Lord Byron: la commemorazione del 200° anniversario della morte

Le iniziative private tengono in piedi la cultura a Roma

Sono ormai lontani i trionfi dell’Estate Romana, la principale manifestazione culturale della Capitale, inventata dall’assessore alla Cultura, Renato Nicolini nelle Amministrazioni di sinistra di Giulio Carlo Argan, Luigi Petroselli e Ugo Vetere, che aveva trasformato la Città eterna in uno dei poli culturali europei maggiormente attrattivi per artisti, studiosi e visitatori.

Cresciuta nei decenni, passando per l’irripetibile anno giubilare, dal 2008 la manifestazione ha incominciato il suo inarrestabile declino che ha portato alla soppressione di numerosissime manifestazioni (cinema, danza, teatro, mostre). Oggi, l’Estate Romana è ridotta a poca cosa: un popolare intrattenimento serale. Basti fare una passeggiata in una sera d’estate sul Lungotevere, partendo da Castel Sant’Angelo e andando verso l’Isola Tiberina e vedere quale possa essere l’offerta sopravvissuta.

A ogni buon conto, pur nella generale decadenza culturale cui Roma è soggetta da diversi lustri, fa piacere notare che, qua e là, spuntino fuori in modo autonomo e ancora piuttosto frequente proposte e iniziative private, che contribuiscono a mantenere una minima vita culturale della città. È stato il caso della recente conferenza celebrativa per il 200° anniversario della morte di Lord Byron, tenutasi nella splendida cornice della Sala dei Papi del Convento domenicano della Basilica di Santa Maria sopra Minerva, organizzata dal “Salotto Letterario Tevere” in collaborazione con la casa editrice Pan di Lettere, rappresentata dalla fondatrice Lara Di Carlo, e dalla Keats-Shelley House, il museo accanto alla Scalinata di Piazza di Spagna, ultima dimora di John Keats.

E la location prescelta per l’incontro è piena di pathos, come spesso accade a Roma, visto che numerosi sono i luoghi dove ha fatto tappa la Storia: la sala che si apre sul chiostro, raccolto e riservato, del complesso ecclesiastico, vide passare Galileo Galilei, sospettato di eresia; prima di lui, nella chiesa trovarono posto le spoglie mortali di Caterina da Siena, Dottore della Chiesa, il “mistico” Beato Angelico, patrono universale degli artisti e il Papa Leone X, il figlio di Lorenzo de’ Medici che durante il suo pontificato dovette fronteggiare l’eresia di Lutero.

Un cenacolo di soggetti privati, dunque, che ha promosso, opportunamente, l’iniziativa per un autore sempiterno, forse, oggi un po’ trascurato. Spiace, infatti, che per una figura di tale importanza, uno degli emblemi del romanticismo inglese ed europeo, non vi siano stati celebrazioni organizzate dall’Amministrazione capitolina; poteva essere lo spunto per rilanciare, con altre analoghe iniziative culturali, il ruolo e l’importanza della cultura per la vita della città, anche in vista del prossimo anno giubilare.

Forse, più di tutte le città italiane, Roma potrebbe vivere della sua storia, della sua arte e della sua cultura; ma, come per tutte le cose di valore, la cultura va “coltivata” e rinnovata, non cedendo alla tentazione della bruttezza, in qualunque forma, perché più economica, pratica e veloce. L’evento commemorativo del grande poeta inglese è stato aperto dal messaggio di saluto dell’Ambasciatore di Grecia a Roma, Sua Eccellenza Eleni Sourani, per ricordare il sacrificio di Byron, morto di febbri malariche a Missolungi, il 19 aprile 1824, avendo partecipato come volontario ai moti insurrezionali per l’indipendenza della Grecia dall’opprimente dominio turco.

Dopo una breve introduzione ad opera dei due cofondatori del “Salotto Letterario Tevere Roma”, Paolo Dragonetti De Torres Rutili e Carlotta Ghirardini, ha preso la parola lo scrittore Vincenzo Patané, uno dei massimi studiosi di Lord Byron in Italia. L’intervento si è concentrato sul dualismo della personalità di Lord Byron, sulle sue numerose contraddizioni, che ne tratteggiano una figura molto più complessa e affascinante che non quella tramandata dai soliti studi scolastici. Una figura moderna, ancora attuale. Un uomo osteggiato dalle istituzioni moraliste e benpensanti, ma adorato dalle donne e dai popolani. Un malinconico della lontana Gran Bretagna ma insofferente verso gli inglesi, simbolo del Romanticismo e poi stufo dei poemetti melensi già allora straripanti presso il grande pubblico.

È stata poi la volta del Conte Carlo Piola Caselli, che ha svelato aspetti inediti ed aneddoti familiari tramandati dal patriota romantico Pietro Gamba su Lord Byron, quando entrambi erano in Grecia. Il conte Pietro Gamba (1801-1827) era il fratello di Teresa Guiccioli, amante di Lord Byron, e membro della Carboneria italiana. Accompagnò Byron nella sua missione in Grecia nel 1823, e fu descritto dal poeta inglese come “uno dei giovani più amabili, coraggiosi ed eccellenti” che avesse mai incontrato, “con una sete di conoscenza e un disinteresse che raramente si incontrano”. Gamba morrà di tifo nel 1827, mentre ancora si adoperava per l’indipendenza greca.

Emozionante è stato il ricordo sollevato, per opera del Conte Piola Caselli, in memoria dei 266 filelleni morti come Byron per l’indipendenza greca, di cui 42 italiani, i cui nomi sono iscritti nel tempio di Nauplia e per i quali la sala intera si è alzata in piedi commossa. Si è trattata della testimonianza non solo per il coraggio e l’estremo sacrifico di quei patrioti, ma anche per lo spirito romantico che ha pervaso gli uomini nobili di tutta Europa per oltre un secolo, portando la fiaccola della gloriosa Rivoluzione francese, attraverso il nostro Risorgimento e fino al XX° secolo quando, in occasione della Guerra civile spagnola, volontari da tutta Europa accorsero in difesa della Repubblica e per liberare la Catalogna. Uno slancio e un’adesione alle idee di libertà e mutua solidarietà fra i popoli, comprovate con la partecipazione diretta, anche a rischio della propria vita: si metteva tutto in discussione per un ideale, si abbandonava la sicurezza della propria quotidianità e per la ventura, confidando nella bontà della causa e nel valore della propria arditezza.

Oggi viviamo in una società permeata dagli automatismi, pensati per servirci e migliorare la qualità di vita di tutti e che, invece, hanno finito per fiaccare il corpo e immiserire lo spirito, rendendoci deboli nel pensiero e nell’azione. Già Leonardo Sciascia, decenni fa, aveva colto la rovina della società contemporanea, quando declinava la classificazione degli uomini! La società contemporanea, detta “fluida” o “liquida” è stata resa tale perché ultra-velocizzata dalle macchine che hanno trasformando il valore del tempo e la gerarchia dei valori: se tutto è velocissimo, il tempo si monetizza oltremodo, rendendo schiavi i deboli, che non lo possono comprare, e mercenari i borghesi che ad esso si prostituiscono.

Per l’appunto si oscilla fra necessità e opportunismo, senza riuscire a tenere una posizione di personale moralità. Si ha più tempo e si diviene perciò incapaci di coltivare le conoscenze e le amicizie, l’arte e la cultura, di elevare lo spirito oltre le scadenze del piattume quotidiano e renderlo capace di un moto di generosità, coraggio e libertà. Perché. per intraprendere un simile cammino, bisogna avere la forza morale di rinunciare all’effimero – che riempie la solitudine dei nostri giorni – e di spendere il proprio tempo verso mete importanti, che però si rivelano rischiose e faticose, e che dunque sono per pochi.

Simili obiettivi sono politicamente disastrosi, perché non riescono a coinvolgere le masse, da sempre arrendevoli e conquistate con “panem et circenses”. Ed ecco perché la cultura e la bellezza scompaiono oggi, tempo di populismi, dai programmi elettorali e dall’agenda politica delle amministrazioni. Il tempo della cultura come guida della società e della politica non è più…

(*) I cofondatori del Salotto Tevere Carlotta Ghirardini e Paolo Dragonetti De Torres con l’attore Bruce Payne

(**) Il Conte Carlo Piola Caselli

Aggiornato il 06 maggio 2024 alle ore 11:19