Hyper-self tra notizie e bufale

mercoledì 12 gennaio 2022


Che fare il giornalista sia sempre meglio che lavorare, come si diceva tanti anni fa, non è più così certo. Perché la fantasia è in caduta libera, ma in libertà molto, molto vigilata. In più, la crescente propensione al sussiego tappetoso fa crollare l’istinto un po’ goliardico di appassionare il lettore con la spontaneità, creando geniali ghirigori intorno alla storia che raccontiamo.

Nei secoli, l’informazione è stata quasi sempre imbrigliata. Ma ora si fa di peggio, molto peggio: i modi per compiacere i padroni non bastano mai e così si inventano immagini che li facciano sorridere. Il perché è semplice: la posizione genuflessa è quella standard, dunque inginocchiarsi non basta più. Bisogna pure divertire l’arconte eponimo, che il prossimo anno cambierà e il successore, guelfo o ghibellino che sia, sarà ugualmente omaggiato.

Per far questo, si rende necessario un distributore ufficiale di immagini fantasiose, perché il giornalista mica può parlare terra-terra. Ma con le ginocchia indolenzite il poveraccio non è certo in grado di creare scenarietti vividamente surreali: così arriva la busta, che racchiude l’espressione del mese, come cabina di regia, che durerà anni, o carretta del mare che ha sempre fatto acqua e continuerà a farla.

Accade però che il pubblico, in mezzo al mare di pattume dei social, in qualche modo si sensibilizzi e inizi a nuotare e a notare. E nota che, per esempio, proprio la cabina di regia si rivela un modo stantio e insopportabile di spacciare per vitale e quasi artistico un lavoro di mediazione e di lottizzazione politica nel profondo grigio. La gente comune è smarrita, tende a generalizzare. Ma è sempre più inquietante l’intreccio in cui la tecnologia mischia le carte e rende difficile distinguere i professionisti dai dilettanti. Dunque, distinguere le sparate dalle notizie e, peggio, gli scoop (quasi estinti) dalle bufale, nel frattempo promosse a fake news.

Chissà, forse le bombe d’acqua, gli anglicismi pessimamente pronunciati, le parole accoppiate a concetti del tutto estranei, vorrebbero sembrare democrazia e progresso. Tutti, tutti giornalisti e se nei caffè il servizio è sempre più raro, se fare il pieno all’automobile è self, come ormai quasi tutto, perché non confezioniamo giornali virtuali, ognuno nel proprio mondo interiore. Dove si trovava, a detta di Enzo Jannacci, anche il rigore di Baggio: “Ma all’arbitro, del suo mondo interiore, non è fregato un cazzo. Oh, yeah!”.


di Gian Stefano Spoto