Quale carattere avreste se dalla nascita foste stati sottoposti a premonizioni apocalittiche? Se il vivere fosse dannato dall’avvento della catastrofe? Se lo è chiesto Franco De Luca, nato a Portici, classe 1970. Laureato con lode in Matematica nel 1994 presso l’Università Federico II di Napoli – dove attualmente si occupa di sistemi informativi e reti telematiche – oltre a una serie di speciali passioni, pratica quella della letteratura. Per curarsi da sé, come ha spiegato, per vincere lo stato di depressione latente che – come in tanti altri celebri napoletani – ha costruito sano sarcasmo e poetica della fatalità. Tuttavia, non siamo solo nel campo delle ataviche paure, perché l’ultima drammatica previsione sull’area dei Campi Flegrei risale a pochi giorni fa e viene dalla Francia, dopo la Svizzera. La radio pubblica francese France Inter in un servizio intitolato “Zoom sui Campi Flegrei” ha detto precisamente: “In Italia, a Napoli, si prepara il Big One”. Non dunque la solita denuncia sui mali del territorio, sui flagelli sociali, ma un allarme in piena regola, conseguente alle quotidiane scosse con cui convive una popolazione di circa 500mila abitanti. E allora, Franco De Luca, che è pure un matematico, per scongiurare visioni da Cassandra ha fatto quello che da Eduardo De Filippo a Massimo Troisi hanno fatto tanti napoletani famosi. Mentre l’Osservatorio vesuviano monitora – a cominciare dalla zona davanti a Pozzuoli – dove a causa del bradisismo tra il III e il VII dopo Cristo fu inghiottita la città di Baia, lui senza aspettare la scienza, la politica, le autorità, da vero partenopeo, ha innalzato la sua preghiera e la sua speranza, che ha radici nelle viscere dell’io e risponde a una precisa domanda: resisterà la bellezza al pericolo? Non è forse la metaforica questione che attraversa anche la nostra storia, che elettrizza non solo i Campi Flegrei ma l’Italia, l’Europa, la vita?

La risposta di Franco De Luca sta nel libro Il merito del mezzo, edito da Rogiosi, presentato a Roma dal Circolo Iplac nel Caffè letterario Horafelix di Maurizio Messina. Non cercate in questo volume un saggio, un’analisi storico-politica, un affresco allegorico, perché vi verranno incontro figure e personaggi incastonati in un racconto corale, che si snoda per 368 pagine, fatto di profili, di episodi, di avventure, in cui però alla fine si scorge la missione. Il “credo” di De Luca è un particolare rispetto verso la tradizione ritualistica napoletana, il miracolo del santo, la visione cattolico-borbonica. C’è la matematica, ci sono la fisica e la natura, l’uomo e la sua spiegazione. Ci sono donna Carmela, l’affascinante nobildonna, il commissario Petrillo stanco di vivere, un muratore che affronta il boss del quartiere, un senatore preso dall’amore per la consorte, un musicista tormentato dal motivetto puerile che lo ha reso famoso, tutti apparentemente in ordine sparso sotto i cieli vesuviani. Ma, alla fine, l’insieme si compone e affronta il senso. Che è espresso nella chiave del romanzo: “Loro – scrive Franco De Luca – erano come il filo nelle lampadine, hai presente? La corrente passa nel filo e quelle fanno luce. Loro sono stati proprio quel filo: il mezzo attraverso cui è passato il bello, e quel passaggio – proprio come accade con la corrente nel filo delle lampadine – li ha resi luminosi e ha fatto luce tutt’intorno”.

Nessuno è qualcuno, insomma, ridimensioniamo! Noi siamo “il mezzo” attraverso cui si esprime la misteriosa polifonia della vita. Nel testo non c’è una trama che si possa riassumere, perché il libro è costruito per essere letto, per scivolare e rotolare dentro i fatti e attendere. Tra battute e un sarcasmo degno della migliore tradizione partenopea. “Dopo tanti anni ho capito che i miracoli succedono veramente, e che possono arrivare attraverso un tuono, o un ragazzino biondo, o la migliore spatola dei decumani”, scrive De Luca. E da esperto di reti e sistemi si è accorto che neppure i grandi, neppure Albert Einstein o Johannes Kepler avevano in mano le coordinate dell’universo. Possiamo diventare un mezzo se ci mettiamo a prendere la luce. “Questa intuizione può forse ridurre l’entusiasmo, l’eroismo, la sete di fama – osserva l’autore – ma anche ridimensionare le colpe e invitarci a una pacata collegiale modestia”. Che diventa la via di quella serenità e saggezza di cui l’esistere è disseminato. Franco De Luca non solo insegna matematica, reti e sistemi, non solo scrive romanzi, questo è il suo quarto, ma coltiva anche altre due fondamentali passioni: alla Federico II è docente di enografia mondiale per la cattedra di Scienze Enologiche e uno dei più raffinati sommelier. Matematica, gastronomia e vino, un connubio tra regole e sensi. La matematica per rispondere alla necessità dei criteri: “Io sono uno che quando ha fatto il carabiniere era felice”. Gastronomia e vino per riavvicinarsi al mondo sensoriale. “Se vivere è l’enigma del Big Bang, la serenità non ci sia impedita”.

(*) Il merito del mezzo di Franco De Luca, Rogiosi editore, Napoli, 368 pagine, 14 euro

Aggiornato il 29 aprile 2024 alle ore 11:36