Se bocci mio figlio ti meno

giovedì 14 giugno 2018


Un altro docente è stato aggredito dai genitori di un alunno. Ancora una volta, la ragione dell’aggressione è da ricercare nella non accettazione della bocciatura del figlio. L’ultimo caso di cronaca viene da Roma, dall’Istituto tecnico industriale “Itis Di Vittorio Lattanzio” sulla Prenestina, dove ieri pomeriggio un professore di 24 anni al suo primo anno di ruolo, nel tentativo di difendere il dirigente scolastico dall’aggressione del padre del ragazzo bocciato, è stato preso a calci e pugni e, una volta a terra, ha subito un tentativo di strangolamento. Delle 35 aggressioni ufficiali subite dai professori nel corso dell’ultimo anno scolastico, ben 17 sono state causate dai genitori degli studenti.

Guardando ai fatti, cambiano le città e i protagonisti, ma le dinamiche rimangono praticamente le stesse: da Treviso, passando per Ancona fino a Roma. Come siamo arrivati a questa situazione? Come possiamo affrontare il problema del bullismo tra i giovani se non affrontiamo la piaga della nostra società che è la non educazione e la mancanza di rispetto tra gli adulti? Come possiamo insegnare ai giovani che nella vita è impossibile non fallire mai, ma l’importante è andare avanti e rialzarsi nei momenti di difficoltà se siamo incapaci noi stessi di farlo? Ma soprattutto come ci vedono i ragazzi quando, invece di rimproverarli nel momento in cui se lo meriterebbero, siamo disposti ad andare contro le persone che dovremmo supportare in quanto “primi alleati nell’educazione dei nostri figli”?

Lungi dal negare le ovvie carenze del sistema scolastico in generale, non si può comunque rinnegare l’esistenza di professionisti che hanno scelto di dedicare la propria vita all’educazione dei giovani. Ma queste persone, i professori e gli insegnanti degni di tale nome, che tutele hanno oggi? Come possono insegnare qualcosa se non hanno la possibilità di far notare eventuali lacune? Come possono davvero svolgere il loro lavoro supportando le famiglie nell’educazione dei giovani se sono le famiglie stesse che boicottano (più o meno consapevolmente) il concetto stesso di istruzione?

Forse sarebbe bene ricordarsi di cosa voglia dire veramente istruzione: nulla a che vedere con la noiosa erudizione fine a se stessa. Basterebbe un veloce sguardo alle prime righe della definizione data sull’enciclopedia Treccani: “Nell’ordinamento italiano l’istruzione è considerata un servizio ‘d’interesse sociale’ e nell’ordinamento comunitario è inclusa tra i servizi d’interesse generale”.

Andando avanti si legge “...Con la legge 53/2003 il governo, infatti, è stato delegato ad adottare uno o più decreti legislativi per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di istruzione e formazione professionale. Tra i principi e i criteri direttivi della delega (articolo 2), viene promosso l’apprendimento in tutto l’arco della vita e sono assicurate a tutti pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali e di sviluppare le capacità e le competenze coerenti con le attitudini e le scelte personali; sono promossi il conseguimento di una formazione spirituale e morale, anche ispirata ai principi della Costituzione, lo sviluppo della coscienza storica e del senso di appartenenza alla comunità locale, alla comunità nazionale e alla civiltà europea...”.

Forse basterebbe iniziare a ricordarsi che l’educazione e l’istruzione sono la base della convivenza civile e lo sviluppo libero dell’essere umano.


di Claudia Diaconale