La riforma della professione legale come perno della Riforma della Giustizia

Il 15 e il 16 dicembre del corrente anno si svolgerà a Roma la più significativa ed illustre assise dell’avvocatura italiana. In un frangente storico così rilevante, dove la Riforma della giustizia è tornata ad essere uno dei principali obiettivi dell’agenda politica, il suddetto evento diventa ancor più fondamentale.

Il I comma dell’articolo 4 della Costituzione italiana afferma che: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”. Pertanto, il diritto al lavoro è innanzitutto un diritto di libertà, tramite il quale si declina la propria libertà economica e di conseguenza ogni libertà individuale. Quindi, il legislatore dovrebbe partire proprio da questo basilare principio per evitare di scadere in illegittime, ossia incostituzionali, riforme, in quanto limitanti e ostative per ciò che concerne il libero esercizio dell’attività professionale forense.

Il diritto all’esercizio di una libera professione è talmente fondamentale che trova la sua fonte di garanzia anche nella legislazione sovranazionale e nello specifico all’articolo 15 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, laddove essa estende il diritto in oggetto ad ogni cittadino dell’Unione europea.

Nella imminente assise dell’avvocatura, non potranno non essere affrontate tematiche che tengano in considerazione i cambiamenti globali e perciò rivedere quelle forme e quelle modalità con cui viene declinato l’esercizio della professione legale, ovvero rivedere tutta quella normativa e anche deontologica che limita in modo alquanto anacronistico l’avvocato nell’esercizio della sua attività, a causa di un annoso equivoco normativo.

Invero, egli per quanto sia considerato deontologicamente una professionista intellettuale, de facto è considerato un ibrido tra un imprenditore e un intellettuale, avendo però solo gli svantaggi fiscali del primo e le rigide e penalizzanti limitazioni del secondo.

La tutela ulteriore dell’equo compenso, le norme inerenti alla incompatibilità, la questione dell’ampliamento delle competenze, nonché il riconoscimento dei poteri certificatori, oltre al problema della riserva legale stragiudiziale, sono argomenti improcrastinabili, che a loro volta inducono ad una radicale revisione del codice deontologico e di conseguenza del sistema ordinamentale.

Dall’attenta analisi delle nuove forme di organizzazione con cui si declina l’esercizio della professione legale emerge un nuovo fenomeno, la mono committenza, che come ogni forma di organizzazione del lavoro può rappresentare un’opportunità se ben retribuita e garante dei principi costituzionali della tutela del lavoratore o un sopruso e allo stesso tempo una mortificazione della libera professione legale, qualora si declini in orari massacranti e con una sproporzionata remunerazione in rapporto al servizio intellettuale offerto.

Il rischio maggiore per gli avvocati che lavorano per un mono committente è che ciò non derivi da una facoltà di scelta professionale, ma da una esigenza di sopravvivenza, che mette il mono committente in una posizione di supremazia e di quasi totale indifferenza riguardo a tutte quelle tutele costituzionale che sono garantite nel lavoro subordinato dipendente e non al libero professionista

Le nuove sfide sono molteplici e solo con un’unità di intenti e di obiettivi di tutta l’avvocatura si potranno superare e fronteggiare. Per questo motivo, ci si augura che dal consesso dell’avvocatura il Consiglio nazionale forense, i principali Consigli degli Ordini Avvocati italiani e le maggiori associazioni rappresentative e sindacali forensi possano sintetizzare tutti i principi finora esposti in un fronte comune, nonostante tutte le diverse anime di cui l’avvocatura è composta.

Al postutto, solamente con un’unica voce si potrà essere credibili, formulando delle chiare e coincise proposte concrete di riforma da proporre al Parlamento e al governo. Il mondo forense, contraddistinto molto spesso da sterili individualismi e interessi di parte, se non strettamente personali, deve dimostrare quella maturità realistica che gli permetta di comprendere l’importanza del momento storico che si sta vivendo riguardo ai tentativi di riforma della giustizia italiana.

Questo è metaforicamente un treno che non possiamo perdere, sia per la salvaguardia della dignità della professione di avvocato e sia per il rispetto di quel principio costituzionale che tramite il ruolo dell’avvocato è garantito al cittadino, ovvero il diritto alla difesa.

Advocatus diaboli

Aggiornato il 11 dicembre 2023 alle ore 12:08