Una mattonata all'ottimismo di Monti

Nel presentare il documento economico e finanziario ieri il premier Mario Monti si compiaceva di aver dato la «prima applicazione» al principio del fiscal compact da parte di un Paese membro dell'Ue. Nonostante la crisi, il governo prevede che l'Italia centrerà già nel 2013 il pareggio di bilancio, sia pure nella versione "politica" accordata in sede Ue. Peccato che le stime su cui si basa tale previsione siano ormai le più ottimistiche in circolazione. Se si discostano solo lievemente da quelle di Bruxelles e della Banca d'Italia, appaiono davvero eccessivamente ottimistiche rispetto alle stime del Fmi.

Nel frattempo, Piazza affari viveva un'altra giornata nera (-2,42%), con lo spread stabile a 385, ma soprattutto giungeva da uno degli istituti di ricerca più autorevoli, il Censis, un inquietante allarme: il possibile crollo del valore degli immobili principalmente a causa dell'Imu. Ma andiamo con ordine.

Il deficit rispetto al Pil dovrebbe passare, secondo le stime contenute nel Def, dall'1,7% del 2012 allo 0,5% del 2013. In conformità, dunque, con il fiscal compact, che impone un disavanzo pubblico in termini strutturali non superiore allo 0,5% del Pil. Tanto più che al netto della componente ciclica, ossia degli effetti negativi della recessione, nel 2013 il Def prevede un avanzo strutturale dello 0,6%. Tutto dipende dalle stime del Pil. Ebbene, secondo il governo si contrarrà dell'1,2% nel 2012 per poi risalire dello 0,5% nel 2013. È qui che il Def rischia di peccare di ottimismo, rispetto alla Commissione Ue (-1,3%) e alla Banca d'Italia (-1,5%), ma soprattutto rispetto al Fmi, che prevede un -1,9% nel 2012 e un -0,3% nel 2013. In base a queste stime il rapporto deficit/Pil passerà dal 2,4% del 2012 all'1,5% nel 2013, per avvicinarsi a qualcosa di simile al pareggio di bilancio solo nel 2017 (1,1%). Il debito, di conseguenza, passerebbe dal 123,4% di quest'anno al 123,8% del prossimo, riuscendo a scendere sotto quota 120 solo nel 2017 (118,9%), mentre secondo il governo dovrebbe trovarsi sotto già nel 2014 (118,3%). Inoltre, il Fmi avverte che nei prossimi anni il debito elevato resterà una «condizione cronica pericolosa», e i mercati non ci faranno molti sconti sui tassi di interesse (sui btp decennali tra un minimo del 4,6% e un massimo del 5,7%).

Stime che sottolineano ancora una volta che senza tagli alla spesa, che consentano di ridurre la pressione fiscale su lavoro e impresa, e abbattimento dello stock del debito, la strada verso il risanamento rischia di essere sì virtuosa ma troppo lunga. I mercati potrebbero non concederci tutto questo tempo. Il giudizio del Fmi sulle politiche del governo Monti è tuttavia positivo, anche se cauto. A Washington sono consapevoli che non ha ancora adottato i necessari tagli alla spesa, ma in questa fase meglio incoraggiare che criticare.

Nel presentare le nuove stime Monti ha fatto leva sia sulla gravità della situazione («ci battiamo ogni giorno per evitare il drammatico destino della Grecia») che sull'untore preferito dei difensori della spesa pubblica, l'evasore fiscale, ma si è anche preoccupato di gettare le fondamenta economiche a sostegno di un disegno prettamente politico, quello della Grande Coalizione: «Siamo un governo breve chiamato a svolgere un compito lunghissimo» e «se le forze politiche che sostengono il governo, con grande senso di responsabilità, dovessero condividere questa piattaforma triennale e farla propria, in tutto o in parte, sarebbe un punto importante e una leva di fiducia nel lungo periodo nei confronti dell'Italia». Insomma, duratura la crisi, durature le sfide per la crescita, duraturo pure il percorso di risanamento, le forze politiche non potranno che proseguire nello «sforzo collettivo» anche dopo le elezioni del 2013.

Ma ciò che incombe sulle ottimistiche stime del governo Monti, sul raggiungimento degli obiettivi di bilancio nel prossimo triennio, è l'effetto recessivo, ancora difficilmente prevedibile, delle tasse che gli italiani devono ancora pagare, in particolare l'Imu. Se c'era una calamità che l'Italia fino ad oggi era riuscita a schivare era l'esplosione della bolla immobiliare. Ebbene, con l'Imu il governo Monti - i più avvertiti lo avevano segnalato già a dicembre - si è assunto il rischio di sfruculiarla. Si materializzerebbe il peggior incubo se una crisi immobiliare dovesse innestarsi in quella finanziaria ed economica già in atto. Il primo a lanciare l'allarme è stato, ieri, il direttore del Censis, Giuseppe Roma, secondo cui nel 2012 il valore delle case potrebbe crollare del 20%, con punte oltre il 50%.

Nei piccoli centri storici, ma anche nelle città di medie e grandi dimensioni, dove l'Imu sarà ben più pesante, si moltiplicano gli avvisi di vendita. Gli italiani stanno vendendo le seconde case, principalmente sfitte, che possiedono in eredità dai genitori o dai nonni, o come piccoli investimenti, ma in cui trascorrono pochi week end l'anno. Un lusso che non possono più permettersi. Poi c'è il problema dei mutui. Il 17% dei proprietari di casa lo sta ancora pagando. Si tratta di 4 milioni e 300mila famiglie. A giugno 2011 il 10,5% di esse era già in gravi difficoltà a pagare la rata del mutuo, oggi lo è 22,6%. Ce la faranno quest'anno a versare una pesantissima tredicesima rata allo Stato? Per non parlare degli anziani residenti nelle case di cura, la cui abitazione verrebbe considerata seconda casa.

Il riversarsi sul mercato, contemporaneamente, di tutta questa offerta, che nel bel mezzo di una crisi rischia di non trovare domanda, può far crollare l'ultimo vero valore che era rimasto nei portafogli delle famiglie italiane: la casa. E sebbene vengano immesse sul mercato soprattutto le seconde case, a crollare sarebbe il valore di tutti gli immobili. Le più penalizzate, avverte Roma, saranno le case di qualità edilizia meno elevata e in posizione periferica. Nell'ultimo decennio molti italiani hanno fatto sforzi enormi per acquistarle, a prezzi evidentemente spropositati. Conviene ancora pagare un mutuo su una casa che ha perso tra il 20 e il 50% del proprio valore? E cosa potrebbe significare per le banche mettere a bilancio perdite simili sui propri asset immobiliari?

Una bolla può lentamente sgonfiarsi, come stava accadendo (dal 2008 al 2011 si calcola un decremento del 3-4%), oppure può esplodere fragorosamente, come accaduto negli Usa e in Spagna, e come rischia di accadere ora in Italia proprio a causa dell'Imu, perché lo Stato si è comportato da «idrovora», congeniando un'imposta che chiede bene oltre la capacità contributiva dei possessori di immobili. Stiamo risvegliando un vulcano.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 18:22