Ancora oggi, dopo esser trascorsi ben cinquant’anni dalla sua messa in onda sulla prima delle due sole reti Rai allora esistenti, la Vita di Leonardo di Renato Castellani, interpretato magistralmente da un grandissimo Philippe Leroy, resta tra tutte le trasposizioni televisive del genio fiorentino, ancora la migliore. Didascalica? Scolastica? Forse, ma almeno rigorosa e onesta e comunque sufficientemente aperta anche a quegli ampi spazi di mistero, che il tempo e le azioni del Vinciano ci hanno lasciato insolute.

Dopo quindi i deliri para-esoterici di Dan Brown e del suo purtroppo arcinoto Codice da Vinci, zeppo di errori e fantasiose illazioni al limite del ridicolo, dopo innumerevoli libri scritti sull’argomento altrettanto pregni di inesattezze e tesi da reparto psichiatrico, con un Leonardo declinato in qualsiasi direzione, dall’essere vessillo gay di una omosessualità mai comprovata (così come per Caravaggio del resto) sino al divenire alfiere di un ateismo inesistente, la potenza della sua figura è tale da averlo condotto ad essere personaggio di fumetti, di videogiochi e di serie televisive, che con tutto hanno a che vedere tranne che con la realtà (quella che ci è stato dato conoscere almeno) storica.

Il mito di Leonardo, dunque, non si esaurisce alle sue commemorazioni dei cinque secoli dalla sua morte ma continua e continuerà nel tempo, tra fantasie, dotti studi e divulgazioni per il vasto pubblico dal palato facile, e forse proprio a quest’ultimo è rivolto il prossimo evento televisivo che andrà in onda dal 23 marzo su Rai Uno, dal titolo Leonardo, una produzione Lux Vide e Sony ovvero degli stessi già creatori del serial I Medici, per capirci. Otto episodi suddivisi in quattro serate, che vedono nei panni del giovane artista poliedrico di Vinci, uno sbagliato e irlandese Aidan Turner, che invece aveva rappresentato una eccellente scelta per interpretare il primo preraffaellita Dante Gabriel Rossetti nell’ottimo Disperatamente romantici, serial sull’omonimo sodalizio vittoriano. Per ciò che sappiamo, dell’aspetto di Leonardo nulla ha egli in comune con la bellezza virile e bruna di Aidan Turner.

Il resto è tutto frutto di sbrigliata fantasia letteraria, anzi di narrazione mitopoietica si potrebbe dire volendo nobilitare l’opera che vede Leonardo da Vinci, accusato di omicidio nella Milano del 1506, reo di aver avvelenato la sua modella, Caterina. Un thriller, insomma, con un investigatore quattrocentesco che vorrebbe forse far eco al personaggio dell’inquisitore Nicolas Eymerich reinventato alcuni anni or sono dallo scrittore Valerio Evangelisti. Caterina, tuttavia, è realmente esistita, Leonardo stesso ne scrive fugacemente in uno dei suoi codici, smembrati e incompleti, a noi rimasti. E questa figura femminile, simile a un fantasma d’amore, ha sempre suggestionato tutti, facendola ritenere di volta in volta, una serva, una amante, una modella o forse, più probabilmente la sua misteriosa madre. Così come altre figure della miniserie, a cominciare da Andrea del Verrocchio, interpretato da Giancarlo Giannini, all’efebico Salaì, troppo grande per essere ciò che morbosamente si sostiene, adombrando come sempre a una omosessualità leonardiana.

Insomma, cercheremo comunque di trovare e salvare ciò che di bene proviene da tali operazioni volte esclusivamente all’intrattenimento puro e semplice e non all’accrescimento culturale. E se da questa indubbiamente suggestiva crime story ne verrà un desiderio di andare oltre alle consuete scritture sul Genio di Vinci, allora anche questa operazione avrà avuto un risultato ben superiore ai propri desideri. La chiamano “eterogenesi dei fini”.

Chi scrive, più semplicemente, preferisce pensare invece che il diavolo faccia sempre le pentole e mai i coperchi. Anche e soprattutto quando il “diavolo” è Leonardo.

Aggiornato il 22 marzo 2021 alle ore 12:29