milioni di dollari che Hunter Biden (a contratto con Defense Threat Reduction Agency) avrebbe trasportato illegalmente in Ucraina, e prove di questi trasbordi dovrebbero essere presentate dall’accusa nel processo che si aprirà negli Usa l’8 novembre 2020. Così Emmanuel Macron ha optato per una sorta di terzietà, lasciando il vessillo europeo filo Nato nelle generose mani di Mario Draghi.

Aggiornato il 10 maggio 2022 alle ore 13:57