Carezziamo il serpente!

Non esiste, a mia cognizione, un’indagine sulla relazione tra pandemia e società, intendo per società-lavoro, sistema produttivo, psicologia collettiva. In un testo ampio che uscirà sulla Rivista di Studi Politici Internazionali tra qualche mese, compio una valutazione sociologica della pandemia, non limitando la questione a considerazioni soltanto medico-farmacologiche, che limitano, negativamente, l’analisi.

La pandemia è un fenomeno sociale con basi rientranti non esclusivamente nella sfera della salute e della malattia. Non essendo però una malattia circoscritta, anzi mondiale e trasferibile, gli effetti sociali sono clamorosi. In che consiste la specificità della pandemia? Nella contagiosità. Contagiosità, non necessariamente mortalità. Quando il virus iniziò a espandersi da Paese e Paese, facendosi pandemico, i decessi crebbero ma non con potenza micidiale, mentre il contagio diluviò. La divaricazione è sostanziale, enormità dei contagi, minore entità dei decessi. Non esisteva ancora il vaccino, auspicato come il salvatore.

Non fu dichiarato se immunizzava ossia eliminava il morbo o lo sminuiva; quanto durava il suo efficace impiego; se vulnerava le mutazioni; se sminuiva di potenza nelle ripetizioni. Si proclamava vaccino, e tutto pareva concluso e chiuso. I vaccini mantennero, sembra, una sola delle possibilità: sottraggono a cure estreme, evitano gran numero di decessi, da riconoscerne i risultati con apprezzamento deciso. Nessuno può rifiutare stima a tanto risultato, fino a prova contraria: i “dati” lo confermano, i decessi e la gravità del morbo per chi è difeso dai vaccini decadono. Taluni non condividono questa certezza, ma diamola per giustificata, in ogni caso problemi restano.

Vi è una circostanza, abnorme: i vaccini non eliminano l’essenza del virus. Ossia il contagio. Davvero una stupefacente stravaganza: abbiamo dei vaccini contro il contagio che non eliminano il contagio. Abbiamo dei vaccini contro la pandemia che non eliminano la pandemia! Abbiamo dei vaccini che sparano a salve. Subito a dire: tolgono mortalità e gravità. Sì, ma la pandemia è grave per i contagi, e infatti i non vaccinati vengono accusati perché reputati contagiosi. E perché loro, i non vaccinati, si ammalerebbero gravemente. Che ne sorge? Che dovremmo ipotizzare una vaccinazione mondiale, la quale tuttavia non eliminerebbe virus e contagi. Siamo nella stratosfera dell’assurdo.

Se aggiungiamo che le varianti sono afferrabili dopo che ci rovinano, che i vaccini disperdono efficacia, che i contagi sono inevitabili essendo in vita il virus, sventurato cittadino! Cosa gli si promette?L’imposizione a tacere, a non protestare, a non criticare, a vaccinarsi, a temere la sopravvivenza se non si vaccina, a essere marginalizzato, impoverito! Invece è premiato e in libera circolazione, se si vaccina. Attenzione: trasformare il cittadino in cadavere docile e muto è possibile, ma di solito chi lo fa diventa incapace di valutare gli errori non avendo chi glieli manifesta. Tutte la società dispotiche finiscono per aver commesso errori non rilevati. Ma come? Il cittadino “critico” sta cercando di completare la tutela, di ravvisare punti dolenti! Ma se gli stessi cultori del vaccino riconoscono che il virus resta anche dopo la vaccinazione, contagia, perde efficacia, può non combattere varianti!

Per quale eversione logica ciò che riconoscono anche i fautori del vaccino, i limiti di esso, viene considerato delittuoso se viene espresso dai critici del vaccino? Questi ultimi in grandissima quantità temono di non essere protetti sufficientemente dal vaccino, temono di vaccinarsi inutilmente, vorrebbero ampliare la difesa, altri temono che i vaccini danneggino. I vaccini non sono la soluzione definitiva, il virus resta! Ma a tal punto, il taglio reciso, poiché il sistema produttivo deve funzionare, restare aperto. Abbiamo un mezzo rapido: i vaccini. E se vi sono dubitanti, a morte.

Nemici della salute pubblica, costosi per le cure, che se le paghino, che siano sradicati dal lavoro! E che volto serrato, che denti minacciosi, che sguardo da tiratore scelto, quali invocazioni punitive, perfino dichiarare che occorre una comunicazione di guerra, vale a dire: come in guerra, censurare la comunicazione! Di sicuro, se andiamo a rovina non potendo dire che andiamo a rovina la rovina non esiste. La società delle comunicazioni non dà per esistente quanto non è nel circuito della comunicazione. E sorge un sospetto “sociologico”, la Sociologia è la scienza del sospetto, della decifrazione dei comportamenti al di sotto della loro apparenza. Quale sospetto? Che si innalzi il potere salvagente dei vaccini per l’illusione che possiamo soltanto con i vaccini vivere nella normalità. E non fare quelle iniziative che, realisticamente, ci tutelerebbero, non contro i vaccini ma con i vaccini. Perché non farli? Perché costerebbero?

Se tutte le aule scolastiche avessero sistemi di areazione, l’aria sarebbe rinnovata, i contagi impossibili. E si eviterebbe la prepotente follia di obbligare i docenti a vaccinarsi. E tutto ciò per altre attività, anzi per tutte. Costerebbero? Sì. Ma sarebbero più rassicuranti, perché eviterebbero il contagio, quel che i vaccini non fanno. E chi crede di poter aprire al sicuro con un vaccino che non elimina il contagio, risparmierà, avrà o riterrà di avere una soluzione facile e rapida. Ma il virus rimane, invece è da evitare e guarire non da ammansire. Prevenzioni e cure, oltre i vaccini. Noi stiamo carezzando, credendo di avergli estirpato il veleno, la testa di un serpente.

Così non si può continuare a (non) vivere. Una perpetua eclissi. La vera malattia sta nella mente e non è la malattia ma l’incubo della malattia. Coloro che si credono salvi, perché temono di non salvarsi in futuro, coloro che si credono indifesi perché si sentono indifesi. Ciascuno con il gravame del suo timore. Manca quel che è fondamentale in queste situazioni, un potente richiamo vitale, un raddoppiamento di vitalità, il rischio del vivere in una condizione rischiosa. La vita è millimetrata. Con tutte le forze della scienza e della vitalità occorre trovare rimedio ed è inutile credere che si trovi soltanto nei vaccini, abbiamo i vaccini ma non ritroviamo fiducia nella vita. Si vuole una società addomesticata, intirizzita, un gregge intimidito nel trionfo della paura asservente? Dobbiamo trovare uscite vitalistiche. Non basta non abbassare la guardia. I vaccini non bastano, bisogna aggiungere rimedi vitalistici. I vaccini rendono il cittadino passivo, si affida ai vaccini. Deve affidarsi ai vaccini, al rischio vitale, a mezzi tecnici e curativi.

I vaccini non bastano. Peggio ancora la società farmacologica, la società ospedalizzata. Non è (soltanto) con i farmaci che si risolvono le malattie ma soprattutto con l’impedire che nascano le malattie, cambiando la società. Il farmaco non risolve le condizioni dell’insorgenza delle malattie. Altri anni con questo dondolio funereo e forse chi comanda ridurrà il popolo una massa plasmabile eterodiretta. Ma insorgerebbero due virus ultravioletti, il Virus della Rivolta, della Depressione.

Tra qualche mese l’inflazione e la disoccupazione dilagheranno. Uno Stato semi-autoritario con la scusante della tutela della salute è provvidenziale. L’obbligo vaccinale e il rigorismo che gli è connesso servono a tenere in soggezione la crisi sociale. Gli aspetti sociologici della pandemia prevarranno. E ne vivremo di temibili. Solo la libertà può ostacolare una crisi senza istanze correttive, una crisi con la museruola.

Aggiornato il 01 dicembre 2021 alle ore 13:50