Sviluppare la ricerca scientifica sulla salute dei nostri mari

L’impatto dell’uomo sulla natura rappresenta un elemento di forte pressione sugli equilibri naturali e diminuire questa pressione permette alla natura di recuperare. Mari e fiumi italiani con acque limpide sono la dimostrazione che si può imparare da questa emergenza. Inquinare il patrimonio liquido vuol dire far ammalare gli ambienti circostanti, modificare la geopolitica, l’economia dei territori e delle popolazioni e danneggiare uno dei polmoni del Pianeta.

Nelle ultime settimane sono innumerevoli le foto provenienti dal mare e dagli oceani che dimostrano un riemergere della fauna e della flora marina con il ritirarsi delle attività umane. Cosa sta succedendo sott’acqua, in occasione di questo particolare momento, in cui quasi tutte le attività lavorative umane sono praticamente ferme?

A questa domanda l’associazione Marevivo vuole dare una risposta con un’attività di osservazione subacquea per documentare lo stato dei fondali e ha chiesto al ministro dell’Ambiente e del Mare, Sergio Costa, di supportare l’iniziativa e al Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, al Comandante generale del Corpo delle Capitanerie di Porto, al Comandante generale della Guardia di finanza, al capo della Polizia direttore generale della Pubblica sicurezza, al comandante generale dell’Arma dei carabinieri, al ministero dell’Interno Dip. VV.F.-S.P.D.C. di consentire ai propri Nuclei Sommozzatori di effettuare immersioni esplorative.

Secondo l’associazione, le attività potrebbero iniziare quanto prima con immersioni pilota nel golfo di Napoli dove Ferdinando Boero, professore ordinario di Zoologia dell’Università Federico II di Napoli e il dottor Vincenzo Saggiomo, biologo marino, già direttore della Stazione Zoologica A. Dohrn, rispettivamente presidente e direttore della Fondazione A. Dohrn che gestisce l’Osservatorio del Golfo di Napoli, sono a disposizione per coordinare la parte scientifica.

I volontari sub della delegazione Subacquea di Marevivo, in questo particolare momento, non possono immergersi per cui ci auguriamo che la nostra richiesta alle istituzioni venga accolta al più presto”, ha dichiarato Rosalba Giugni, presidente Marevivo. “Immagini da satellite - spiega - confermano la riduzione di inquinanti atmosferici, e sulla superficie del mare stiamo osservando che la natura si sta riappropriando di spazi, ma è importante conoscere ciò che avviene sott’acqua in una situazione mai verificatasi prima e per questo contiamo su una risposta positiva al nostro appello”.

La diminuzione antropica nel mare (poche navi, traghetti e natanti) e la riduzione della pesca autorizzata, causa crollo del mercato di vendita, e di quella di frodo, probabilmente hanno già modificato qualcosa sott’acqua. Se questa ipotesi è confermata, il 2020 potrebbe essere considerato l’anno zero a cui fare riferimento, per determinare le attività critiche.

L’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di acque di balneazione, circa un quarto del totale di quelle europee (22.131): 5.539 totali, di cui 4.871 marine e 668 interne. Seguono la Francia con 3.351, la Germania con 2.289 (acque interne), la Spagna con 2.228 e la Grecia con 1.598.

Nel 2018, nonostante le molte criticità, dal Report Italian bathing water quality in 2018 si riscontrava un’ottima qualità delle acque in Italia. Tuttavia, sono numerose le problematiche legate al cambiamento climatico. Il mutamento o le anomalie meteoclimatiche, che in questi ultimi anni hanno caratterizzato sensibilmente il bacino mediterraneo, risultano avere rapidi effetti sulle comunità animali e vegetali. Negli ultimi trent’anni si sono moltiplicate le segnalazioni di comparsa e sviluppo di specie estranee a determinate regioni biogeografiche, da imputarsi sia direttamente che indirettamente ad attività antropiche.

Attualmente si contano circa 50 specie alloctone che si sono ambientate e riprodotte talmente bene da trovarsi comunemente in commercio come alcuni tipi di ricciola, di scorfano o di vongole provenienti da paesi esotici. I motivi sono molteplici: l’apertura di canali attraverso barriere naturali che dividono regioni marine biogeografiche molto diverse, come ad esempio l’apertura del canale di Suez; il trasporto di organismi aderenti alle carene delle navi; la creazione di “enclave” artificiali con caratteristiche fisiche estranee all’ambiente originale, come è il caso degli effluenti termici delle centrali. L’emergenza coronavirus ha posto al centro dell’attenzione mediatica e scientifica nuove visioni del patrimonio blu e i ricercatori vogliono monitorare cosa è accaduto in poche settimane di stop alle attività umane, analizzando cosa sta avvenendo sui fondali marini.

Per la penisola italiana, il mare rappresenta un importante volano economico, turistico e commerciale e ora potrebbe divenire un importante hub di ricerca scientifica e ambientale.

Aggiornato il 15 aprile 2020 alle ore 12:40