Restituiamo all’Italia   i 4 miliardi dati a Mps

Il 26 ottobre la Banca centrale europea ha comunicato l'esito degli stress test condotti su 124 gruppi bancari europei, di cui 15 in Italia. Sono 25 gli istituti di credito che non hanno superato l’esame eseguito in base ai bilanci 2013.

Tra queste ci sono le italiane Montepaschi, Carige, Creval, Banco Popolare, Popolare di Milano, Popolare di Sondrio, Popolare di Vicenza, Veneto Banca. Cinque tuttavia hanno realizzato, nel corso del 2014, operazioni di rafforzamento patrimoniale mentre restano carenti di patrimonio Montepaschi, Carige, Bpm e Popolare Vicenza - queste ultime due hanno realizzato, sempre nel 2014, alcune operazioni a rafforzamento patrimoniale -. Sono dunque due le banche italiane con deficit patrimoniale, cioè Montepaschi per 2,111 miliardi - che scende a 1,35 al netto dei Monti bond - e Carige per 814 milioni. Sono infatti ben 3,9 miliardi i Monti bond con cui nel dicembre 2012 il governo Napolitano di Mario Monti ha salvato la banca Monte dei Paschi di Siena dalla chiusura. Dove sono quei soldi? Gli italiani li rivogliono indietro.

A distanza di meno di due anni infatti da quella operazione, oggi l'istituto di credito senese, arcinota cassaforte del partito democratico e “braccio” bancario del partito della sinistra italiana, è stato bocciato dalla Banca centrale europea. Che fine hanno fatto quei 3,9 miliardi di euro “travasati” nella banca Mps? Il salvataggio di Monte Paschi di Siena è stato deciso dal governo di Napolitano/Monti ed è stato pagato con l'Imu, la tassa sulla casa, con cui sono stati sottratti dalle tasche degli italiani (le nostre) i 4 miliardi circa di euro. Si ricordi che gli stress tests, cioè l'esame della Banca centrale europea sulla solidità delle banche, sono e si chiamano tecnicamente comprehensive assessment e comprendono sia l'asset quality review cioè la revisione della qualità degli attivi che la messa dei bilanci sotto sforzo in situazioni di ipotetici shock. Le banche sono bocciate se il common equity tier 1 ratio, cioè il parametro patrimoniale più utilizzato per valutare la solidità di una banca sia risultato essere inferiore all'8 per cento nell'ipotesi di uno scenario normale, o inferiore al 5,5 per cento in caso di scenari stressati.

L'analisi fatta dalla Bce è relativa ai bilanci delle banche al 31 dicembre 2013, nel calcolo cioè non sono stati inclusi eventuali aumenti di capitale o misure di rafforzamento del patrimonio intraprese dagli istituti di credito nel 2014, che sono stati invece calcolati in seconda battuta. Molte banche italiane, ad esempio, hanno fatto ricorso da tempo a importanti aumenti di capitale per anticipare una eventuale richiesta della Banca centrale europea e tra questi è spiccato l'aumento di Banca Mps da 5 miliardi. Alla bocciatura si aprono sostanzialmente alcuni scenari con differenti ripercussioni sui mercati finanziari. Se il patrimonio al 2013 è valutato come carente ai fini del superamento di eventuali situazioni di shock, la Banca centrale europea valuta anche se nel 2014 siano state varate misure di rafforzamento.

Se le misure sono ritenute sufficienti, l'istituto si salva e non deve quindi ricorrere ad ulteriori misure di rafforzamento patrimoniale. Se un istituto è stato bocciato e ove il suo patrimonio sia ritenuto insufficiente - anche considerate eventuali misure di rafforzamento prese nel 2014 -, ha quindici giorni di tempo per varare un piano di rientro e a quel punto dai sei ai nove mesi a seconda del livello di sforamento del common equity tier 1 per mettersi in regola. Nei casi di sforamento blando possono essere sufficienti misure di accantonamento di capitale. Se l'accantonamento non è sufficiente, l'istituto può essere costretto a cedere degli asset per trovare i fondi necessari a rafforzare il capitale. In caso di ammanco di capitale consistente, è necessario ricorrere ad un aumento di capitale.

In questo caso si hanno ripercussioni sia sull’andamento del titolo in Borsa - solitamente l'annuncio di un aumento di capitale spinge molti investitori a vendere il titolo causando un ribasso delle quotazioni - che sull’aumento del costi della raccolta di credito per l'istituto con ripercussioni anche sui tassi delle obbligazioni emesse dalla banca, che lievitano. E’ ipotizzabile anche un downgrade, cioè un taglio di rating sul livello di solvibilità della banca con ulteriori ripercussioni su tassi e costo raccolta. Il caso peggiore è quello in cui l'istituto non sia in grado di portare a casa con successo un aumento di capitale pari all'ammontare dell'ammanco emerso dalle valutazioni della Bce.

A quel punto si deve fondere con altri istituti e questo scenario ha pesanti ricadute sul titolo della banca, sul costo della raccolta e sui tassi delle obbligazioni bancarie. Un aumento dei tassi spinge di converso a un calo dei prezzi che si muovono in direzione opposte dei bond bancari, molti dei quali venduti anche al pubblico retail che si trova quindi dinanzi a una minusvalenza. Ed è quasi certo un downgrade, cioè un taglio di rating sul livello di solvibilità della banca con ulteriori ripercussioni su tassi e costo raccolta.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:31