Vaccini: lo Stato sociale perde contro quello liberale

In questa epoca terribile, contrassegnata dalla pandemia, almeno in Italia abbiamo ascoltato tutto e il contrario di tutto, da parte di tutti o quasi. Sono scese le maschere di personaggi ritenuti autorevoli, ai quali, all’inizio dell’esplosione del Covid-19, ci siamo aggrappati per avere dei riferimenti attendibili e non brancolare nel buio. Parliamo dei virologi divenuti star dei talk-show televisivi, che si sono contraddetti tante volte e spesso hanno tirato ad indovinare, pur non abbandonando mai una certa sicumera.

Abbiamo pure scoperto che alcuni degli esperti, o sedicenti tali, hanno più a cuore la politica della scienza, ed altri appartengono a rami della medicina che poco hanno a che fare con la virologia. Fra le tante amenità, amplificate dai media, non è mancata l’esaltazione strumentale sia della sanità pubblica italiana che dell’appartenenza del nostro Paese alla Unione europea: “Meno male che in Italia, a differenza degli Stati Uniti e di altre realtà, abbiamo la sanità pubblica e gratuita. E grazie all’Europa, non siamo soli nel combattere il virus”.

Più o meno così dicevano, soprattutto un anno fa, (oggi, chissà perché, un po’ meno), parte della politica italiana e tanti illustri commentatori. A parte la pia illusione statalista della sanità gratuita, visto che ogni servizio viene letteralmente pagato mediante il versamento di cospicue tasse, proprio in questo tempo stiamo assaporando i risultati della gestione interamente pubblica della salute. Così come stiamo assistendo al riverbero negativo delle disfunzioni europee. Stiamo altresì notando una efficienza maggiore e un passo differente in quegli angoli del mondo, dove il tasso di liberalismo è più alto. Nel Paese della “sanità migliore del mondo”, come è stato detto e scritto a più riprese, i contagi non accennano a diminuire, vi è uno dei più alti tassi di mortalità da Covid ed infine, circa l’organizzazione e la capienza delle strutture ospedaliere, non si è imparato nulla dalla prima ondata.

Nessuno è corso ai ripari per le ondate successive, tant’è che gli ospedali italiani, se è tutto vero ciò che viene detto, si sono ritrovati nuovamente al collasso. Un anno fa una certa gestione impreparata e spaventata, incluso lo stop alle cure di tutte le altre patologie estranee al Covid, poteva essere compresa, ma oggi tutto ciò diventa inaccettabile. L’Italia ha le sue lacune, tutte interne, e l’Europa non aiuta di certo. Sul reperimento internazionale dei vaccini l’Unione europea, a cominciare dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, è stata un misto di arroganza e faciloneria che ha comportato ritardi gravissimi. Siccome non bastava il passo della lumaca nelle campagne vaccinali, abbiamo aggiunto anche il pasticcio circa il vaccino di Astrazeneca, con conseguenze devastanti a livello mediatico.

Dalla psicosi collettiva da virus siamo passati a quella da vaccino. Molto probabilmente si ripartirà, come dice il premier Mario Draghi, e l’Ema, l’Agenzia europea per i medicinali, ha riconfermato la validità del vaccino anglo-svedese, ma il danno mediatico poteva e doveva essere evitato. Tutto questo mentre gli Stati Uniti, quelli, secondo una certa vulgata, della sanità privata per i soli ricchi, hanno messo il turbo alla loro campagna vaccinale così da riuscire già a programmare un vicino ritorno alla normalità. Anzi, alcuni Stati degli Usa stanno già vivendo una vita normale, libera dalle mascherine e da altre restrizioni anti-Covid. Anche per Israele e il Regno Unito, grazie ad una vaccinazione rapida ed efficiente, la rinascita post-Covid non è più una chimera. La Corea del Sud, tanto per fare un esempio di un altro Paese dove i servizi sanitari vengono erogati per la maggior parte da soggetti privati, è riuscita addirittura a contenere l’epidemia ai suoi albori.

Insomma, l’Europa, attaccata ad una idea di Stato sociale con competenze molto vaste, fatica molto di più ad uscire dalla pandemia rispetto agli Usa e al Regno Unito, dove la salute pubblica, compresi i vaccini, non è appannaggio soltanto dello Stato. L’Italia, lo sappiamo da sempre, vive come un vero e proprio tabù l’opportunità di affidare la sanità al privato, o anche solo di aprire una certa concorrenzialità fra lo Stato e le imprese del settore, ma è tutta l’Europa a preferire un sistema sanitario sostanzialmente pubblico. Anche se, e pure questo ci è noto da tempo, i servizi resi nei Paesi nordeuropei, a fronte senz’altro di imposte molto elevate, sono migliori di quelli del Belpaese. Gli Stati Uniti e il Regno Unito mantengono invece quanto scaturito dalle riforme liberiste degli anni Ottanta, spinte rispettivamente da Ronald Reagan e Margaret Thatcher.

I Democratici americani aspirano indubbiamente ad uno Stato sociale, per così dire, più europeo, quindi all’allargamento dell’influenza pubblica. Gli ex-presidenti democratici Bill Clinton e Barack Obama hanno anche provato a mettere in pratica il concetto del “big government”, e non è escluso che oggi Joe Biden, anch’egli democratico, voglia percorrere il medesimo sentiero dei suoi predecessori. Tuttavia, rimane lontana quella presenza statale in ogni dove, per come la intendiamo, su questa sponda dell’Atlantico.

Aggiornato il 19 marzo 2021 alle ore 08:25