Europa Aloud,   cantano Costa e Caste

I Cock Robin di Peter Kingsbery spopolarono nell’85 con il rock romantico dell’indimenticabile The Promise You Made. Il ritornello (“ricorda la promessa che hai fatto”) riproponeva il ‘Core ingrato” scritta nel 1911 per Caruso (Nun te scurda ca t'aggio date 'o core) o Na sera 'e maggio (Quanno se dice "Sì", Tienelo a mente! Nun s'ha da fà murì 'Nu core amante). E fin qui la parola era riservata a uomini abbandonati e struggenti di fronte al rifiuto dell’amata. Nel 2008 però il gruppo angloirlandese femminile Girls Aloud con la loro variante di "The Promise", spiegarono perché le promesse fatte perdano senso nel tempo. (Promise I made started to fade). Paradossalmente, le canzoni nostrane e straniere di ieri l’altro, di ieri, di oggi, di sempre, non prendono nemmeno in considerazione il caso dell’uomo, cacciatore, che promette e poi scappa. Forse un mito, una favola di un tempo che fu, almeno in Europa.

Adesso la star politica Silvia Costa, una delle donne più belle in quanto elegante (qualità ormai rarissima) della politica si è voluta cimentare in uno show di promesse (“The promise of European Union”) tra i più difficili in cui esibirsi. Non si è decisa a tale passo in quanto consigliere della Fondazione Donne in Musica. Neppure perché partecipa da sempre, da democristiana, da popolare, da democratica alla Consulta Nazionale sullo Spettacolo. L’ha condotta a tale passo un triplo richiamo di dovere e di coscienza morale: la nomina a presidente della commissione cultura dell’europarlamento, la quasi completa assenza di eventi italiani durante il semestre europeo di presidenza e last but not least, il richiamo d’aiuto della collega democratica Melandri, da un paio d’anni presidente del centro d’arte contemporanea romano Maxxi. Più sfortunata di Silvia, Giovanna è passata dalla politica all’arte ed alla cultura, per finire tra ristrettezze economiche, bufere su opere pedopornografiche e problemi di cartellone. Unica novità recente, la concessione virtuale del museo dell’arte del 21° secolo all’Art Project di Google che gratis sta acquisendo, un poco alla volta, il miglior repertorio italiano, e non solo.

In due mezze giornate con accesso su invito verrà dunque recitato lo spartito “sul significato dell’adesione all’Ue”. Gli organizzatori italiani, Maxxi ospitante, RAI, Formez, MinSviluppoEconomico, nell’imbarazzo, hanno messo in linea i documenti di lavoro confondendo sondaggio e consultazione on line. L’evento dell’12-13 settembre comunqure non presenterà farina del sacco italiano ma i risultati di uno dei tanti sondaggi che Eurobarometro fa dal ’73 da Bruxelles. Eurobarometro ed il suo capo, l’inglese Paulger, non amano citare per esteso il nome della struttura. I sondaggi sono inclusi negli strumenti autogestiti dai cittadini come le petizioni, le iniziative, i premi, Agorà, l’ufficio del mediatore europeo. Presentarsi come Unità “Strategy, Corporate Communication Actions & Eurobarometer” della Direzione Generale Comunicazione dà un tocco eccessivamente autopubblicitario ai dati presentati, che in effetti non mancano di uno spirito Telethon.

Tra l’altro, il nuovo presidente della Commissione Juncker ha appena cancellato con un tratto di penna sia la poltrona di vicepresidente alla comunicazione che il relativo commissario. La comunicazione europea è stata riportata, anche per il budget, a mero servizio della presidenza; un ufficio stampa livellata alla segreteria generale. I media, Euronews, Euranet e l’Osservatorio sull’audiovideo andranno alla DG digitale. Il tema cittadinanza e associazioni andranno alla DG Cultura, il cui commissario, l’ungherese Navracsics ha trovato competenze tagliate da ogni parte, lato formazione, media, archivi, mobilità culturale. I megaprogrammi Europa Creativa, Europeana ed Erasmus vivono di vita propria, come le agenzie Cedefop e l’Etf per la formazione, l’Eacea per l’istruzione, gli audiovisivi e la cultura e l’EIT per l’innovazione. La DG EAC ha perso anche il diritto d’autore, incluso nel nuovo settore del mercato unico digitale. La Costa, comunque, implacabile con la sospetta Budapest, non verrà certamente in aiuto del commissario dimezzato.

Gli attori dello show del Maxxi proporranno rapide freddure del tipo: “cosa renderebbe l'UE più democratica?”, “che unità vogliono i cittadini?”, “qual è l'aspettativa dei cittadini?”. Espressioni mimiche facciali alluderanno senza pronunciarle alle risposte più ovvie (elezione diretta del presidente, unità legate ad affinità storicoculturali, fine dell’austerità). Non si può, in poche ore, riflettere davvero sulle promesse non mantenute dall'Europa. Ci vuole tutto uno Zelig o una Bean sequel. Basterebbe solo ricordare che è l’europeo il copyright della canzone degli anni ’90, “10 milioni di posti di lavoro”. O che l’associazione delle Tv pubbliche europee (European Broadcasting Union, EBU) non ha mai nemmeno tentato di provare malgrado la dovizia digitale, una Tv europea assemblata multilingue.

Nella vita reale, spesso le mancate promesse femminili preludono ad un loro ritorno. In quel momento i rincuorati uomini scoprono di essere loro i colpevoli dell’abbandono, del divorzio, del tradimento della partner. Ed anche qui le mancate promesse d’Europa non vengono fatte dipendere da atti e fatti, per esempio dall’eccessiva confidenza con l’amico americano. Tutta la responsabilità, per non dire colpa, va ai “new media e media pubblici”, probabilmente non abbastanza propagandistici come il barometro. Le Girls aloud d’Europa, Costa, Melandri, Tarantola ne canteranno delle belle ai giornalisti, approfittando anche delle porte chiuse. Magari alla fine, sospirando “Nessuno mi può giudicare” spiegheranno (canteranno) perché le Caste e l’Europa non possano mantenere le promesse di quella sera ‘e maggio. Non si scandalizzerebbe nessuno, siamo nel 3000, come dice Zalone.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:27