Euro 5, gasolio, elettrico: cambiamo la classificazione

Per il bene del traffico e dell’ambiente

E se parte della soluzione di problemi di inquinamento e mobilità, ma anche dell’industria italiana specialmente al sud, passasse per la Dr Motors con la 1.0 Ev? Prendiamo in considerazione Roma osservando la distribuzione del parco automobilistico circolante pubblicato dall’Aci (Tabella 1). Le auto a gasolio omologate Euro 0, Euro 1, Euro 2, Euro 3, Euro 4, cioè quelle con il motore più inquinante, sono presenti rispettivamente circa per l’1,29 per cento, lo 0,23 per cento, lo 0,81 per cento, il 2,95 per cento. Quindi, ogni mille auto circolanti, 13 sono a gasolio Euro 0, 2 sono a gasolio Euro 1, 8 sono a gasolio Euro 2 e 3 sono a gasolio Euro 4.

Quelle alimentate a benzina hanno percentuali diverse: sono per le Euro 0, Euro 1, Euro 2, Euro 3 ed Euro 4 rispettivamente il 7,26 per cento, l’1,33 per cento, il 3,27 per cento, il 3,34 per cento e il 10,58 per cento. Quindi, ogni mille autovetture 73 sono a benzina Euro 0, 13 sono a benzina Euro 1, 33 sono a benzina Euro 2, 33 sono a benzina Euro 3 e 110 sono a benzina Euro 4.

Leggendo questi dati si nota che, almeno nella Capitale, il vecchio parco auto è numericamente poco presente ma è, ancora meno incidente sulla produzione di Pm10 e NOx presupponendo una percorrenza di esso inferiore rispetto alle auto Euro 6 e nei prossimi anni sarà ancora meno presente. A rafforzare l’idea che le vecchie auto abbiano percorrenze chilometriche annue inferiori rispetto alle recenti Euro 6, giova ricordare che le prime auto Euro 6 sono state immesse sul mercato il 1° settembre 2015 (quasi 9 anni fa) e che l’ultima Euro 4 è stata venduta il 31 dicembre 2010 (14 anni fa). Quindi, probabilmente le Euro 4 o precedenti sono più appannaggio di anziani o meno abbienti, oppure tenute come seconda o terza auto di famiglia o comunque da persone che percorrono pochi chilometri l’anno. Inoltre, queste auto, più che essere sorgenti di inquinamento, sono occupatrici di suolo pubblico, sostando spesso in strada. Allora, sulla base di queste considerazioni, propongo alcuni spunti di riflessione:

1) Perchè bloccare una flotta, per esempio Euro 0, se non sappiamo effettivamente quanto incide in percentuale sulla concentrazione di Pm10 registrata dall’Arpa, considerando che è numericamente esigua e che percorre pochi chilometri l’anno?

2) Perché bloccare la flotta a gasolio Euro 2 che incide a Roma per circa 2 auto ogni mille auto circolanti (anche qui in quale percentuale la flotta Euro 2 a gasolio incide sui valori di concentrazione registrati dall’Arpa)?

3) Considerando che la quantità di Pm10 emessa per abrasione pneumatici/asfalto è maggiore di quella da motori Euro 4 ed a maggior ragione Euro 5 ed Euro 6, perché continuiamo a considerare:

a) la classificazione Euro x (Euro 0 o Euro 1 o Euro 2, fino ad Euro 6) come faro per la riduzione dell’inquinamento urbano?

b) l’alimentazione come fattore rilevante per l’inquinamento (benzina, gasolio, energia elettrica)?

Certo, una decina di anni fa la situazione era molto diversa e conseguentemente le strategie di mitigazione dell’inquinamento dovevano giustamente essere diverse. Non solo: sottolineo che non si deve tornare indietro. Anzi è doveroso continuare l’aggiornamento del parco auto, stimolando la sostituzione con il nuovo, per chi se lo può permettere, o con un usato più recente per i meno abbienti o per i meno interessati alla moda dell’auto o per coloro che la usano poco o comunque per loro libera scelta. Perché si deve stimolare la sostituzione, non per il valore medio di Pm10 che, per lo meno a Roma, cambierebbe poco ma, perché comunque quando si capita dietro ad una vecchia auto o furgoncino a gasolio l’inquinamento momentaneo ma molto tossico e fastidioso si sente forte. Ma poi anche per il rumore: troppo spesso l’inquinamento acustico si esclude dai ragionamenti ma, quando non c’è si apprezza molto.

Ma qual è l’auto ideale per la città considerando che occorre anche fluidificare il traffico? La risposta è semplice: le city car (lunghe fino a 3,7 metri) o le keicar giapponesi. Anche con alimentazione indifferente (benzina, gasolio o elettrica). Il traffico è anche presente, perché le auto sono molto più ingombranti rispetto a quando sono state progettate le strade che ora sono spessissimo strette, molto strette. Non solo, anche l’asfalto è soggetto a carichi pesanti e frequenti, che sono forieri di usura, di buche e di inquinamento (gli attuali Suv pesano come i camioncini degli anni Ottanta).

Allora ecco che, per stimolare un dibattito, propongo alcune idee.

Prima idea. Definire un parametro nuovo per la catalogazione delle auto che potrebbe essere chiamato per esempio I&T (Inquinamento & Traffico) pari alla massa per la lunghezza più la larghezza diviso il numero dei posti auto.

I&T= massa x (lunghezza + larghezza)1000 x numero posti

1) La massa è cruciale per la dimensione e l’abrasione pneumatico/asfalto.

2) La lunghezza è cruciale perché incide sull’uso della strada (ricordo che la portata di una strada dipende anche dalla lunghezza dei veicoli) e sull’uso parcheggi in linea.

3) La larghezza è cruciale per i rallentamenti e gli intasamenti fino ad arrivare ai blocchi stradali anche dei flussi contrari.

4) Il numero dei posti è cruciale per esprimere il dato per passeggero.

5) Mille è semplicemente un fattore per aumentare la leggibilità del risultato.

Notare che nel parametro I&T non sono presenti né le emissioni né l’alimentazione del motore (benzina o gasolio o elettrica) perché con gli attuali Euro 6 si è già raggiunto un livello ottimale di Pm10 prodotto soprattutto confrontandolo con altre sorgenti tipiche dell’uso dell’auto: abrasione pneumatici e freni, ri-sospensione. Applicando il parametro I&T alle più comuni city car (fino a 3,7 metri) la molisana Dr 1,0 Ev e la torinese Microlino avrebbero un valore basso perché corte. E perché la prima può ospitare 4 persone (Tabella 2). Su questo nuovo parametro I&T poi si potranno studiare la tassazione, gli incentivi alla sostituzione, i blocchi stradali ma anche i privilegi. Il problema vero è che le auto, almeno a Roma, stanno aumentando quindi è ancora più importante l’indice I&T (Tabella 3). Le strade non sono discariche!

Concludo con il tema industriale e occupazionale. È un vero peccato che l’Italia stia perdendo sempre più velocemente il patrimonio scientifico, culturale, estetico, progettuale, che è sempre stata un’eccellenza italiana, legato al mondo dell’auto. Mi riferisco alle professionalità dirette dell’industria ma anche dell’indotto e della componentistica. Occorre incrementare la competitività, investendo in sistemi avanzati di formazione professionale, logistica, informatica, e tanto altro. La molisana Dr Motor è un’eccellenza del Sud da valorizzare.

Aggiornato il 04 aprile 2024 alle ore 11:24