Attenti al loop

Questa storia dei Måneskin pigliatutto sta diventando stucchevole. Sembrano la pubblicità del “ti piace vincere facile”, oppure, visto che sono romani, sono il “checcevò” del successo. Intoccabili: chi li critica è omofobo, chi non ama la loro musica è un boomer da pensionare con plaid, essendo nato tre generazioni prima della “Z”, quella il cui anno di nascita inizia con il due. Da Sanremo all’Eurofestival fino ai Rolling Stones in pochi mesi, e nemmeno i complottisti, schiacciati da una spinta ascensionale finora riservata a Cape Canaveral e Bajkonur, osano parlare di scenari e poteri forti.

Ma se gli ultrasessantenni in gran parte borbottano biascicando Battisti e Beatles come se avessero la bocca piena di ricordi, tanti “X” e gli “Y” (denominazioni da saccentini per chi ha dai 21 ai 55 anni circa) si vantano di apprezzare una musica che non sanno leggere. E qui ricomincia la storia, fatta di danarosi con cilindratone che studiano la lezioncina per strappare tanti “oh, oh” alle ragazzine che li sfruttano e li compatiscono. E poi di docenti che millantano impossibili rapporti paritari con gli studenti, ai quali vorrebbero dimostrare il concetto strisciante e mai ammesso di propria superiorità culturale accanto a un’identica visione del mondo contemporaneo. E di tanti altri che intasano i social con gridolini strozzati. Ma se i classici si studiano leggendo dieci righe a piè di pagina ogni due versi, l’interpretazione metafisica dell’universo Måneskin non ha ancora un libro di testo ufficiale, solo peana scritti sull’onda emozionale dell’ossequio a qualsiasi vincitore, anche se non si sa cogliere l’arma con cui ha infilzato il globo terracqueo.

La chiave di lettura non è intellegibile, e non esistono più i Momigliano che spiegano: ora tutto è immediato, anche quello che urta il nostro istinto anagrafico-culturale. Me nessuno fra imbrodatori e affossatori pensa mai che già Cicerone ironizzava sul concetto di “o tempora, o mores”. E dopo duemila anni ancora non abbiamo capito che ogni generazione è legata alle proprie radici, ed è normale che disprezzi il passato e il futuro, perché sta bene nella propria cuccia artistico-culturale: tutto il resto è forzatura.

Così è normale che a tessere le lodi dei Måneskin sia, ad esempio, Manuel Agnelli e che gli “anta” ben oltre i quaranta chiedano ma chi è costui? E che un giovane o un patetico boomer risponda che è il frontman degli Afterhours. Ovvio che qui le domande siano due, ma nessuno osa porle, se no a che serve Google? Cambiano le misurazioni del successo e spariscono i concreti numeri di vinili o di cd venduti: ora le parole chiave sono download, like, Spotify e altro. Ma queste sono vera gloria? Nemmeno i posteri possono fornire l’ardua sentenza, perché nel futuro questa roba sarà precoce archeologia. E se la beat generation non coglie l’arte dei quattro neo-adottati da Mick Jagger, il peggio è altrove: la musica tradizionale, in teoria, non è defunta. Resiste a tutto e corre, zoppicando vistosamente, accanto ai nuovi rocchettari.

Ma siccome la si scrive con il computer e non con la stilografica, tanto vale che il computer se la scriva da solo. E partorisca il peggio del peggio, canzoncine insulse, obbligatoriamente in minore, perché la gioia degli accordi in maggiore rivela banalità e non impegno. Così nasce il loop strappacore, nel senso che un Mac, un Hp o un Dell diventano autori di giri di note tristi e banali ripetuti all’infinito per prendere tempo, creare sottile angoscia che imbriglia l’avatar dell’anima, finendo per confermare che una macchina elettronica ha potenza, ma non cuore.

Dunque, cari aggressori di un mercato parallelo con Sentimento 4.0, smettetela di usare la reiterazione della tristezza al posto di corde romantiche non alla portata delle vostre dita. E sappiate che i polli in batteria che girano tutti intorno allo stesso perno, come i buoi in una macina, fanno rimpiangere veramente i tempi passati. Perché il futuro è una pagina dopo, non lo stesso foglio, imbrattato con litri di bianchetto e scolorina.

Aggiornato il 12 novembre 2021 alle ore 10:05