Milano, a lezione di tasse “bellissime”

Nel Paese in cui la pressione fiscale reale (al netto del nero) è arrivata a superare il 53%, in cui alcune piccole e medie imprese arrivano a pagare il 70% dei loro utili, in un periodo di case pignorate da Equitalia, di imprenditori che si suicidano sempre più numerosi perché non riescono a pagare quel che devono allo Stato, ebbene in mezzo a tutto questo si organizza a Milano una “Giornata della Virtù Civile”. In cui si spiega che le tasse sono “una cosa bellissima”, come diceva il defunto ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa.

La giornata è stata organizzata, il 4 dicembre scorso, da un’associazione che si fregia del nome di un grande eroe borghese, Giovanni Ambrosoli, che è presieduta dal figlio di Ambrosoli, Umberto, probabile futuro candidato alla poltrona di sindaco di Milano e da Ferruccio de Bortoli, direttore uscente del Corriere della Sera. Di fronte a simili nomi, ogni critica ammutolisce. E però … come fanno a proporci la tesi che le tasse sono bellissime? Con ben tre eventi in contemporanea: una dedicata ai bambini delle scuole primarie (“Le belle tasse”), una a quelli delle scuole secondarie (il concorso letterario “Le tasse per me” e quello fotografico “I tanti Ris-Volti delle tasse”) e una terza agli studenti dell’università Bocconi (“Lezione Giorgio Ambrosoli”). Interessanti le domande rivolte dai bambini delle elementari al professor Franco Fichera (docente di Diritto Tributario), il protagonista dell’evento “Le belle tasse”. Interessanti, perché dimostrano come i bambini, spontaneamente e non ideologicamente, non riescano a comprendere in modo intuitivo il senso della tassazione. Nemmeno dopo che glielo hai spiegato in modo chiaro, semplice e lineare. Domande come “Ma i politici le pagano le tasse?”, “Quindi chi non ha (non ha da pagare, ndr) le tasse, non ha la casa?”, “Pagate (con le tasse, ndr) solo la scuola pubblica o anche quella privata?”, “Ma se un sindaco non paga le tasse, cosa gli fanno?”.

Queste domande fanno capire due cose. Primo: contrariamente al titolo di un best seller francese dello scorso Natale, i bambini non nascono comunisti, ma individualisti e potenzialmente liberali. Infatti non capiscono il senso di tasse che prelevano i soldi di tutti per darli a non si sa chi e a non si sa per cosa. Questa è la dimostrazione, meglio di tanti libri di filosofia liberale, che la logica della redistribuzione è contro-intuitiva. Deve essere inculcata in lunghi anni di educazione. Secondo: i bambini riflettono quel che sentono dire a casa, da genitori e fratelli maggiori. Le loro domande incredule sono le stesse che si stanno ponendo gli adulti. Noi adulti, in effetti, sappiamo che un sindaco non rischia quanto un piccolo imprenditore, che un politico paga le tasse, ma è anche il maggior beneficiario delle tasse altrui (anche solo considerando il suo stipendio pubblico), che non avere i soldi per pagare le tasse comporta la perdita della casa, che le tasse servono a pagare solo la scuola pubblica, ma anche i genitori che mandano i figli alla privata le devono pagare ugualmente (pagando, di fatto, due volte: le tasse per la pubblica e la retta per la privata). Queste sono tutte realtà che sanno anche i bambini … ora lo possiamo affermare con certezza. Solo in anni e anni di (ri)educazione i loro insegnati, stipendiati dallo Stato, inculcheranno loro l’idea che quel che credono è falso e che il loro futuro sarà onesto e civile solo se impareranno a pagare puntualmente tutto quel che viene loro richiesto dal governo.

Il problema della classe dirigente italiana è sempre stato questo, lo è tuttora: se il suo progetto politico dimostra di non funzionare, non cambia progetto, ma cerca di cambiare la testa dei cittadini. Nessuno, finora, ha mai preso seriamente in considerazione di ridurre il peso dello Stato e di lasciar libera l’iniziativa dei privati. Nessuno ha pensato che gli stessi servizi, che ora sono forniti dallo Stato in regime di monopolio e pagati con le tasse, un domani potrebbero benissimo essere forniti da privati con soldi propri e a un costo addirittura inferiore. Lo Stato ha finito i soldi, schiacciato da 2200 miliardi di debito pubblico. Ha bisogno di tasse, sempre nuove tasse, per potersi mantenere in piedi, fino al completo annichilimento dei ceti più produttivi. Neppure Renzi “il riformatore” pensa di cambiare rotta. Le associazioni della società civile pensano, piuttosto, a insegnare agli italiani, fin dalla loro più tenera infanzia, che quel che è brutto, brutto e disfunzionale sotto tutti i punti di vista, deve essere considerato “bello”. Anzi: bellissimo.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:23