Covid e dintorni: breve storia triste

Francesca, coscienziosa madre di due figli, bi-vaccinata e attenta a tutte le più comuni norme sul distanziamento sociale, verso la fine di ottobre inizia a sentire degli strani sintomi chiaramente riconducibili al Covid. Il 30 ottobre effettua il suo tampone, ovviamente risultato positivo e avvisa il suo medico di base il quale la preallerta telefonicamente sulla imminente chiamata da parte delle autorità sanitarie finalizzata a ricostruire la mappa delle persone con le quali è entrata in contatto, il cosiddetto tracciamento. Per eccesso di zelo, Francesca avvisa autonomamente tutte le persone con le quali ha avuto contatti, così che tutte possano valutare se effettuare un tampone tutelandosi il più possibile. Mossa azzeccatissima visto che la famosissima telefonata della Asl non le è mai più arrivata. Poi l’isolamento, la mancanza di gusto e olfatto, i dolori tipici della malattia.

Fino al 9 di novembre, data nella quale si reca al drive in (quindi struttura pubblica) per effettuare un nuovo tampone di controllo nella speranza che il peggio sia passato e che finalmente si sia negativizzata. Purtroppo il nuovo tampone è ancora positivo ma tutto sommato le condizioni generali sono sufficientemente buone per cazzeggiare, per ingannare questo tempo che non passa mai. Così Francesca scarica la famosissima App utile a controllare i Green pass, “d’altronde è la stessa – ci dice al telefono – che ha dovuto scaricare mia cugina per effettuare i controlli a lavoro”. Ciondola sorniona con il suo telefono tra le mani, sicura che il suo green pass risulti bloccato, rosso fuoco, inesistente, cancellato. Con suo profondo sgomento, quella che era una cosa fatta per ingannare il tempo si trasforma in una delle più grosse sorprese: il suo green pass è attivo e quindi Francesca, se volesse, potrebbe prendere, andare al cinema, fare una strage e farla franca.

Probabilmente il suo green pass non è mai stato disabilitato, ragion per cui, dal 30 ottobre ad oggi, Francesca avrebbe potuto prendere un mezzo pubblico e andare al supermercato o al ristorante come una qualsiasi asintomatica. Sbigottita dalla scoperta, Francesca – prima di chiamarci per raccontare l’accaduto – prova a contattare le autorità per segnalare il disservizio. Viene ovviamente invitata al senso di responsabilità e avvisata sulle conseguenze penali che rischia se solo si azzarda a mettere il naso fuori dalla porta di casa sua. Poi ci chiama e, mentre ci racconta l’accaduto, imperterrita prova testardamente a rifare il controllo del Green pass, certa che questa volta qualcuno lo abbia bloccato. Nemmeno per idea. Il tutto con buona pace di Pierpaolo Sileri che proprio ieri in televisione si vantava del sistema di tracciamento a suo dire blindato: sarà anche blindato ma la nostra Francesca (quand’anche fosse l’unica) è riuscita casualmente a bucarlo.

E con buona pace del ministro Roberto Speranza che in questi giorni faceva il figo vantandosi del fatto che i crucchi di Germania gli avessero fatto i complimenti per il sistema di controllo quasi teutonico. E questo nonostante le norme dicano che “la certificazione verde potrà essere revocata da una struttura pubblica, da un medico di medicina generale o da un pediatra di libera scelta”. Questo sarà anche il governo dei migliori, quello della mano ferma sulla pandemia, del rigore. A sentire il racconto di Francesca però, qualche dubbio ci viene

Aggiornato il 13 novembre 2021 alle ore 10:12