Leggi e limiti alla stampa, Bartoli si appella al Csm

lunedì 10 gennaio 2022


Ci sono, per la stampa, i primi effetti del decreto sulla presunzione d’innocenza. Manca ancora, ha scritto il neo presidente dell’Ordine dei giornalisti Carlo Bartoli, al vicepresidente del Csm e al procuratore generale presso la Corte di Cassazione, “la definizione di linee guida, chiare e trasparenti per garantire il diritto dei cittadini di essere compiutamente informati in relazione ai procedimenti penali”. Si sono già verificate alcune situazioni imbarazzanti. La più clamorosa quella del magistrato della Procura di Paola, Pierpaolo Bruni, che indaga sulle vicende del presidente della Sampdoria calcio Massimo Ferrero. Secondo la sua valutazione la notizia dell’arresto non era di “pubblico interesse” nonostante fosse stata diffusa da fonti investigative romane. E alla richiesta di ulteriori dettaglia avanzata dai cronisti calabresi il procuratore avrebbe opposto un diniego, motivandolo con le nuove normative.

Secondo caso quello del procuratore di Como Nicola Piacente secondo il quale “ogni comunicazione fatta da noi a voi dovrà necessariamente avere il preventivo assenso dell’autorità giudiziaria, che verrà concesso in presenza di due requisiti: che il soggetto interessato è da ritenersi innocente fino a intervenuta sentenza e che vi sia un pubblico interesse a diffondere la notizia”. Appare evidente già in questa prima fase che l’applicazione della legge voluta dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia stia provocando ristrettezze all’informazione, causando difficoltà operative ai cronisti. Alcuni procuratori se ne stanno rendendo conto. Lo ha fatto Raffaele Cantore di Perugia il quale ha dichiarato di essere consapevole “che norme così rigorose potranno limitare il diritto degli operatori dell’informazione all’accesso di notizie e persino incentivare la ricerca di esse attraverso canali diversi, non ufficiali o persino non legittimi”.

Allora c’è necessità di qualche rimedio. Il presidente dell’Ordine dei giornalisti pur condividendo l’obiettivo del decreto ha evidenziato, nella lettera, le preoccupazioni dei giornalisti di fronte ad un provvedimento che concentra nelle mani di una sola persona, il procuratore della Repubblica, la scelta di quali notizie l’opinione pubblica possa venire a conoscenza e quali no. In questa fase c’è troppa discrezionalità delle procure. A Milano per esempio non vengono più dati i nomi degli arrestati e bloccate le notizie che prima le forze dell’ordine ritenevano meritevoli di diffusione. Ha preso netta posizione il sindacato lombardo dei giornalisti definendo come “un impatto devastante” la riforma e osservando che la pubblicazione di notizie provenienti da fonti confidenziali rischia in questa maniera di mettere “fuorilegge” il cronista e il direttore della pubblicazione che le ha diffuse.

C’è anche qualche distinguo all’interno del mondo giudiziario. Secondo il giudice Fabio Roia, presidente di una sezione del Tribunale di Milano, il problema della tutela dell’immagine dell’indagato o imputato deve trovare una soluzione sul piano deontologico dei diversi agenti che trattano la notizia. C’è tuttavia un punto fermo: la stampa deve svolgere sempre una funzione di controllo sulla vita pubblica e le compete il compito di far capire le conseguenze giuridiche rispetto ai profili di opportunità quando si svolgono accertamenti nei confronti di tutte le persone”. Due diritti fondamentali che hanno bisogno di equilibrio. In materia di stampa tutte le decisioni non possono essere lasciate al solo procuratore della Repubblica.


di Sergio Menicucci