Franceschini e il vizio virtuale della cultura

Se prima ne avessi avuto anche soltanto un lieve sospetto, adesso ne sono certo, Dario Franceschini, l’attuale ministro dei Beni culturali, è un genio. E come molti geni è talmente avanti con le proprie visioni da non poter essere compreso da chi come me si ostina a restare ancorato a un mondo ormai obsoleto.

Il geniale Franceschini – così riporta l’Ansa – ad “Aspettando le parole”, il programma di Rai3 condotto da Massimo Gramellini, ha così esordito: “Stiamo ragionando sulla creazione di una piattaforma italiana che consenta di offrire a tutto il mondo la cultura italiana a pagamento, una sorta di Netflix della cultura, che può servire in questa fase di emergenza per offrire i contenuti culturali con un’altra modalità, ma sono convinto che l’offerta on-line continuerà anche dopo: per esempio, ci sarà chi vorrà seguire la prima della Scala in teatro e chi preferirà farlo, pagando, restando a casa” e poi ha soggiunto “In queste settimane di lockdown”, si è capita fino in fondo la potenzialità enorme del web per la diffusione dei contenuti culturali, c’è stato un esplodere di creatività”.

Da qui l’illuminante trovata di partire da questa realtà per sviluppare un più completo progetto. In quanto poi a questa “esplosione di creatività” dipinta come una sorta di nuovo Rinascimento, francamente non me ne sono accorto, ma sarò distratto io…

Ora questi ambiziosi progetti e magnifiche visioni, mi suggeriscono alcune considerazioni, la prima delle quali è l’eccesso di “virtualità” e la sempre maggior assenza di Virtù e di virtuosismi nella società contemporanea postmoderna. “Pillola rossa o pillola blu?” avrebbe chiesto Morpheus a Neo, in attesa di sapere quanto fosse profonda la tana del Bianconiglio, ma l’attuale “matrice” nella quale siamo immersi non è così esplicita. La follia, la voluta confusione, è la sostituzione in una sequenza labirintica di scatole dentro altre scatole, contenente ciascuna verità e falsità, realtà e inganno. La “realtà virtuale”, che non né per nulla virtuosa, viene offerta alle persone, al popolo italiano in questo caso, come una brillante soluzione in confezione famiglia, una vera e propria panacea per curare i mali atavici della cultura.

Il morbo dilaga? Non possiamo riaprire i musei e la gallerie? Non possiamo consentire spettacoli teatrali né concerti? La soluzione allora è il “virtuale”, ovvero ciò che non esiste, quindi si utilizza la rete come una realtà alternativa, per simulare una vita fittizia che sostituisca quella vera, nella quale non ci sono rischi per nessuno. Apparentemente. È lo stesso concetto psicotico che ha prodotto il “sesso virtuale”, l’uso compulsivo e totalmente asettico della rete, per fare conoscenze carnali che pare in questa quarantena abbia raggiunto picchi insospettati. Quindi assistere a un concerto alla Scala, a un’opera all’Arena di Verona, a una pièce teatrale sulla rete, è la stessa identica cosa di fare all’amore con una camgirl… De gustibus e chi si accontenta, gode.

Questa è di fatto l’eclatante soluzione alla devastazione tragica del nostro turismo e del nostro mondo culturale offerta da Franceschini ed eventualmente dai suoi epigoni che certamente non mancano. Ciò che si vuole in alto loco, evidentemente, è ridurre sempre più il popolo a una mandria lobotomizzata e pigra che tanto ottiene tutto da casa, comodamente seduti sulle poltrone del salotto, attraverso un mezzo – che è la rete – ormai sempre più onnipervasivo.

Netflix, Amazon… tutto a portata di dito. Sono le stesse culle amniotiche nelle quali dormono sognando una vita fittizia le “pile umane” di Matrix. Esattamente la stessa cosa. Vogliono farvi credere che guardare una tragedia di Shakespeare su un maxischermo di ultima generazione collegato con una piattaforma digitale, offra la stessa magia, il medesimo incanto dell’assistervi seduti nelle poltrone della platea o del loggione. È un ennesimo, subdolo, sottile inganno travestito da progresso e da finta accessibilità per tutti ai beni culturali. Tutti a teatro, tutti all’Opera, in realtà vuol dire nessuno a teatro, nessuno all’Opera!

Stanno progettando un genocidio sistematico del bene più prezioso del nostro Paese: una strage silenziosa ma costante che livelli ogni accesso alla cultura, appiattendola e fingendo di portarla in ogni casa, dove, proprio così facendo, essa perderà ogni vero, virtuoso, valore e diventerà null’altro che una delle tante e ormai onnipervasive offerte delle reti televisive. A PornHub affiancherete CultureHub… ma sarà sempre soltanto masturbazione.

Aggiornato il 21 aprile 2020 alle ore 12:19