Tutti Muti: è l’autunno del nostro scontento

Poche ore fa in una sua lettera indirizzata a Giuseppe Conte, Riccardo Muti scrive tra le altre, le seguenti, significative parole: “Chiudere le sale da concerto e i teatri è decisione grave. L’impoverimento della mente e dello spirito è pericoloso e nuoce anche alla salute del corpo. Definire, come ho ascoltato da alcuni rappresentanti del Governo, come “superflua” l’attività teatrale e musicale è espressione di ignoranza, incultura e mancanza di sensibilità”. Comunque, il ministro della Cultura e del Turismo, Dario Franceschini, ci rassicura dicendo che s’impegnerà affinché la chiusura sia della minor durata possibile, nonché a favorire il maggior numero di aiuti economici ottenibile. Certo, data la “gravità della situazione”.

Non ci dovrebbe essere altro da aggiungere a quanto detto dal maestro Muti, se fossimo in una società degna di essere considerata civile e civilizzata, ma evidentemente il nostro aureo passato, quella civiltà greco-latina, cristiana, plurimillenaria che ha riempito il mondo d’arte, cultura e bellezza, ormai è considerato soltanto un inutile cascame “non essenziale”. Impedire, così come è stato fatto dall’ennesimo e certamente non ultimo Dpcm di Conte, qualsiasi forma di attività culturale e artistica pubblica, va ben oltre l’ipocrita giustificazione della “salute pubblica”, orrende parole queste ultime due che mi rievocano la follia giacobina, mascherando in realtà una ben nota tecnica di dominio dei popoli: il mantenimento degli stessi in uno stato d’ignoranza. Genti private di qualcosa che elevi il loro stato psichico e spirituale di là dalle mere e imprescindibili necessità biologiche, sono ovviamente molto più facili da governare. Se per decenni l’obiettivo perseguito dalla sinistra secondo le direttive gramsciane è stato quello di controllare la cultura, oggi l’attuale Governo ha fatto un ulteriore progresso verso l’instaurazione di una vera e propria dittatura invisibile, cancellando ogni forma di miglioramento intellettuale della popolazione, inducendola così a vivere “di solo pane”. Ovviamente, questo è stato loro consentito da una pluriennale latitanza di una destra che si è sempre disinteressata ai temi della cultura, dell’arte e dello spettacolo sin anche del turismo ad essi collegato, tranne che per pavoneggiarsene in campagna elettorale e per dimenticarsene subito dopo aver chiuso le urne.

Del resto, sono da sempre ben pochi i politici di qualsiasi livello che – tranne per ovvi motivi istituzionali o di apparenza – frequentano mostre e concerti o convegni. Ben pochi sono habitué di teatri se non invitati alla prima della Scala e in genere l’ultima volta che hanno varcato la soglia d’un teatro deve essere stato per la recita natalizia di terza elementare. Il paradosso è che sia proprio l’Italia, il luogo che ha originato il teatro, l’opera, il melodramma, e proprietaria della maggior parte del patrimonio artistico mondiale, ad essere violentata dall’insipienza arrogante di persone che non riescono a vedere altro che ciò che è “essenziale”. Aveva ancora una volta ottime ragioni Oscar Wilde a dire “lasciatemi il superfluo, farò a meno del necessario”.

È divertente, inoltre, notare come la maggior parte dei “contagi”, non avvenga nei teatri o nei convegni, alle presentazioni di libri o ai vernissage delle mostre, ma in altre occasioni che nulla hanno a che vedere con gli interessi dell’intelletto e dello spirito. Siamo giunti per mesi a chiudere le chiese, a vuotare le acquasantiere sostituendone il contenuto con il disinfettante, imponendo ridicole quanto troppo spesso inutili mascherine che hanno trasformato le persone in pagliacci involontari – ma consenzienti – di un carnevale durato troppo a lungo. Soltanto esponenti politici, totalmente privi di qualsiasi forma di “sensibilità” artistica, intellettuale e culturale, avrebbero potuto predisporre un simile piano nefando che porterà il Paese al suo definitivo collasso, se non si interverrà a raddrizzarne la corsa verso il baratro. Oppure, potrebbero aver ragione i tanto vituperati “complottisti” a ritenere che dietro questo disegno vi sia un ben stabilito e preciso progetto mirante ad ottenere, appunto, una definitiva sudditanza dell’Italia ad altre nazioni o ad aliene potenze economiche.

Fantapolitica? Auguriamoci lo sia, sperando che questa “notte oscura dell’anima” trascorra con il minor numero di danni e di morti possibile e si possa ritornare a vivere pienamente in una nazione dove la paura inoculata come il virus sia soltanto un ricordo, ma questo ricordo non dovrebbe mai farci dimenticare coloro che di tale distruzione sono stati colpevoli complici per calcolo o per codardia.

Aggiornato il 27 ottobre 2020 alle ore 09:41