Lo stato di crisi permanente e come guarirne

venerdì 31 marzo 2023


Ho utilizzato l’intelligenza artificiale per chiarirmi le idee sullo stato di crisi permanente in cui versiamo da decenni. Immaginavo che la sola intelligenza naturale non bastasse. Nel mezzo delle apocalissi va di moda soprattutto l’artificiale. Persino in ciò che più ci riporta alla vita reale come la guerra di aggressione in Ucraina, ciò che domina l’informazione è la disinformazione. Come scriveva Jean Baudrillard, “l’irreale oggi è più reale del reale”.

Ho sottomesso alla trend Chat Gpt-4 una discussione sul tema apocalisse cultura crisi|. Era mattino, la primavera veniva avanti in mezzo a sole e ombre lunghe di muri sbrecciati dal salino del mar Ligure. GPT-4 mi ha risposto così: “L’apocalisse culturale è un termine che si riferisce a un drastico cambiamento o declino nella cultura di una società, spesso causato da crisi economiche, politiche o sociali. La crisi, in questo contesto, può essere vista come un evento destabilizzante che porta a un cambiamento radicale nella cultura, nelle tradizioni e nei valori di una comunità. Tali crisi possono portare a una perdita di identità culturale e a una crescente frammentazione sociale”.

Poi, per approfondire meglio, ho chiesto a Gpt-4 “perché ci sono così tante crisi nel mondo?”. La risposta (sintetizzo) è stata che ci sono così tante crisi nel mondo perché le società, le economie e gli ambienti sono complessi e interconnessi. Tra i motivi: conflitti politici e ideologici; disuguaglianza economica; scarsità di risorse; cambiamenti demografici; disastri naturali e cambiamenti climatici; instabilità finanziaria; tecnologia e globalizzazione.

Il punto 2 mi ha fatto ricordare che la globalizzazione ha portato (un poco di) ricchezza nelle nazioni che erano definite “sottosviluppate”, e a una riduzione delle diseguaglianze, per esempio creando una classe media in metà del mondo, cioè in Cina e India. Allora, ho formulato una domanda capziosa, perché ho visto che la ricerca Google sul termine “diseguaglianza nel mondo” era catastrofista: i poveri aumentano, le diseguaglianze sono immani. È pur vero che Bill Gates è ricco quanto tutta la mia regione o forse più, però se oggi il 20 per cento di marocchini ha uno stipendio garantito grazie a una fabbrica della Renault, questo è importante più del denaro dei super ricchi.

Ho scritto: “L’ineguaglianza economica nel mondo non aumenta. L’economia mondiale migliora”. Gpt-4 ha “abboccato”, rispondendomi in maniera equilibrata: “Sebbene l’economia mondiale sia migliorata nel complesso, l’ineguaglianza economica tra e all’interno dei Paesi persiste e in alcuni casi è aumentata. La crescita economica globale ha contribuito a ridurre la povertà estrema, ma la distribuzione della ricchezza rimane squilibrata”.

Ho provato a ragionare per conto mio, in maniera non artificiale o enciclopedica, ma in deduttivo-logico e insieme analogico-intuitivo, come sempre gli umani dovrebbero fare, a partire da coloro che hanno alzato bandiera bianca sulla scatola cranica, limitandosi al riporto come fanno gli Springer spaniel: riportano articoli di giornale, chat sui social, un cibo in offerta dal supermercato, l’opinione di un birraio sui vini spagnoli. Il riporto – ovvero la caninizzazione umana – è uno dei problemi dell’informazione e della formazione scolastica.

Quindi, come mai siamo così immersi in un mare di apocalissi e crisi? Provo a fare un elenco:

1) apocalissi belliche (Ucraina, Taiwan, Nord Corea…);

2) apocalissi migratorie (Libia, Tunisia, Messico, Afghanistan, Turchia, Sahel, Nigeria);

3) apocalissi ambientali (chi più ne ha più ne metta: resteremo senz’aria! Resteremo senza acqua! Resteremo senza gas! Non ci sono più api);

4) apocalissi sanitarie (Aids, Covid, Aviaria, Febbre dengue, Febbre tifoide e Febbre gialla, Malaria e Tbc);

5) apocalissi economiche (il crollo delle Borse, il rialzo dei tassi, banche che falliscono, “Christine Lagarde deve andare al rogo, prima che ci riduca al lastrico”, “l’auto elettrica è la fine!”);

6) apocalissi culturali. “La scuola calcio insegna più cose del liceo, anzi no dell’università: mio figlio diventerà ricchissimo dando calci”, “i magistrati sono tutti ingiusti”, “chi ruba fa bene”, “non c’è più religione”, “finiremo come a Roma antica, dov’erano tutti fxxxi”, “l’Europa sta per finire…);

7) apocalissi politiche (“Donald Trump distruggerà il mondo!”, “Joe Biden distruggerà il mondo”, “Volodymyr Zelensky distruggerà il mondo!”, “io non voto più”, “Vladimir Putin è stato aggredito dall’Ucraina”, “il Pd è un presidio del pluralismo e della democrazia”, “i Cinque Stelle hanno salvato l’economia”.

Sono apocalissi luogocomuniste e banali, spesso, assorbite e diffuse da famiglie tanto diverse, eppure così uguali, a quella di Miseria e nobiltà, il film con Totò, solo che miseria e nobiltà non sono reali ma metaforiche, artificiali. Siamo soffocati da troppi problemi, ognuno dei quali viene esasperato e ingigantito fino all’eccesso, perché i media e gli operatori dell’informazione cercano il massimo di copie e click, e la gente è attratta dal sangue più degli squali nel porto di Pearl Harbour dopo l’attacco giapponese. Peccato che l’eccesso di informazione equivalga a zero informazione. Io stesso aggiro il tg serale, vedendo per l’ennesima volta The Big bang Theory: e chi ce la fa a mangiare mentre scorrono dichiarazioni di Dmitry Medvedev sulla bomba atomica?

Nelle apocalissi religiose, un genere ricorrente nella Bibbia cristiana, c’era una naturalezza che il mondo virtuale-artificiale non può più avere. L’etica dominava il discorso: il Faraone non veniva colpito a caso da un maremoto, ma perché aveva ostacolato il piano divino per un popolo oppresso. Le apocalissi erano infinite, e colpivano non categorie etnico-culturali come i “non ebrei” o i “non cristiani”, ma i malvagi, gli oppressori, i violenti, i falsificatori. La fede nella natura divina della vita e nella extraterritorialità della “vita extensa” dal suo percorso biologico dava un valore positivo a ogni apocalisse, con una procedura di giustizia continua. A ogni condanna seguiva una pena, mentre l’assoluzione non implicava soltanto la libertà, ma anche un “premio”. Dio provvedeva ai limiti umani: “Cessate di confidarvi nell’uomo, nelle cui narici non c’è che un soffio. Che vantaggio ne potete avere?” (Isaia 2:22).

Ma un erede di quella “setta eretica cristiana che è il marxismo-leninismo”, come mi disse Gianni Baget Bozzo in una conversazione, non ha una escatologia né una vita più ampia. Per lui le apocalissi sono fascinazione dell’horror. Non c’è resurrezione dei buoni, ma c’è l’artificio narrativo e paganeggiante del morto vivente, il voodoo coi suoi zombie e insieme l’oracolo dell’intelligenza artificiale. Ciò intriga, ma resta falso come una religione ad usum delphini.

Immagino che un ebreo ortodosso possa leggere come attualissimi versi come: “Non ti rallegrare, o Filistia (Palestina deriva da Filistia, ndr), perché la verga che ti colpiva è spezzata! Giacché dalla radice del serpente uscirà un basilisco, e il suo frutto sarà un serpente ardente e volante” (Isaia 3:29).

Immagini che oggi rimandano a guerre con aerei e missili… Le apocalissi sono sempre materia delicata. Israele invece – dopo aver superato le sue pene – “fiorirà e germoglierà, e coprirà di frutta la faccia del mondo”. Agricoltura israelita anche litteram? Non solo: “Il frutto della giustizia sarà la pace, e l’effetto della giustizia, tranquillità e sicurezza per sempre” (Isaia 32:17).

Un verso utile all’attuale leader israeliano Benjamin Netanyahu, come ai pacifisti cristiani o quelli rosso-bruni che sulla guerra contro l’Ucraina danno ragione al leone che sbrana la pecora, mentre altrove parlano sempre e solo in difesa delle pecore. Quando ho chiesto all’intelligenza artificiali Gpt-4 chi potrà vincere la guerra in Ucraina, la risposta è stata corretta: “Non posso prevedere il futuro”. Poi ho chiesto se e quando l’auto elettrica sostituirà quelle tradizionali. La risposta è stata più o meno: il motore elettrico sostituirà quello endotermico, ma non so dire quando. Risposta cerchiobottista.

Allora forse la risposta a ogni quesito resta quella di Eugenio Montale: “Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”.


di Paolo Della Sala