Regione Lazio: al voto con i conti in rosso

giovedì 26 gennaio 2023


In questa campagna elettorale la sinistra continua il mantra della propaganda del risanamento dei conti della Regione, ma le cose non stanno affatto così. Perché la Regione ha aumentato le addizionali regionali Irpef, al livello massimo consentito dalla legislazione nazionale, a partire dal primo gennaio 2023? È questa la domanda alla quale dovrebbe rispondere il Partito Democratico. La realtà è che per aumentare ancora di più le tasse, a pochi mesi dalle elezioni regionali, significa solo che i conti sono in rosso. E questo aumento della tassazione locale arriva mentre i cittadini sono assediati dall’aumento delle bollette del gas e della luce, per non parlare della crescita dei tassi di interesse sui mutui.

La Regione, nel rimodulare gli scaglioni di reddito che il Governo Draghi ha ridotto da cinque a quattro, ha modificato le addizionali regionali Irpef. Ha mantenuto l’aliquota dell’1,73 per cento, (1,23 per cento – aliquota base – più 0,50, aliquota sanità), per il primo scaglione di reddito sino a 15mila euro e per tutti gli altri – 15-28 mila, 28-50 mila, oltre 50mila – ha applicato la maggiorazione dell’1,60 per cento, arrivando così al 3,33 per cento, che è il massimo consentito dalla normativa nazionale. Solo per l’anno di imposta 2022, la Regione applica l’aliquota base dell’1,73 per cento ai redditi sino a 15mila euro o a quelli sino a 50mila, ma con tre figli a carico o uno o più figli con handicap. Inoltre, la Regione ha mantenuto la tassa sulla salute, che con la fine del commissariamento potrebbe essere cancellata o abbassata ai minimi, che pagano tutti, anche i cittadini con redditi bassi. Infatti, cuba circa 800 milioni di euro che vengono utilizzati in parte per il trasporto pubblico e per altro, tranne che per la sanità. Teniamo presente che quando Nicola Zingaretti si è insediato nel 2013, la Regione aveva l’aliquota unica pari all’1,73 per cento.

L’aumento quindi è consistente. Prendiamo una famiglia con due figli e un reddito lordo medio di 40mila euro. Prima dell’arrivo della giunta Zingaretti, nel 2013 pagava una cifra complessiva pari a 692 euro l’anno. Subito dopo, nel periodo 2013-2021, è passata a pagare 971 euro (+279 euro l’anno) e da questo anno pagherà 1.092 euro (+400 euro l’anno rispetto al 2013). Se facciamo un raffronto con le altre Regioni, vediamo che una famiglia residente nel Lazio, sempre con reddito lordo pari a 40mila euro, a causa delle scelte scellerate della giunta pagherà più delle famiglie residenti altrove: +478 euro rispetto a identica famiglia residente in Lombardia, +64 euro rispetto alla Campania, +242,10 euro rispetto al Piemonte, +483,60 euro rispetto alla Puglia, +600 euro rispetto a Sardegna, Sicilia e Veneto, +398 euro rispetto all’Emilia-Romagna, +491,50 euro rispetto alla Toscana e +400 euro rispetto alla Calabria.

Non solo, ma il prossimo presidente della Regione avrà molti problemi nel chiudere il bilancio di previsione del 2023, perché subito dopo il suo insediamento gli verrà recapitata l’ingiunzione di pagamento della rata di ammortamento di circa 250 milioni del prestito dallo Stato. Infatti, l’ex assessore Alessandra Sartore fu abile nel far inserire nel decreto sul terremoto di Amatrice una norma che rinviava al 2023, dopo le elezioni, il pagamento delle rate di ammortamento di oltre il 90 per cento dell’intero prestito di 10 miliardi preso dallo Stato.

Le cattive notizie non sono finite, perché anche la spesa sanitaria è di nuovo in rosso. È quanto emerge da un’attenta lettura di un recente rapporto del ministero dell’Economia e delle finanze- dipartimento della Ragioneria generale dello Stato sul “monitoraggio della spesa sanitaria dal 2012 al 2022”. Dopo alcuni anni di bilancio della sanità in attivo – nel 2018 +6,6 milioni, nel 2019 +108,4 milioni, nel 2020 +84,4 milioni, arriva il segno meno del 2021 con un disavanzo di 90,7 milioni di euro.

Il segno rosso del bilancio 2021 rappresenta un grave campanello di allarme. Nel Lazio la spesa sanitaria passa da 10,8 miliardi del 2012 a 11,8 del 2021. Con un aumento consistente in questi ultimi anni. Infatti, nel periodo 2012-2019 si è mantenuta costante intorno a 10,8 miliardi, nel 2020 l’impennata a 11,4 per arrivare a 11,8 nel 2021. Certamente, la pandemia ha influito parecchio sui conti ma nel Lazio, a mio modesto parere, ha influito anche lo sblocco del turnover e le nuove assunzioni che hanno cominciato a far lievitare la spesa. Per carità, ritengo giusto lo sblocco del turnover, il problema è che in questi anni il blocco, che ha causato una diminuzione di oltre 10mila operatori sanitari nel Lazio, è stato l’unico strumento di contenimento della spesa.

Se si leggono i numeri, si vede che l’azzeramento del disavanzo è stato dovuto quasi interamente all’aumento del fondo sanitario negli anni 2012-2018. Fondo che è passato da 10,3 miliardi del 2012 a 11,6 miliardi del 2021. Tanto per essere chiaro, quando la nuova giunta Zingaretti si è insediata nel 2013, il disavanzo era pari a -670 milioni e la quota di fondo sanitario per la Regione Lazio era pari a 10,04 miliardi, nel 2017 tocca quota 10,682 miliardi di euro. Quasi 700 milioni in più dal Fondo sanitario, senza contare il riconoscimento dell’adeguamento Istat della popolazione, che ha comportato una somma aggiuntiva al fondo di 376,6 milioni di euro.

Infine, nell’ultima relazione della Corte dei conti, che ha parificato il bilancio 2021 per il rotto della cuffia e con molte osservazioni, è scritto nero su bianco che la mobilità sanitaria regionale per il 2021 ha un delta negativo pari a oltre 220 milioni di euro, con quella attiva pari a 303.368.578 di euro rispetto alla mobilità passiva di 523.514.633 euro. Sempre la Corte dei conti, nel recente referto al Parlamento sulla gestione finanziaria dei sevizi sanitari regionali, nel quale i magistrati contabili hanno analizzato i dati della mobilità sanitaria interregionale degli anni 2012-2021, hanno quantificato in oltre 2 miliardi il rimborso che la Regione Lazio ha dovuto presentare alle altre Regioni per prestazioni fuori confine regionale.

Non vorrei essere nei panni del prossimo presidente della Regione.


di Donato Robilotta