I testi di Georges Simenon, come questo edito dalla casa editrice Adelphi e intitolato “Le persiane verdi”, colpiscono il lettore per l’alta qualità letteraria della scrittura e i profondi significati esistenziali racchiusi nelle narrazioni di questo grande autore.

Il libro “Le persiane verdi”, che Antonio D’Orrico sul Corriere della Sera ha definito un capolavoro, rappresenta una narrazione che inizia con il celebre attore, divenuto una star nella Francia del Dopoguerra, che varca la soglia dello studio di un famoso luminare della medicina, il professore Biguet. Mentre il medico esegue gli accertamenti, Maugin ha l’impressione che il buio fitto, in cui si trovano immersi entrambi, sembra composto da una nebbia avvolgente e molle, che solo in parte attenua il senso di vertigine e di angoscia che lo assale.

Il medico osserva l’esito degli accertamenti e, con grande discrezione, si trattiene all’inizio dal parlare con il suo assistito. In seguito, guardandolo negli occhi con uno sguardo penetrante gli rivela che, malgrado abbia solo cinquantanove anni, in realtà il suo cuore somiglia a quello di una persona che ha superato le settantacinque candeline.

Uscendo dallo studio medico, e mentre si trova sprofondato nel sedile posteriore del taxi, Maugin ha la consapevolezza che la sua salute è compromessa, visto che il celebre medico gli ha consigliato di girare meno film e fare meno spettacoli teatrali. Tuttavia, nel camerino del teatro dove interpreta una parte di rilievo in una rappresentazione, non può fare a meno di bere il cognac. Gli creano fastidio le visite degli spettatori, negli intervalli dello spettacolo, sulla soglia del camerino, a cui non può negare gli autografi e le strette di mano. Maugin, alla fine della rappresentazione, osserva il suo segretario Adrien Jouve e pensa anche al medico Biguet, poiché è convinto che queste due persone danno l’impressione di credere a tutto quello che gli è stato inculcato sia a scuola, sia dai preti in chiesa. E pertanto credevano di essere sulla retta via, tanto da potere essere presi a modello da mostrare, per esempio, in società.

Lui, il celebre attore, percepiva di essere lontano dalla vita virtuosa seguita dal suo segretario e dal medico. Infatti, si trovava sovente al suo cospetto il signor Cadot, nato da una relazione che da giovane aveva avuto con una donna, a cui garantiva un sostegno morale ed economico. Prima di diventare un celebre e ricco attore, Maugin aveva dovuto superare momenti difficili e molte avversità. Fino ai trent’anni, per sopravvivere, cantava nei locali notturni. Sulla soglia dei quarant’anni, era povero e la sua esistenza era segnata dalle privazioni. Solo a cinquant’anni, quando aveva cominciato a calcare la scena dei grandi teatri parigini e i set cinematografici, era riuscito a raggiungere la sicurezza economica e il successo artistico.

Proprio nella fase matura della sua vita, si era presentata nel suo camerino una donna di quarant’anni, Juliette, con cui aveva concepito il figlio che portava il cognome (Cadot) dell’uomo che l’aveva sposata, quando già era incinta. Prima di recarsi nel suo elegante appartamento parigino, che condivideva con la terza moglie Alice, Maugin in un monologo interiore ammette di essere stanco di vivere, di reggersi in piedi, e di doversi occupare del giovane Cadot, il figlio non riconosciuto.

La stanchezza esistenziale lo induce nella notte parigina, dopo che è uscito da un celebre locale, a meditare sul mistero del mondo e della vita. La casa di Parigi in cui viveva da oltre vent’anni, gli era estranea, malgrado l’avesse scelta lui. Detestava e non sopportava il silenzio e l’immobilità che erano presenti nella sua casa, quasi che fossero una forza pervicace ed eterna su cui si infrangeva la sua ossessiva ricerca della pace interiore. Infatti, da giovane era stato sposato con una attrice matura ed affermata, Yvonne Delobel, a cui doveva la educazione culturale, visto che lo aveva aiutato a leggere libri importanti, a capire come comportarsi nei salotti letterari, a come vestirsi per essere elegante e raffinato nel gusto estetico.

Yvonne, che in seguito morirà per avere preso una dose eccessiva di morfina, un giorno mostrò una casa elegante, situata oltre una siepe, con il tetto di ardesia e le persiane verdi, in cui era andata a vivere per trovare la serenità e la possibilità di raggiungere la pace interiore. Yvonne confessò a Maugin di non esserci riuscita, visto che l’inquietudine non le dava tregua. La seconda moglie Consuelo, che possedeva il senso del peccato in modo spiccato e smisurato, era incline a tradirlo con i giovani dai capelli neri e impomatati, ma, poi non poteva fare a meno di andare in chiesa per farsi perdonare i suoi peccati.

Alice, la terza moglie con cui viveva, madre della piccola Baba, una bambina concepita da un altro uomo, l’aveva conosciuta in teatro, dove recitava una parte in uno spettacolo e se ne era innamorato per la dolcezza e la sensualità del suo sguardo. In questo periodo della sua vita, Maugin era preoccupato, perché doveva recitare una scena fondamentale in un film e aveva avuto l’impressione che la sceneggiatura fosse in quella parte della pellicola debole e poco convincente. Si trattava di un episodio brevissimo, quasi muto, ma fondamentale, poiché da esso dipendeva tutto il resto dell’opera. La scena si riferiva al tormento di un marito che ritorna a casa, dopo aver saputo che la moglie da molto tempo lo tradiva con un bellimbusto del vicinato.

Lui, Maugin, l’aveva recitata con spontaneità e naturalezza, ed ebbe la sensazione di avere realizzato una delle più belle prove della sua carriera. Addolcendo e distendendo i tratti del suo viso, assumeva l’identità di un uomo qualunque, simile al proprio cognato o assicuratore, grazie al fatto che il suo volto diveniva meno spigoloso e la sua espressione acquisiva un che di insignificante, tingendosi di speranza e diffidenza. Una sera, per fare felice Alice, si recano insieme nel ristorante Cafè de Paris dove per caso incontrano il conte Philippe Jouze, l’uomo che aveva di fatto concepito la piccola Baba, nata sei mesi dopo il loro matrimonio.

Maugin, in presenza di questo signore, riflette sul misero squallore che sovente mortifica la vita e la dignità della persona umana. All’apice del successo, forse perché preoccupato per le sue condizioni di salute precarie ed insediate dai problemi cardiaci scoperti dal professor Biguet, Mauigin prende una decisione che appare volta a mutare radicalmente il destino della sua vita. Con la moglie Alice, e il seguito formato dal suo segretario Adrien Jouve e il personale di servizio, va a vivere in affitto in una elegante e sfarzosa villa a Cap D’Antibes situata in Costa Azzurra. La sua esistenza, lontana dal set cinematografico e dai palcoscenici teatrali, diventa solo in apparenza serena e tranquilla.Inizia, con l’aiuto del segretario e dell’autista personale, a pescare e a coltivare altre passioni e, soprattutto, a Cap D’Antibes si accorge di bere di meno e scopre di non reggere più gli effetti prodotti dall’alcol.

Il professor Biguet, a cui aveva inviato una lettera scritta di suo pugno, gli consiglia di rimanere in Costa Azzurra e di considerare che nel suo caso, visto la situazione del suo cuore, il morale conta più delle condizioni fisiche. Biguet gli suggerisce di evitare di provare la noia.

In un cinema, non molto distante dalla villa di lusso in cui abita, Maugin assiste alla proiezione del film in cui il marito tradito ha la tentazione di aggredire la moglie e non riesce a farlo, perché ne è ancora innamorato e prova per lei una tenerezza commovente. In questa parte del libro, il rapporto inscindibile tra il reale e l’immaginario, tra la finzione letteraria e cinematografica e la dura realtà della vita, viene rappresentato con immagini di rara profondità.

Maugine è costretto a ritornare a Parigi per dirimere una controversia legale con un produttore cinematografico. Prima però, accompagnato dall’attore sfortunato Lecointre, a cui aveva in passato procacciato piccole parti in film e spettacoli per farlo sopravvivere, Maugin incontra in una sordida abitazione di Parigi l’incisore Gidoin, malato, povero e in procinto di morire. Gidoin, con la flebile voce gli ricorda il suo passato, e in quel momento Maugin ha l’impressione che il suo passato si fosse sgretolato e non fosse mai esistito, come se a viverlo fosse stato un altro uomo.

In un albergo del centro di Parigi, Maugin si sente male ed entra in coma. Mentre i medici lo assistono nella stanza dell’albergo, pensa – da moribondo – di non essere mai stato in regola, che in lui ci fosse qualcosa che non quadrava, qualcosa di guasto contro cui, in modo consapevole, aveva cercato di combattere. Pensando di essere giudicato in una sorta di processo dalle persone che aveva amato e frequentato, Maugin ritiene con un barlume di coscienza di avere cercato qualcosa che non esiste, la serenità e l’equilibrio interiore. Ecco perché non poteva smettere di bere. Un libro di una bellezza sorprendente, che il lettore non dimenticherà facilmente.

(*) Georges Simenon, “Le persiane verdi”, Adelphi, 208 pagine, 19 euro

Aggiornato il 04 aprile 2023 alle ore 12:36