Il ruolo delle comunità religiose nel superamento dei conflitti

Come possono, le comunità religiose ed etniche – ma più in generale, le minoranze “Elr”, etnico-linguistico-religiose – dare un contributo originale per avviare il graduale superamento delle crisi, non solo belliche, che continuano a tormentare l’Europa, un Medioriente ancora ben lontano dalla risoluzione dei suoi conflitti, e varie altre aree del mondo? Se ne è parlato al Senato, in un convegno organizzato su iniziativa del senatore di Fratelli d’Italia Marco Scurria, segretario della Commissione politiche della Ue e membro della Delegazione italiana del Consiglio d’Europa, in collaborazione con la Media International Communication Club (Micc) e con il periodico Kalima. Al convegno – moderato dai giornalisti Enrico Singer, Emanuela Rampelli e Rossella Fabiani – hanno partecipato personalità delle varie comunità etniche e religiose, politici, giuristi e operatori dell’informazione. Intervenuti, però – come precisato, in apertura, dall’editore italo-libanese Nizar Ramadan – non come esponenti delle varie comunità e realtà culturali, ma appunto come studiosi impegnati quotidianamente, ognuno nel suo contesto, nel dialogo tra religioni e tra culture. “Non si deve mai rinunciare a perseguire la pace”, ha aggiunto Ramadan, “e la parola d’ordine per questo è: dialogare, dialogare, dialogare”. Direttive, osserviamo, in linea, del resto, con quelle più volte seguite da politici lungimiranti del Novecento, dal socialista Pietro Nenni (“Negoziare, negoziare sempre”, era un leitmotiv dell’uomo che, nel centrosinistra storico anni Sessanta, fu più volte ministro degli Esteri con Aldo Moro e Mariano Rumor) al presidente Usa John Kennedy (di cui è ricorso, il 22 novembre, il 60° anniversario della morte).

Il senatore Marco Scurria ha presentato l’iniziativa, sottolineando – in antitesi con la sbrigativa lettura, post 11 settembre, del futuro del mondo come “Scontro di civiltà”, poi parzialmente corretta, pochi anni prima di morire, dal suo stesso autore, il politologo Usa Samuel Phillips Huntington – l’importanza del confronto tra persone con radici culturali e credenze diverse che si ritrovano tutte nel Mediterraneo. Luigi De Salvia, medico, presidente dell’associazione Religions for Peace, ha ripreso le parole del 1996 del teologo cattolico controcorrente Hans Küng (“Non ci sarà pace tra i popoli di questo mondo senza pace tra le religioni del mondo”). Aggiungendo, però, che la pace tra le religioni non può a sua volta esserci senza un’approfondita conoscenza reciproca tra le religioni stesse: da qui, l’importanza essenziale dell’incontro e della comunicazione. Significativi anche gli interventi delle personalità musulmane. “Dio ci ha creato – ha sottolineato Abdul Aziz Sarhan, direttore della Lega musulmana mondiale per l’Italia – perché, da un lato, abitassimo questa Terra e ce ne prendessimo cura, per consegnarla poi alle nuove generazioni; dall’altro, cercassimo di conoscerci sempre meglio tra popoli e confessioni religiose, abbandonando gradualmente incomprensioni e guerre”. Sulla stessa lunghezza d’onda, Nader Akkad, già imam di Trieste, ha richiamato le parole di Papa Francesco contro le guerre e l’indifferenza, citando anche il Corano e l’importanza di salvare vite. “Le comunità religiose – ha sottolineato – devono dare un modello di fraternità. Quando accadono eventi tragici non dobbiamo cadere nella trappola di dimenticare il dialogo, ma stare uniti insieme a ribadire i valori della pace e della fraternità. La pace è un obiettivo da raggiungere, anche perché fa la storia”.

“Ma come possiamo realizzare il dialogo interreligioso in modo nuovo, con una prospettiva nuova?”, si è chiesto Rav Joseph Levi, rabbino capo emerito della Comunità di Firenze e della Toscana centro-orientale (Siena, Arezzo, Prato, Pistoia). Citando, come esempio, le iniziative di solidarietà e reciproca conoscenza in atto da tempo a Firenze – la città, del resto, che fu centro d’azione di Girolamo Savonarola, Giorgio La Pira, Don Lorenzo Milani – tra musulmani e cristiani, specie in strutture d’accoglienza come ospedali e scuole (pasti con cibi etnici, distribuzione ai cittadini di calendari con le feste islamiche).

Simonetta Matone, deputata della Lega, magistrato emerito, ha richiamato l’attenzione del pubblico sui rischi insiti in un approccio superficiale all’integrazione degli immigrati, alla Politically correct (pensando, ad esempio, che si debba autorizzare sempre la costruzione di nuove moschee senza minimamente pretendere l’applicazione di un criterio di reciprocità per le minoranze cristiane nei Paesi di religione musulmana). Antonio Sabbatella, direttore dell’Istituto di Studi europei “Alcide De Gasperi”, ha ricordato l’impegno delle commissioni specifiche del Parlamento europeo e del Consiglio d’Europa nella tutela dei diritti di tutte le confessioni religiose (esattamente 5, al giorno d’oggi) presenti in Europa. Chi scrive è intervenuto in rappresentanza del professor Marino Micich, direttore dell’Archivio-Museo storico di Fiume a Roma, struttura che da decenni diffonde la memoria delle tragedie (dal 1943-1945 sino a metà anni Cinquanta) delle Foibe e dell’Esodo delle popolazioni istriane, giuliane e dalmate. “Le diverse comunità etniche e religiose che vivono in Italia e negli altri Paesi europei – hanno concluso il professor Loris Facchinetti, il senatore Scurria e l’editore Nizar Ramadan  devono essere attori-chiave per costruire una nuova e più forte coesione sociale: che superi incomprensioni pericolose nello spirito del rispetto reciproco, del dialogo e della costruzione di un comune futuro”.

Aggiornato il 04 dicembre 2023 alle ore 12:24