Fin qui femminicidi: più di 80 solo dall’inizio dell’anno, cioè due a settimana. Ma quanto è accaduto nella notte fonda di martedì 11 maggio a Tortolì, provincia di Nuoro, supera ogni efferatezza. Perché oltre ad una madre cinquantenne pugnalata 17 volte, la quale versa in condizioni disperate, è stato brutalmente ucciso Mirko Farci, solo 19 anni, figlio di Paola Piras.

Come definire questa mostruosità? Femminicidio-figlicidio? Come? Paola Piras, commerciante, aveva iniziato una relazione con il pakistano Shahid Masih, lei 50 anni e lui 29 anni, il quale catturato ancora sporco di sangue, col cappuccio tirato su e la mascherina, ha confessato senza pentimenti tra l’insurrezione cittadina. Paola aveva due figli: il più grande, Mirko, frequentava con ottimi risultati l’Istituto Alberghiero, dove a breve sarebbe diventato cuoco. La sua insegnante, Luisa Usala, ha detto: “Sei stato un alunno meraviglioso e non sono parole di convenienza... mi dicesti che tu a casa ci stavi davvero bene, ed è proprio lì che ti ha tolto la serenità quel mostro che altro non può chiamarsi… difendere gli altri era il tuo motto e te lo sei portato addosso sino ad oggi e per sempre… Oggi vestiamo un lutto così grande e profondo, a scuola tutti a stare in un silenzio assordante, tutti uniti nel dolore e nel rispetto, tutti ad avere un cuore logorato da questo mondo così strano che dal bello in un attimo passa al crudele”.

I compagni hanno appeso al balcone un lenzuolo bianco con scritto: “Al tuo sorriso, grazie Mirko”. Grazie, perché l’ardore di questo adolescente ha superato istituzioni, leggi, dibattiti, fragili provvedimenti, contrasto. La mamma Paola si era separata da quel giovanissimo extracomunitario e l’aveva denunciato alle forze dell’ordine. E di fatti il pakistano aveva il divieto di avvicinamento, ma cosa volete che fosse per un essere così snaturato e distorto? Shahid, impazzito e corroso, è arrivato alla finestra della sua ex risalendo il pluviale, ha infranto il vetro ed è entrato nella camera da letto della donna colpendola nel sonno con fendenti ovunque. Mirko, svegliato dalle urla, è entrato e si è avventato per difendere la madre, per farle da scudo. Due coltellate tremende: una ai polmoni e una dritta al cuore.

È caduto così Mirko Farci, vittima dell’amore più puro e inestinguibile, il materno. Lo scorso anno per difendere la madre dal patrigno ubriaco, un bambino di 7 anni di Foggia ha preso un coltello, questa volta riuscendo a fermare l’uomo poi deceduto. Sette anni con le mani sporche di sangue contro un femminicidio. Siamo andati molto oltre.

Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, sconvolta, ha proposto per il coraggio di Mirko la medaglia d’oro al valore civile. Lo stesso aveva fatto per Willy Monteiro Duarte, il giovane di Colleferro ucciso dalle botte micidiali dei campioni di arti marziali Marco e Gabriele Bianchi. Poi fiaccolate, funerali, palloncini, promesse, commissioni, lacrime e rabbia. Ma l’orrore va avanti.

Abbiamo un coraggio, almeno quello intellettuale. Fin qui i reati contro le donne, i figli e la famiglia sono stati trattati con l’ottica ideologica. Una divisione pazzesca, iniziata negli anni Settanta quando la sinistra inalberò le sue battaglie politiche sul divorzio, sull’aborto culminate in nuove leggi ma anche nelle efferatezze di casi di cronaca tristemente noti. E da lì una divisione manichea, con una parte della società, la borghesia, e della cultura, la destra, imputate di misoginia, di maschi predatori contro donne oggetto, di educazione sessuale da “Arancia Meccanica”.

Il Partito comunista di allora su queste barricate ottenne il sorpasso e su questi temi si è instaurata una presunta superiorità che ha determinato il politicamente corretto. Gli anni e la cronaca hanno dimostrato che la violenza contro le donne non ha una matrice politica così netta. Può riguardare uomini padroni, ma anche giovani cresciuti senza validi riferimenti, tra molti diritti e nessun dovere, tra culture femministe e tappe bruciate, tra tradizioni smantellate e tolleranze fatali.

Il sesso è il terreno più malato, come dimostra la vicenda del figlio di Beppe Grillo e del suo gruppo. Così malato che lambisce le stanze del potere, le stanze degli eccessi, delle droghe facili, dei libertinaggi, dello sballo e delle notti brave in cui consenso e stupro si confondono in una miscellanea di libertà e orrore. Due elementi fatali. Uno: troppi immigrati giovani, sbandati, violenti, incontrollati, che secondo una assurda propaganda devono essere accolti anche nell’intimità femminile e famigliare secondo la teologia dello ius soli, i quali “non cambiano” con uno sbarco e una quarantena. L’altro: gay, gender, transgender e quella rivoluzione di genere che tra pandemie, crisi e insicurezze si traduce nello smantellamento dei valori e fondamenti dell’amore e della sicurezza come “la famiglia fatta di madre, padre, figli”. La famiglia che Mirko ha difeso contro due fendenti mortali.

Aggiornato il 14 maggio 2021 alle ore 13:08