Aumentano i disturbi giovanili, diminuiscono i fondi: l’inchiesta della Uil Lazio

La fotografia scatta un’immagine su cui riflettere. Dove c’è il mondo virtuale che prende il sopravvento su quello reale. Un mondo reale che, comunque, non può essere nascosto sotto il tappeto: crescono le dipendenze da alcol, cannabis, videogiochi. Ma anche i disturbi del comportamento alimentare (in primis l’anoressia), gli episodi di cutting (autolesonismo), i tentati suicidi. E salgono del 45 per cento gli accessi ai pronti soccorso per cause neuropsichiatriche tra gli under 25. Di questo – e altro – ne parla la Uil Lazio, nell’inchiesta sui disturbi giovanili condotta tra gli istituti scolastici superiori insieme ai Dipartimenti di Neuropsichiatria degli ospedali e delle Asl sia della Capitale che della regione. Uno stato dell’arte che aumenta la sua incidenza con l’isolamento della Dad (Didattica a distanza) e il Covid. Ma, di contro, c’è un calo dei fondi. O meglio: dei finanziamenti e delle strutture di cura della salute mentale. Succede, così, che molti pazienti rischiano di essere abbandonati al loro destino. Nella Città eterna, ad esempio, i reparti di Neuropsichiatria infantile con degenza li troviamo al Bambino Gesù e al Policlinico Umberto I. Numericamente, parliamo di 20 posti letto, a cui si sommano altri 2-3 presenti al Policlinico di Tor Vergata e altri 40 posti in due cliniche convenzionate. Visto che è la somma a fare il totale, ci sono 60 posti letto per venire incontro al fabbisogno del Lazio. E, talvolta, di altre regioni, in particolar modo del centro-sud.

Bruno Spinetoli, dirigente del Tsmree (Servizio tutela Salute mentale e Riabilitazione età evolutiva) della Asl Roma 1, spiega: “La salute mentale è quasi un branca fantasma della sanità”. Un po’ come, dice, un’anagrafe indiana “dove molti nuovi nati non vengono iscritti ed è come se non esistessero”. Per l’appunto, viene indicato in una nota della Uil Lazio, non è a disposizione un database con all’interno non solo i dati dei pazienti, ma pure i farmaci assunti e le patologie più diffuse. Non c’è un dato locale. Ciò significa due cose: la prima è che diventa difficile fare una previsione dei finanziamenti necessari, la seconda è che lo stanziamento in essere rischia seriamente di essere sottostimato.

Alberto Civica, segretario generale della Uil Lazio, parla di “situazione allarmante”. A seguire, rivela i motivi alla base di questa inchiesta: “Ci siamo resi conto di quanto il fenomeno sia sottovalutato a livello politico. E, andando avanti, abbiamo visto che la situazione è ancora peggio di quanto pensassimo. La mancanza, ad esempio, di informatizzazione rappresenta un handicap grave nella cura e nella prevenzione e non permette una visione oggettiva dello stato delle cose. Ancora peggio, se consideriamo la carenza di strutture e personale che si traduce purtroppo in mancata assistenza. A volte anche in casi gravi e con numeri fortemente in crescita”.

Così, come raccontato da Stefano Vicari, primario della Neuropsichiatria del Bambino Gesù interpellato dal sindacato, abbiamo dei ragazzi che dormono con il cellulare sotto il cuscino “per riuscire a rimanere aggiornati su eventuali notifiche anche durante la notte”. Il che si traduce nel fatto di non riuscire a riposare in maniera adeguata. Ma, parallelamente, anche l’aver sviluppato “una vera e propria dipendenza, pericolosa quanto droga e alcool. Non è un caso che l’aumento degli accessi in Neuropsichiatria – ricorda Vicari – sia cominciato sin dal 2013, anno in cui i prezzi dei telefonini sono cominciati a scendere, divenendo quasi alla portata di tutti. Poi il Covid ha fatto ulteriormente schizzare la curva in alto. Covid che ha significato isolamento, quindi maggiore tempo trascorso tra virtuale e telefonini”.

“Nella sola Asl Roma 1 nel 2022 ad esempio gli accessi al Dipartimento di Salute mentale under diciotto hanno coinvolto 9.700 ragazzi. Un dato che negli ultimi tre anni ha registrato un aumento di circa il 40 per cento già soltanto negli accessi al pronto soccorso della regione, con un incremento significativamente superiore a quello nazionale (+24,2 per cento per la fascia 18-24 e +3,3 per cento tra i 25-34enni)”. Non solo: “Si supera il 45 per cento se si considerano invece gli accessi dei 18-25enni nel 2022 rispetto al 2019”. Alcune delle cause più frequenti sono: dis-regolazione emotiva, sindromi nevrotiche, depressione, disturbi alimentari, dipendenze di vario tipo. E lievitano “le dipendenze da cannabis, alcool e cocaina e il cyberbullismo con effetti anche nefasti. Un discorso a parte merita, infatti, il mondo virtuale che ha spesso indirettamente contribuito all’incremento dei disturbi e delle dipendenze, perché – spiegano i dirigenti della Asl Roma 1 – spesso l’adolescenza perde la percezione del proprio corpo, identificandosi con quello del gioco e di conseguenza non valuta ciò che può derivare da alcuni comportamenti patologici. Ed è proprio la dipendenza da telefonino una delle patologie più diffuse”.

IL COVID

C’è poi il tema del Covid. Gli specialisti interpellati sostengono la stessa cosa. Ovvero l’incremento di patologie psichiatriche con la pandemia. E l’avvento di altre nuove, come la sindrome da Hikikomori, cioè “l’isolamento volontario tra le mura della propria camera e il mancato contatto con il mondo esterno. Isolamento che, secondo Giuseppe Ducci, dirigente del Dipartimento di Salute mentale della Asl Roma1, sarebbe provocato anche da una causa organica originata proprio dal cosiddetto long Covid”. Quindi: la mancata relazione con l’esterno, dipesa pure da una incapacità sia della famiglia che della scuola di affrontare in maniera adeguata questi fenomeni, “ha portato allo sviluppo di patologie sempre più eterogenee e spesso difficilmente classificabili secondo la metodica classica e quindi più difficilmente diagnosticabili e curabili”. Con la postilla: “Uno spaccato preoccupante di cui la politica sembra però disinteressarsi. Non solo manca un sistema informatico centralizzato che possa permettere l’individuazione dei disturbi e delle patologie più diffusi o gli accessi nelle apposite strutture ma – da quanto riferito unanimemente – sembra mancare un interesse per il settore. Disinteresse che si traduce in carenza di fondi e di risorse umane”. Pertanto, non ci sono medici, infermieri e operatori sanitari nel settore. “Il numero di medici specializzati nella diagnosi e cura delle patologie psichiatriche dei minori che lavorano nel pubblico si attesta infatti a 3,1 per 100mila abitanti”.

LA SPESA PER GLI PSICOFARMACI

C’è un picco pure alla voce della spesa per gli psicofarmaci erogati nella regione. La stima è che oltre un milione e mezzo di cittadini laziali faccia uso di antidepressivi, stabilizzanti dell’umore, calmanti, litio. “Dal 2019 al 2022 la spesa lorda totale per gli psicofarmaci erogati nella regione Lazio è passata da 45 milioni a 46,5. A impattare di più sui costi sono gli antidepressivi che nel solo 2022 hanno comportato per il sistema sanitario nazionale un costo di 37 milioni di euro (+4,9 per cento rispetto al 2019), seguiti dagli antipsicotici e dal litio in aumento del 19 per cento. Un discorso a parte merita l’uso degli psicofarmaci nei centri per il rimpatrio dove, secondo lo psichiatra Giuseppe Galdi, si ha un abuso di utilizzo. Cosa che produce dopo veri e propri problemi di violenza e ordine pubblico, causati dall’improvvisa sospensione e quindi dalle conseguenti crisi di astinenza dal farmaco”.

In conclusione, Civica ammette: “Come sindacato andremo avanti in quest’analisi e ci appelliamo sin d’ora alla Regione perché si attivi immediatamente nell’individuazione di soluzioni che possano portare a un reale miglioramento della situazione. Vanno bene i tavoli e gli incontri che sappiamo sono stati comunque effettuati, ma rimangono sterili se poi non si procede con azioni concrete. E concretezza significa informatizzare e mettere in rete i dati, assumere più personale medico ed infermieristico adeguato, significa creare nuovi posti letto per la degenza, sia in emergenza, sia nel post acuzie dove, a detta dei medici interpellati, regna un sistema molto poco trasparente negli accessi, che pare non siano controllati e non si basino sulla gravità della patologia o del rischio”.

Aggiornato il 18 aprile 2024 alle ore 15:57