L’uomo al naturale

martedì 11 maggio 2021


La giornata calda, una primavera assolata che si dimostrava estiva, possiamo tranquillamente uscire di casa ma non da noi stessi, o piuttosto tornare in noi stessi ma decidere di uscire, finalmente. Le macchine sovrabbondano, non dovrebbero essere le strade colme di automobili. Invece lo sono. Le strade portano verso Bracciano, in prossimità di Roma, dal celebrato Castello e famoso lago, una zona alberata, pianeggiante come i contorni della Capitale.

Considero quanto verde esiste, dunque non manca il verde, manca la voglia di viverlo. Verde ne esiste ovunque, un verde anche rigoglioso non fruttifero né infiorato. Ma appunto alberato, a distesa: il pino romano, tondeggiante come un batuffolo per incipriarsi, a perdita d’occhio.

Vie non primarie ossia non autostrade per giungere a Ponte Galeria, a una villetta di un esperto informatico del ministero della Difesa, Sergio, il percorso si dimostra difficoltoso. Guida Pietro, un saggista di Politica estera, dietro di me due persone molto amiche, Bahija, una marocchina italianizzata che opera in uno dei ristoranti più centrali dell’Urbe, al Rione Monti-Colosseo, il figlioletto Iabe, vivacissimo, curiosissimo, rapidissimo mentalmente. E la docente di lingue straniere, Elisa, poliglotta, russo, francese, inglese, tedesco, con l’inseparabile onnipresente Luce, da non chiamare cagna, essendo considerata una persona: bianca come schiuma di latte peloso, se esiste un latte peloso.

Procediamo lentamente, qualcuno ci supera a destra, qualche motoretta sfida insinuandosi il traffico, io ho il piacere di vedere le distese erbose, alberate, sono stato mesi in ospedale, quindi chiuso nell’abitazione, lo spazio e l’aria mi ravvivano. Finalmente giungiamo, con qualche difficoltà, la villetta è in discesa dopo una collina, uscito dalla macchina non cammino facilmente.

Abbiamo evitato assembramenti. Il pranzo è stato elaborato da Elisa e Bahija. Io, che sono il festeggiato per il mio compleanno mi limito, diciamo, a gustare e ho chiesto pietanze che amo. Una parmigiana fatta da Elisa, mi piace immensamente, mi ricorda la Sicilia: gli strati di melenzane, salsa, formaggio, basilico, talvolta uova. Mio dio, è come sfogliare un libro, e, ripeto, mi sembra di stare a casa quando vivevo in Sicilia.

Bahija Ameur prepara il Couscous alle verdure, leggero e saporito, e un tiramisù di cui sono golosissimo: pur avendolo assaggiato in tutta Italia, non ho mai sentito l’uguale per delicatezza di sapori, non gravato di liquori. Polvere di cioccolato, pan di Spagna, mascarpone. Come sorpresa un altro dolce, sempre di Bahija, ornato di fragole, qualche arancino, vino rosso e bianco.

Ci capita di discutere, non so come mai, delle capacità militari di Annibale rispetto ad altri condottieri. Forse parlavamo di Napoleone, con Spagnolo, dello sterminio della famiglia Barca, Amilcare, Annibale, Asdrubale, e della rovina dei cartaginesi. Il caffè, per gli altri, chiude il raduno. Pietro Spagnolo si scarica sul divano, e dorme. Iabe è un capriolo in movimento, corre, torna, abbranca le inferriate, sale verso il piazzale della villa, c’è la guardiola di un coniglietto che sembra un gatto d’angora, lo prende, lo stringe, visita una specie di fattoria dove vengono recintati asinelli e un piccolo cinghiale. Salgo anche io, guardo la distesa della campagna, odore di rosmarino, di lavanda.

La vita, per essere sostenuta, ha bisogno di scopi seri impegnativi e di scopi da poco ma che danno piacere. Il contatto con la natura è tra le evenienze più gradevoli che possano esistere. Ogni volta che mi capita di provarlo, mi pento di non goderlo maggiormente. L’uomo è un ente naturale, non è nato cittadino, è diventato cittadino. Per millenni è stato intrinseco alla natura, alberi, fiori, frutta, all’aria aperta, al mare, questo eccessivo distacco dal “naturale”, diciamo, ci rovina, certe malattie hanno la mano della città. Pur essendo pigrissimo dal punto di vista della mobilità, e se lavoro resto seduto giornate, nel mio giardinetto fiorito e in campagna rivivo e riscopro che dovremmo mutare maniera di vita. Non l’ecologia, non l’economia verde, ma il sentire la natura.

L’ho scritto, ed insisto: la vista di una campagna, colori, coltivazione, fiori, odori, panorami, i polmoni e gli occhi largheggiano di salute, raccolgo dei gelsomini, come ascoltare un motivetto campagnolo. Raccolgo lavanda, rosmarino, per trapiantarli da me... ritorno alla Natura come sensibilità verso la Natura e dentro la Natura, non sterilizzazione della Natura come se fosse una camicia inamidata per ammirare la perfezione delle pieghe. Siamo capaci perfino di spegnere il sentire per l’ideologia della Natura depurata. Anche con certe complicazioni e turbolenze la Natura dovremmo viverla.

Il mio compleanno l’ho celebrato come mi avveniva da ragazzo in Sicilia: i limoneti, i fiumiciattoli, le lucertole, i muli, le vacche, l’odore del fieno e delle cacche dei buoi. Ah, come respiro! Ecco, non dimenticare gli animali. Un gatto che si striscia nelle caviglie è un resoldor. Gli antichi concepivano tre anime: vegetale, animale, razionale. Aggiungiamo l’anima minerale – certe pietre sono ammirabili – e uniamo le anime, l’uomo-natura. L’uomo soltanto razionale... non è naturale. Ossia: non è uomo.


di Antonio Saccà