Stampa e potere: quando il cane da guardia non morde

Le risultanze dell’Indice annuale prodotto da Reporter senza frontiere sulla libertà di stampa in tutto il mondo

“La libertà di stampa in tutto il mondo è minacciata proprio da coloro che dovrebbero esserne garanti: le autorità politiche”, è l’allarme che Reporter senza frontiere (Rfs), l’organizzazione non governativa internazionale nata nel 1985, con sede a Parigi, riconosciuta dall’Onu, ha lanciato con l’Indice mondiale sulla libertà di stampa 2024. Lo stesso è stato reso noto alcuni giorni orsono, in occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa, la ricorrenza che intende richiamare l’attenzione sull’importanza di un’informazione libera e indipendente. Il report, che riporta la classifica dei vari Paesi riguardo la situazione di ognuno in ordine alla libertà di stampa, ha pure messo in evidenza che un numero crescente di Governi e autorità politiche “non stanno adempiendo al proprio ruolo di garanti del miglior ambiente possibile per il giornalismo e del diritto del pubblico a ricevere notizie e informazioni affidabili, indipendenti e diversificate”, e che “molti Governi hanno intensificato il controllo sui social media e su Internet, limitando l’accesso, bloccando gli account e sopprimendo i messaggi che trasportano notizie e informazioni”. Con una segnalazione relativa a “un preoccupante calo del sostegno e del rispetto per l’autonomia dei media e un aumento della pressione da parte dello Stato o di altri attori politici”.

Nell’Indice 2024, il quale come sottolineato dalla medesima organizzazione, concerne esclusivamente la libertà di stampa e non misura in alcun modo la qualità del giornalismo, la Norvegia ha mantenuto la sua posizione in cima alla classifica, confermandosi come il Paese in cui il giornalismo risulta essere più libero e autonomo, seguita da Danimarca e Svezia. L’Eritrea è scesa invece all’ultima posizione, in quanto ha mostrato di essere il Paese in cui la libertà di stampa è maggiormente minacciata, superando così la Corea del Nord. L’Afghanistan (178°, al terzultimo posto), nel quale i giornalisti vengono incessantemente perseguitati, e la Siria (179° posto, penultimo) figurano tra coloro che hanno patito cali significativi. Nel rapporto Rsf, la regione del Maghreb-Medioriente è quella in cui si è registrata la peggiore condizione, seguita dalla regione Asia-Pacifico, dove il giornalismo è soffocato dai Governi autoritari, e l’Africa. Una situazione grave è anche quella della Russia (collocata al 162° posto), dove quasi tutti i media indipendenti sono stati banditi, dichiarati “organizzazioni sgradite” o sottoposti alla censura militare. Per quanto riguarda l’Italia, nel 2024 è scesa di 5 posizioni rispetto all’anno precedente. Attualmente si trova al 46° posto su 180. Un arretramento considerevole rispetto al 2023, quando aveva recuperato 17 posizioni relativamente all’anno precedente, che era posizionato al 58° posto. Da segnalare, comunque, che l’Europa è stata l’unica regione a includere Paesi classificati come “buoni”, con la peggiore posizione assegnata alla Grecia (88° posto), dietro a Ungheria e Polonia: sul Paese ellenico ha pesato l’incapacità di gestire lo scandalo relativo alle intercettazioni dei giornalisti da parte dei servizi segreti e l’omicidio del veterano di cronaca nera Giōrgos Karaivaz nel 2021.

I rilievi formulati da Reporter senza frontiere, con il richiamato rapporto, e i riscontri ivi contenuti, che si aggiungano ad altri similari degli anni scorsi, non devono essere affatto sottovalutati. Essi vanno adeguatamente esaminati e tenuti in grande considerazione, posto che, nel delicato equilibrio tra i poteri che si esprimono all’interno di uno Stato di diritto, fondato sui principi di una democrazia liberale, la libertà di comunicazione e, al suo interno, la libertà di informazione, non rappresenta un accessorio bensì un presupposto indispensabile, tant’è che per Edmund Burke costituiva il “Quarto potere”: “Tre Stati nel Parlamento; ma laggiù nella galleria dei giornalisti, risiede un Quarto Stato molto più importante rispetto a tutti gli altri”. Dove manca questa libertà, o dove essa è variamente condizionata e limitata, non sussistono le condizioni di una reale democrazia liberale, la quale, per essere tale, deve fondarsi non soltanto su un bilanciamento dei poteri, ma anche sulla possibilità da parte dei cittadini di controllarne l’esercizio. Ecco perché nella società contemporanea il sistema di comunicazione gioca un ruolo decisivo; in essa la libertà di informazione non soltanto è importante ma è il presupposto, la condizione essenziale senza la quale non può esistere la libertà né la democrazia. “La libertà di stampa è pura illusione quando il Governo possiede e gestisce tutte le cartiere, le tipografie e le case editrici, e decide in ultima istanza cosa debba o non debba venir stampato”, ha scritto Ludwig von Mises, che ha pure affermato: “Una stampa libera può esistere solo laddove esiste la proprietà privata dei mezzi di produzione. In una repubblica socialista, dove tutte le risorse e i macchinari di stampa sono di proprietà del Governo, e vengono da esso utilizzati, la questione di una stampa libera non si pone nemmeno. Solo il Governo determina chi dovrà avere il tempo e l’opportunità di scrivere e ciò che può essere stampa e pubblicato”.

Alla luce di quanto prima dedotto è pertanto evidente che unicamente l’esistenza di un sistema di informazione pluralista e indipendente può assicurare la realizzazione di questa condizione, ed è per questa ragione che sempre tutti i poteri politici, economici e religiosi hanno cercato di interferire sulla libertà di informazione impedendo ai mezzi di comunicazione di esercitare quelle funzioni di controllo che rendono credibili e legittime le democrazie e consentono l’esercizio della libertà individuale di scelta, con la consapevolezza della correlata responsabilità. Le più complesse dottrine politiche e istituzionali, le più raffinate analisi di teoria economica, diventano inutili se non si affida alla pubblica opinione il compito di verificarne la congruità dei risultati in rapporto alle previsioni su cui hanno chiesto il consenso elettorale; ciò è impossibile se i cittadini che costituiscono l’opinione pubblica non posseggono le informazioni necessarie per valersi del loro diritto di controllo sull’esercizio del potere. In proposito, George Mason, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti, ha sottolineato: “La libertà di stampa è uno dei baluardi della libertà e non può mai essere limitata se non da Governi dispotici”. Dello stesso avviso anche Samuel Adams, politico e filosofo, anche tra i padri fondatori degli States, il quale dichiarato: “Non c’è niente di così irritante e vessatorio, niente di così terribile per i tiranni… come una stampa libera”.

Anche in passato la comunicazione, e in particolare l’informazione, hanno sempre rappresentato un momento essenziale dell’esistenza umana. E di tutto ciò si traggono riscontri dal fatto che i primi giornali (gazzette settimanali o quindicinali), stampati in genere ogni venti giorni circa, a opera di funzionari della Corte o del Governo, abbiano fatto il loro ingresso in società agli albori del Seicento ad Anversa, Augusta, Strasburgo e, successivamente, ad Amsterdam, Parigi, Vienna, Londra. In Italia, essi hanno visto la luce tra il 1636 e il 1639 a Firenze e a Genova, poi a Venezia e a Roma. In genere avevano breve durata, qualche anno, più spesso qualche mese, ed erano sottoposti a censura preventiva. Soprattutto in luoghi come lo Stato pontificio, il quale operava un severo controllo su ogni pubblicazione attraverso la censura preventiva e “l’indice”. Nel 1631, in Francia è stata pubblicata La Gazette, che per la prima volta ha inserito nelle sue pagine anche gli annunci commerciali. Bisognerà aspettare però il 1660 per registrare la nascita del primo quotidiano della storia, a Lipsia, con: “Notizie fresche degli affari della guerra e del mondo”, che poi diventerà Leipziger Zeitung.

La pietra miliare nel cammino verso la libertà di informazione è considerato il saggio Areopagitica, scritto da John Milton nel 1644, per sostenere il diritto alla libertà di parola e a protestare davanti al Parlamento contro l’istituzione della censura sulla stampa. Il suo titolo deriva dal discorso scritto da Isocrate nel 355 avanti Cristo ad Atene a sostegno del ritorno del potere al Consiglio dell’Areopago. In modo parallelo, il ritorno del potere al popolo per Milton sarebbe stato prodotto dalla rimozione dell’Imprimatur governativo e dell’obbligo di una licenza per le opere pubblicate. Viceversa, spetta alla Svezia il primato della prima legge sulla libertà di stampa, adottata dal locale Parlamento il 2 dicembre 1766. Per il filosofo liberale e parlamentare finlandese Anders Chydenius rappresenta “uno dei baluardi più forti di una libera organizzazione dello Stato”. Senza la libertà di stampa “l’educazione e la buona condotta sarebbero distrutte. Nei pensieri, nei discorsi e nei comportamenti prevarrebbe la grossolanità e la penombra oscurerebbe l’intero cielo della nostra libertà in pochi anni”.

Aggiornato il 07 maggio 2024 alle ore 13:30