Ritratti. Lo sfogo di Maldini

Quanti sono sei mesi in confronto all’eternità? Niente. Ma possono pesare come un macigno. Se l’infinito ha le sembianze di una maglia rossonera, con alle spalle un numero 3. Paolo Maldini ha svuotato un sacco pieno di sassolini. E lo ha fatto in una lunga intervista apparsa su Repubblica. Un momento, quello della sua verità, che prima o poi doveva arrivare. L’ex difensore non aveva intenzione di parlare di pancia. Ha aspettato l’occasione giusta, in sintonia proprio con quel tempismo che lo ha contraddistinto quando calcava i campi di calcio. Una vita da capitano, cinque anni da dirigente, poi il benservito con un comunicato. Era arrivata così l’occasione per fare chiarezza.

Maldini ha spiegato che “ci sono persone di passaggio, senza un reale rispetto di identità e storia del Milan. E ce ne sono altre legate ai suoi ideali. Converrebbe tenersele strette”. L’amore per il Diavolo, ha confermato, rimarrà incondizionato. Mentre sul presidente Paolo Scaroni ha osservato: “Il Milan merita un presidente che ne faccia solo gli interessi e dirigenti che non lascino la squadra sola. Scaroni non ha mai chiesto se serviva incoraggiamento a giocatori e gruppo di lavoro. L’ho visto spesso andare via quando gli avversari pareggiavano o passavano in vantaggio, magari solo per non trovare traffico, ma puntualissimo in prima fila per lo scudetto”. Non solo: “Posso dire lo stesso anche rispetto ai due ceo, Gazidis e Furlani”.

“Cardinale mi disse che io e Massara eravamo licenziati. Gli chiesi perché e lui mi parlò di cattivi rapporti con l’ad Furlani. Allora io gli dissi: ti ho mai chiamato per lamentarmi di lui? Mai. Ci fu anche una sua battuta sulla semifinale persa con l’Inter, ma le motivazioni mi sembrarono un tantino deboli. Le cosiddette assumptions, gli obiettivi stagionali, erano: ipotizzando l’eliminazione dalla Champions, un turno passato in Europa League e la qualificazione alla Champions successiva. Quella semifinale ha portato almeno 70 milioni di introiti in più”. A seguire “su 35 acquisti ci contestano De Ketelaere, che aveva 21 anni. Se si scelgono ragazzi di quell’età, la percentuale d’insuccesso è più alta. Vanno aspettati, aiutati. Dopo tre mesi di lavoro Boban, Massara e io fummo chiamati a Londra da proprietà e ceo e praticamente delegittimati: i vari Leao, Bennacer e Theo non piacevano”. Infine, spiega che “il budget per la stagione è praticamente raddoppiato: al netto della cessione di Tonali, il monte ingaggi è finalmente in linea col nostro piano, deve essere diventato fonte di ispirazione”. Con la chiosa: “Un legame di 36 anni è troppo forte e resterà per sempre: la storia non si cancella. Dico grazie alla vita e al Milan. Oggi comandate voi, ma per favore rispettate la storia del Milan”.

Aggiornato il 02 dicembre 2023 alle ore 08:45