Guerra ineluttabile?

A sentire il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto, il quale ha asserito che con i carri armati russi a Kiev scoppierà la Terza guerra mondiale, e che l’unica maniera per fermare la guerra è continuare a fornire armi all’Ucraina, sembra che qualunque altra iniziativa sia ritenuta inutile. Sono caduti, almeno fino ad ora, nel vuoto i ripetuti appelli di Papa Francesco ed altri leader religiosi per trovare una via diplomatica alla pace; non sono servite le iniziative pubbliche, poche a dire la verità, in favore di una conclusione negoziale del conflitto; sono state ignorate le analisi di alcuni esperti di studi strategici come Lucio Caracciolo che prevedono una eventuale catastrofe globale come possibile e per concludere sono stati messi all’indice come amici di Vladimir Putin tutti coloro che esprimono posizioni antibelliciste. Ora bisognerebbe chiedersi: tutto ciò forse significa che ormai siamo arrivati alla conclusione che l’irriducibilità dei contendenti ci porterà dritti dritti verso lo scontro totale? E se a questo aggiungiamo le affermazioni di alcuni esponenti dei governi occidentali sul sostegno ai resistenti, come quella del presidente francese Emmanuel Macron sulla possibile fornitura di caccia all’Ucraina e quella del presidente americano Joe Biden di missili a lunga gittata capaci anche di colpire il cuore della Russia forse addirittura Mosca, la Terza guerra mondiale è servita.

Intanto queste dichiarazioni hanno fatto solo aumentare il martellamento delle città e delle infrastrutture vitali di quella martoriata nazione, con un carico di vittime civili e militari in aumento. Comunque andrà a finire, questo conflitto lascerà un’eredità alle future generazioni fatta di sangue ed odio perpetuamente inobliabile. Purtroppo anche l’Italia, nonostante il ministro degli Esteri Antonio Tajani si sia affrettato a dire che “formalmente” non siamo in guerra con la Russia, è parte attiva nella vicenda, proprio per la fornitura di armamenti a Volodymyr Zelensky sempre più sofisticati e al contempo segretati. Chi poi seguirà il Festival della canzone di Sanremo con l’intento di passare una serata in leggerezza e allegria, sarà costretto a vedere e sentire in diretta le ragioni del presidente ucraino, in ossequio alla logica della guerra, anche mediatica, a cui stiamo dando il nostro fattivo e “canoro” apporto. A seguito delle ovvie polemiche che da questa scelta sono scaturite c’è chi persino si è affrettato a sostenere che la partecipazione del presidente “soldato” sarebbe come dire ai russi: “Noi non molliamo la presa”. Quindi il suo messaggio non sarebbe indirizzato agli italiani, che peraltro pagano il servizio pubblico anche per divertirsi e distrarsi dal caro vita, dai problemi della quotidiana lotta per la sopravvivenza e dall’angoscia della guerra.

Certo chi ha ideato l’apparizione di Zelensky avrà forse pensato (anche in buona fede) di fare un omaggio alla tragedia dell’Ucraina, ma in questo caso, proprio per l’occasione frivola che è il festival, non sarebbe opportuno permetterne una simile spettacolarizzazione, che comunque risulta inefficace in ogni caso e forse anche dannosa per la stessa immagine del presidente ucraino e della sua battaglia. È naturale chiedersi ma ci si immagina veramente che i generali dell’armata russa alla vista del loro nemico in diretta Rai ad un concorso canoro nazionalpopolare, comincino a tremare e a pensare alla ritirata dalle sponde del Dnipro? E magari che il temibile e terribile presidente ceceno Ramzan Kadyrov, accusato dai media occidentale di svariati atti di crudeltà, inizi a frignare tra una canzone e l’altra? O che i sofisticati missili ipersonici Kinzal non saranno più direzionati su ospedali e caserme per la paura degli effetti sanremesi? Beh se questo è l’obiettivo, allora ci si sbaglia di grosso e l’unico risultato sarà una crescente insofferenza verso il dramma del martoriato popolo di Kiev (di cui siamo ampiamente inondati di notizie da 11 mesi) e contemporaneamente verso l’acriticismo atlantico del sistema italiano fatto di politica, imprenditoria e informazione, uniti in nome del pericoloso motto “se si ferma la Russia finisce la guerra, se si ferma l’Ucraina finisce l’Ucraina”.

E se né l’uno né l’altro si arresteranno, cosa accadrà? Finirà la nostra civiltà. Come scriveva George Orwell in 1984, “nessuno ricordava come fosse iniziata la guerra si sapeva solo che Eurasia e Oceania erano nemiche: tutte e due sottoposte a regimi totalitari in cui l’umanità si era auto-costretta a vivere per motivi di sicurezza”. A ragione, John Boorman nel suo capolavoro cinematografico, Excalibur, fa dire al Mago Merlino: “La maledizione degli uomini è che essi dimenticano”. Soprattutto, aggiungerei, la propria disumanità rendendosi capaci di crimini orrendi come la Shoah del popolo ebraico. E d’altronde, Herbert Spencer ci ha spiegato che “in una società organizzata per l’azione militare bisogna che l’individualità di ogni membro sia subordinata nella sua vita, libertà e proprietà, e che sia in tutto e per tutto, cosa dello Stato”. Uno scenario tanto terribile quanto concretizzabile. Ma la guerra è ineluttabile? Intanto, non ci resta che sperare che ci sia spazio per il buon senso, la mediazione e la diplomazia e per chi ci crede per la Divina Provvidenza, ma se così non fosse allora prepariamoci tutti a vestire grigioverde per un lungo periodo.

Aggiornato il 02 febbraio 2023 alle ore 11:33