Radio Radicale cambia direttore

Una giornalista che ha raccontato per anni le vicende parlamentari di Camera e Senato prende la guida di Radio Radicale, la testata fondata nel 1975 dal leader Marco Pannella e dai suoi amici del Partito radicale. Per Giovanna Reanda si tratta di prendere le redini di un giornalismo che si occupa in prevalenza dei lavori parlamentari per i quali prende i soldi pubblici per pagare i dipendenti e assicurare la continuità delle trasmissioni. Oltre la cronaca di Montecitorio e Palazzo Madama, Radio Radicale trasmette in diretta i lavori dei congressi dei partiti, di processi che richiamano l’attenzione dell’opinione pubblica, la rassegna stampa dei giornali, interviste a politici, esponenti dell’economia e della cultura. Ultimamente sono state organizzate trasmissioni per le comunità di immigrati in Italia. In sostanza, si vanta di essere un organo d’informazione di “servizio pubblico”. Lascia la direzione Alessio Falconio, 53 anni, che approda al Tg5 di Clemente Mimun, con un incarico nella redazione politica. Per lui in realtà non si tratta di una nuova avventura, anche se dopo trent’anni di radio passa alla televisione.

Gli viene dato il merito di aver portato avanti un giornale dopo la direzione di Massimo Bordin, morto nel 2019, la cui indipendenza di valutazioni lo avevano indotto a dare le dimissioni dopo un litigio con Marco Pannella. Due personaggi considerati “fumantini” le cui critiche non risparmiavano nessuno sulla base di argomentazioni di grande profilo culturale e politico. Il contrasto con il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo prima e di Giuseppe Conte poi sulla convenzione con lo Stato come riconoscimento di servizio pubblico fu molto aspro: dal 1994 riceve circa 8,5 milioni per le trasmissioni parlamentari e 4,4 milioni per il contributo dell’editoria. Di quella fase fu partecipe anche Giovanna Reanda che conosceva bene le problematiche e le vicende della radio essendo a contatto giornaliero con deputati e senatori. I dieci anni della direzione di Falconio sono stati difficili per il mondo dell’editoria e per tutti gli operatori del settore.

I disagi dei giornalisti italiani sono stati al centro di un’assemblea del Messaggero (che in questo periodo sta festeggiando i 145 anni di vita) nella quale è stata lanciata l’iniziativa di rinnovare con urgenza il contratto di lavoro scaduto ormai da quasi 8 anni. Fnsi e Fieg firmarono le norme economiche e regolamentari per il periodo 2013-2016 con un anno di ritardo ma l’ultimo adeguamento dei salari risale al giugno 2012.

Un assurdo nelle relazioni industriali considerando che, per circa un decennio, l’inflazione si era mantenuta intorno alla zero e quindi le retribuzioni non subivano una erosione. Cosa che invece si è verificata negli ultimi due anni quando, stando ai dati Istat, l’inflazione ha superato il 10 per cento e quindi la svalutazione retributiva è diventata pesante. Sempre secondo i dati Istat il potere d’acquisto dei dipendenti italiani ha toccato il 20 per cento. È stato, quindi, calcolato che per recuperare il tasso di svalutazione il minimo contrattuale del redattore ordinario con più di 30 mesi di anzianità dovrebbe salire di oltre 400 euro. Il rinnovo, per lo meno della parte economica, non è più procrastinabile. Il Cdr del Messaggero ha invitato i Comitati di redazione delle altre testate della carta stampata, della tivù, delle agenzie e delle radio a chiedere ai vertici della Federazione nazionale della stampa l’apertura di un negoziato, in tempi brevi, con la Federazione degli editori, i quali invece continuano a operare tagli di organici e prepensionamenti.

Aggiornato il 18 gennaio 2024 alle ore 12:17