Immanuel Kant, lo scettico mascherato (1724-1804)

Ibam forte via Sacra ossia: passeggiavo a caso nella via Sacra (Piazza Bologna) quand’ecco mi viene all’occhio un ometto minuscolo, testa grossa e corpo risucchiato, occhi larghi e di una morbida oscurità, trasognata. Ben lo conosco, è il professore Immanuel Kant, tedesco, un abitudinario ossessivo, sempre la stessa passeggiata, stessa ora, stessi luoghi millimetrati, credo che se devia di qualche centimetro si riterrà trasgressore. Un evidentissimo maniaco. Chi sa quali impulsi deve tenere a posto per frenarsi e con tanta rigorosità. Le persone più irregolari sono coloro che massimamente si danno regole. Deve soffrire moltissimo e trattenere ogni emozione. Ogni sentimento, altrimenti, gli si scatena la confusione irrazionale, direbbe, anzi dice Lui. Sono tra i suoi conoscenti, non amico, ma conoscente sì. E degli incontri. Tutti puntualissimi, non vorremmo turbare Immanuel Kant, il quale sedendo aggiusta millimetricamente la sedia, sempre allo stesso modo, tanto che i camerieri lo chiamano professor Centimetro, rispettosamente. Sempre il caffè, che deve avere la medesima livellatura e il medesimo colore.

Sulla sedia che gli spetta, sempre quella, posti cuscini supplementari, è talmente stecchito che le ossa non sono difese dalla carne, figurarsi i dolori. A proposito, pare sia virgineo, sconosce il corpo della donna. Dicono che a prova e divertimento gliene intrufolarono una a letto ed Egli non comprese la situazione, scombussolandosi. Formale, misurato, distinto e distanziato, apparentemente messo a posto con le sue regole, osservantissimo, al sicuro, credo sia un metodista o la madre lo era. Sorbendo uccellescamente il caffè, con il cucchiaino si gode lo zucchero, si gode è una esagerazione, sarebbe sfrenarsi, lo attinge granulosamente. Lo osservo e penso che quel minuscolo uomo contiene la Ragione universale ossia propone all’umanità la verità secondo ragione. Vale a significare: come pensando e agendo secondo ragione siamo nel giusto, nel vero, nel bene. E che stabilisce la ragione? Principi serissimi, da osservare ginocchioni.

Prima di ogni altro obbligo: che dobbiamo rendere l’uomo il nostro fine non un nostro mezzo; dobbiamo stabilire regole universali alle quali noi stessi dobbiamo obbedire. Evitare una regola che vale per gli altri ma non per noi, per noi ma non per gli altri. Potremmo favorirci. L’universalismo è determinante, infatti: essendo tutti razionali le valutazioni sono riconoscibili ed osservabili da ciascuno e da tutti ugualmente. Ma sono concezioni insostenibili. La Ragione non è matrice dei valori ma soltanto di coerenza argomentativa. Perché è razionale fare del prossimo il mio fine, stabilire regole universali che io stesso devo ossequiare? Non sono attribuzioni costitutive della ragione. Si tratta di una concezione che posso razionalmente non accettare. Se per me è razionale fare dell’uomo un mezzo, che mi puoi sostenere come argomentazione? Posso non essere accettato anzi contrastato ma non in ragione della ragione ma per una convinzione diversa. Allora siamo nel relativismo più sempliciotto? Una opinione vale l’altra? Per niente. Io considero giusta la mia opinione. Ma non perché dovuta ad una ragione che la contiene in sé, ma perché Io penso di essere nel giusto per me. È una divaricazione clamorosa.

Il mio vicino di caffè, il professor Kant, ritiene che la ragione contiene in sé valori da riconoscere. In nome di che? Se Io uomo razionale non sono d’accordo che mi puoi obiettare? La ragione non riconosce valori li fonda. La mia ragione fonda valori, la “mia” ragione fonda valori, non riconosce valori oggettivi nella Ragione. Non esiste una ragione che detiene in sé valori. Scado nel relativismo? Mai. Non questo o quello sono pari. Io mi ritengo nel giusto e nel vero ma come individuo, e difendo la mia razionalità individuale. Non riconosco valori oggettivi nella Ragione. Il caffeinomane professor Kant, che non riusciva a pizzicare granelli di zucchero, pretende di riconoscere i valori del tutto oggettivati nella ragione. La soggettività sparisce. Ed oltretutto afferma una concezione insostenibile. La ragione è una direttrice della logica non dei valori. Se affermo: l’uomo è un mio mezzo, non sono irrazionale, mi puoi dichiarare malvagio non irrazionale. Ma stiamo alle soglie di uno stravolgimento. Il filosofo ritenuto esemplare di libertà, mi appariva un apologeta del dominio. Perché Perché basta che qualcuno si ritenga incarnazione umana della ragione, essendo la ragione nutrita di valori da osservare, il “Tu devi” del professor Kant, ti obbliga all’osservanza. Governare in nome della ragione universalizzata è il dominio più ingannevole, in nome della ragione ti fa servo, e non puoi ribellarti perché sei governato dalla ragione. No. Preferisco la ragione soggettiva. L’oggettività universalistica è la via piana dell’asservimento.

Di scatto il professor Kant si alzò, erano scaduti i tempi nei quali doveva alzarsi, le 17, 21 minuti, 8 secondi. Sparì, io rimasi, mi accorsi, tardi, che Egli aveva lasciato dei foglietti. Li presi, glieli avrei consegnati il giorno successivo. Ero incuriosito, lo dico. E lessi. Sbalordivo. Segnava: antinomie. E dichiarava: niente sappiamo sull’origine del mondo, niente di Dio, niente dell’Io. Niente sappiamo della realtà esterna a noi (noumenica). Mi bruciavano gli occhi e le mani. Sprofondai cogliendo quel che scrivo: Immanuel Kant era il massimo o tra i massimi pensatori scettici e dubitativo dei poteri mentali dell’uomo a capire in che abisso nero siamo scaraventati, allora, disperatissimo, cerca attraverso imperativi, regole, rigorismi di stabilir ordine in questo incomprensibile pandemonio che è la vita e l’universo, e si affidò ai rituali dei nevrotici ossessivi. Coloro i quali credono che se calzano la scarpa sinistra avanti a quella destra tutto va bene, malissimo calzando la destra prima della sinistra, o che le zolle di zucchero devono essere tre, o che non bisogna passare sotto le scale. Rimedi folli contro la follia del mondo. Bravo, professor Kant, ti sei creato l’ancora nella ragione come obbligo. Bastava una infrazione e ti schiantava il marasma indecifrabile dell’insieme. Il mondo oscurissimo. Con le regole obbligate, trovava ordine. Ma lo sforzo ti arrecò demenza. Troppo arduo vivere una razionalità imposta per evitare di soccombere alla consapevolezza di un mondo incomprensibile. Accadde similmente al tuo “nemico” Friedrich Nietzsche.

Tu affidandoti a una ragione alla quale in fondo non credevi per illuderti di stare nella ragione, Nietzsche affidandosi alla potenza impietosa che però lo tormentava di essere impietoso. Che tragiche personalità. Entrambi “capirono”, Kant, che non sappiamo presso che un dettaglio dell’esistenza, e concepì regole assolutizzate per rischiarare la notte chiamandole “ragione” ma ben sapendo di rimanere nella notte che alla fine gli travolse la mente, pensate: il filosofo della ragione ignora il mondo, Dio, l’Io, non decifrabili. Il filosofo della impietà. Nietzsche, per consentirsi la potenza, impazzisce avendo pietà. Certo che a dichiarare Kant soltanto il filosofo della razionalità trascurando che non credeva nella razionalità non è intendimento apprezzabile; come non lo è fare di Nietzsche il filosofo della spietatezza. Precisamente, furono pensatori che percepirono e soffrirono fino alla demenza che se credi alla ragione ti accorgi che la ragione conosce poco o niente, se vuoi la potenza devi compiere tanto male che ti esplode la mente. Mi sono svegliato.

Aggiornato il 03 maggio 2024 alle ore 09:31