Oggi è il 28 Luglio 2021. Sono trascorsi esattamente quattro anni dalla morte del piccolo Charlie Gard, il bimbo britannico, nato a Londra il 14 agosto 2016, affetto da una grave malformazione, che fu tenuto in vita, artificialmente per diverso tempo. La vicenda ha avuto un impatto mediatico mondiale, quando le competenti autorità decisero di cessare il trattamento terapeutico, consegnando così Charlie alla morte. Movimenti di opinione, fondazioni, personaggi influenti hanno affiancato nella battaglia i genitori del bambino che, prima di rinunciare al figlio, hanno tentato ogni strada percorribile.

La questione circa un possibile caso di eutanasia, per un male incurabile e il presunto accanimento terapeutico per tenerlo su questa Terra, hanno diviso stampa, opinione pubblica e presidi sanitari di vari stati. Trascorse otto settimane dalla nascita, Charlie manifestò i sintomi della sindrome da “deplezione mitocondriale”, un male rarissimo, che blocca lo sviluppo muscolare, cuore compreso e, inoltre, compromette l’apparato respiratorio e l’encefalo. Chris e Connie Gard, i genitori, hanno passato col piccolo, tutto il tempo possibile, sino agli ultimi giorni della sua vita.

Anche Papa Francesco ha voluto manifestare la propria vicinanza alla famiglia. Con un tweet, monsignor Vincenzo Paglia, ha commentato la notizia riaffermando la grandezza dell’amore di Dio che “non stacca la spina”. La Chiesa cattolica promuove, infatti, una cultura dell’accompagnamento, la terapia del dolore, il progresso scientifico, avversando sia l’eutanasia, che l’accanimento terapeutico. I mesi antecedenti alla morte di Charlie, sono stati segnati da una durissima battaglia legale per trovare un’ipotesi di “giustizia compassionevole o, comunque equa”, verso un’esistenza gravemente compromessa. Invano, all’inizio di luglio, Papa Francesco e il presidente Donald Trump si erano offerti di intervenire mettendo a disposizione la Columbia University di New York o il Bambino Gesù di Roma, per offrire a Charlie un’altra possibilità di vita. Ogni iniziativa si è infranta contro un muro, tutto è stato inutile, come è stato inappagato anche l’ultimo desiderio dei genitori: far morire Charlie a casa: l’Alta Corte di Londra è stata inflessibile. La battaglia di Connie e Chris terminò il 24 luglio quando, ormai fiaccati da mesi di ricorsi sino alla Corte europea dei diritti umani, con la speranza di cercare di ribaltare le decisioni precedenti, fu loro sentenziato che Charlie doveva morire per “il suo miglior interesse”.

Charlie se ne andò in pochi minuti, il 28 luglio 2017, quando gli furono staccati i tubi della ventilazione artificiale, se ne andò fra l’amore e il compianto di milioni di persone che avevano combattuto per la sua sopravvivenza. Una nuova gravidanza nel 2020, con la nascita un bimbo perfettamente sano, ha rappresentato per la famiglia Gard una grande gioia, ma tanta felicità non annulla il ricordo amaro di una sofferenza incancellabile e tante riflessioni sul diritto di vivere o di morire di un bambino, demandato non alla madre o al padre, ma a un potere che non sa cosa siano le forze del cuore. Onoriamo questo giorno di anniversario luttuoso con qualche minuto di raccoglimento.

Aggiornato il 29 luglio 2021 alle ore 09:24