Acca Larenzia, tre omicidi senza colpevoli

Lui, Valerio Cutonilli, avvocato romano, a distanza di quarantaquattro anni, continua a cercare la verità. Non è in grande compagnia, poiché il duplice omicidio di Acca Larenzia sembra essere uno di quelli “di seconda serie”, in cui le vittime hanno un “valore” diverso rispetto ad altra.

In questa intervista parliamo con l’avvocato Valerio Cutonilli di quel duplice omicidio, del suo libro “Chi sparò ad Acca Larenzia” e della necessità, terribilmente attuale, di cercare ancora responsabili e verità.

Avvocato Cutonilli, grazie di aver accettato di rilasciare questa intervista a L’Opinione. Perché, a distanza di quarantasei anni, non si è arrivati ai responsabili del duplice omicidio di Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta del 7 gennaio 1978?

Durante gli Anni di piombo venne commesso un numero particolarmente elevato di omicidi di natura politica. Vi furono inchieste zelanti, altre meno intense. Quelle riguardanti la “mattanza” a Roma di ragazzi di opposta ideologia appartengono quasi tutte alla seconda categoria. Nel caso dell’eccidio di via Acca Larenzia, inoltre, vi un altro elemento sfavorevole. La prima indagine, che peraltro partì nella giusta direzione, si fermò molto presto. Due mesi dopo l’attentato del Tuscolano fu rapito Aldo Moro. Nel paese scattò l’allarme generale. Le energie investigative si concentrarono tutte sul sequestro del presidente della Democrazia cristiana. Probabilmente l’esito fallimentare delle inchieste è dovuto anche ad altri fattori. Ma possiamo fermarci qui.

Ci racconta la storia singolare dell’arma utilizzata per il duplice omicidio: la mitraglietta Skorpion?

Si tratta di una delle armi utilizzate nell’eccidio. Era di fabbricazione cecoslovacca e poteva essere trasformata da pistola in mitragliatrice. Fu acquistata dal noto cantante Jimmy Fontana nel 1971 a Sanremo. Ma nel 1977 l’arma scomparve nel nulla. Fontana sostenne di averla venduta al commissario di pubblica sicurezza del Tuscolano, proprio la zona in cui c’era stato l’attentato di via Acca Larenzia. Il poliziotto negò. I due si accusarono a vicenda per molti anni. Le autorità vennero a conoscenza di questi fatti sin dal 1979. Era evidente che uno dei due mentisse. E il bugiardo avrebbe dovuto spiegare come la Skorpion fosse finita nelle mani dei terroristi. Ma non accadde nulla. L’arma intanto continuò a uccidere: nel 1985 il professor Tarantelli; nel 1986 l’ex sindaco di Firenze Conti; nel 1988 il senatore Dc Roberto Ruffilli. Poco dopo fu sequestrata dai carabinieri a Milano, nell’ultimo covo delle Br-Pcc. Nel 1989 i reati connessi alla violazione delle norme sulla cessione delle armi caddero in prescrizione. Fine della storia. Sappiamo che Fontana mantenne sempre la stessa versione, il commissario la mutò parzialmente negando però di aver acquistato l’arma. Nessuno ha pagato per questa vicenda che ricorda un romanzo dell’orrore.

Lei ha scritto il libro “Chi sparò ad Acca Larenzia”, un contributo alla ricerca della verità. Perché un giovane di oggi dovrebbe leggerlo?

Per difendersi dagli irresponsabili che, anche in parlamento, innescano polemiche strumentali e pericolose. All’eccidio di via Acca Larenzia seguì una vendetta contro ragazzi di opposta ideologia. Altre giovani vite furono stroncate. Il bagno di sangue non servì a nulla. Imparare la storia aiuta a non ripetere gli errori del passato.

Il giorno seguente, l’8 gennaio del 1978, viene ucciso un altro giovane. Il Capitano dei Carabinieri che fu imputato è stato assolto. Chi, quindi, fu l’autore del terzo omicidio?

L’ufficiale in realtà non fu neppure rinviato a giudizio. Venne immediatamente scagionato in quanto il colpo di pistola che uccise Stefano Recchioni era di un calibro non in dotazione ai carabinieri. Nel mio libro documento la presenza in piazza di un “provocatore”. Un elemento esterno mai identificato che sparò in aria per innescare la reazione dei militari. Ma non fu lui a uccidere il giovane missino. Per risolvere il giallo, quindi, bisognerebbe partire dal vaglio critico delle perizie balistiche. La soluzione potrebbe trovarsi lì.

Chi oggi cerca ancora la verità sulle responsabilità di quei tre omicidio e perché?

I reati relativi ai primi due omicidi non sono caduti in prescrizione. La magistratura, quindi, ha il potere e la facoltà di ricercare tuttora gli assassini. Personalmente però non credo alla giustizia a scoppio ritardato: 46 anni sono davvero troppi. Credo sia più utile inseguire una verità storica. Priva di faziosità e finalizzata a un sentimento generale di pacificazione che all’Italia gioverebbe molto.

Aggiornato il 29 gennaio 2024 alle ore 15:17