“Repubblica” rivoluziona gli organici della redazione

Vecchia guardia, addio. Sono rimasti in pochi del nucleo raccolto nel gennaio 1976 da Eugenio Scalfari che rimase direttore del giornale “liberal-progressista” per circa venti anni. Le seconda ondata di giornalisti guidati dal 1996 da Ezio Mauro fino al 2003 è andata calando dai circa 400 giornalisti in organico nelle redazioni di Roma, Milano, Genova, Bologna, Firenze, Torino, Napoli, Palermo con corrispondenti a Berlino, Parigi, Bruxelles, Londra, Gerusalemme, Mosca, New York, Pechino. Con il cambio di proprietà (dal gruppo Cir di Carlo De Benedetti alla Gedi di John Elkann, cioè ex Fiat) e di direzione (Maurizio Molinari) gli esodi, i prepensionamenti hanno toccato un terzo degli organici e la tiratura ha subito un crollo vertiginoso passando dalle 780mila copie di tiratura per una diffusione media di 625mila copie (dichiarati dall’editore nel 2004) a poco più di 150mila copie tra cartaceo e digitale a metà 2023.

Pochi giorni fa sul tavolo del direttore romano Maurizio Molinari è stato depositato un complesso accordo sindacale raggiunto tra l’azienda e il Comitato di redazione composto da Luca Pagni, Zita Dazzi, Matteo Pucciarelli, Alessandra Ziniti e Francesca Savino. Ci saranno 46 nuovi esodi tra prepensionamenti ed esodi favoriti da incentivi economici. Una assunzione ogni due uscite, fino alla trentunesima e un’assunzione ogni uscita dopo. L’assicurazione è che tutte le assunzioni saranno fatte con contratti giornalistici, con investimenti tecnologici, lieve diminuzione delle pagine di carta e riduzione degli organici dei dorsi locali. Al raggiungimento dei 62 anni dei giornalisti con più anni di servizio Repubblica cambierà volto ed entreranno molti degli attuali collaboratori. Fino al dicembre 2025 sarà prorogata l’attuale regolamentazione dello smart working prevista nell’accordo del 6 dicembre 2021.

Novità anche al Secolo XIX e all’Agenzia Agi. I giornalisti dello storico quotidiano di Genova sono entrati in sciopero per protesta, dopo che l’assemblea aveva votato un pacchetto di cinque giorni di astensione. I motivi vanno dalla mancata presentazione della Gedi del piano di investimenti sia per il settore cartaceo che quello digitale alla mancanza di notizie sulle voci di vendita. Nonostante le reiterate e formali richieste di chiarimenti, i vertici aziendali non hanno fornito alcuna risposta. Sulle preoccupazioni allarmanti della redazione è intervenuta anche la segretaria generale della Fnsi Alessandra Costante, secondo la quale il giornale merita di essere gestito da editori che garantiscano pluralismo e solidità economica. Cinque giorni di sciopero proclamati anche all’Agenzia Agi a seguito della mancata risposta da parte della proprietà Eni sul futuro assetto proprietario al fine di garantire i livelli occupazionali, l’indipendenza e l’autonomia dell’agenzia di stampa, conquistata in 70 anni di attività. Il Comitato di redazione ha sottolineato che le insistenti notizie sulla possibile vendita alla famiglia di Antonio Angelucci (proprietaria di Libero diretto da Mario Sechi; Il Tempo, con il nuovo direttore Tommaso Cerno; il Giornale guidato da Alessandro Sallusti) arrivano a poche settimane dalla firma dell’accordo Cdr-Fnsi-azienda di un piano strategico 2024-27 volto a implementare la strategia di trasformazione in una news company. Acque agitate anche al Tg3 per la situazione allarmante che si sta registrando a Rai 3 per “identità snaturata e indebolita e calo di ascolti che dispiega i suoi effetti negativi anche su alcune edizione del Tg3, precedute da programmi che fanno ascolti molto bassi”. Serve un cambio di passo urgente, chiedono i redattori guidati da Mario Orfeo.

Aggiornato il 26 marzo 2024 alle ore 14:32