It’s raining... money!

Da marzo 2015 fino a settembre 2016 pioveranno soldi. Politica monetaria espansiva doveva essere, e politica monetaria espansiva sarà. Non si conoscono ancora le modalità né le percentuali ma la Banca centrale europea si appresta ad acquistare titoli di Stato, di agenzie e di istituzioni europee in maniera sistematica, aggiungendosi ciò agli acquisti di obbligazioni già deliberati per otto miliardi circa. Il piano della Bce quantitative easing consta di più di mille miliardi, sessanta miliardi di euro al mese per diciotto mesi consecutivi. L’obiettivo è il ristabilimento del tasso di inflazione in prossimità del 2 per cento, sventando così la deflazione.

L’ ottanta per cento delle perdite sugli acquisti di titoli di Stato rimane a carico delle banche centrali nazionali e il venti per cento sarà in condivisione con il sistema europeo. La poca condivisione è tale perché, nel consiglio della Bce, sono stati forti le contrarietà a una maggiore condivisione da parte di Germania e Paesi del nord, contrari ai debiti altrui. Le perdite finiranno cioè sui bilanci degli Stati dell’Eurozona; l’Italia potrà dovere sopportare il rischio di circa cento miliardi di Btp corrispondenti all’ottanta per cento dell’intero ammontare di acquisti destinato al debito italiano pro quota. Quel venti per cento di condivisione rappresenta tuttavia l’inizio di una mutualizzazione del debito tra i diciannove Paesi dell’eurozona. In caso di crisi del debito sovrano, il singolo Stato dovrà ricapitalizzare la propria banca centrale, potendo accedere a programmi di eventuali aiuti comunitari.

Il mercato ha dapprima festeggiato, gli spread si sono ridotti, le azioni sono lievitate. L’euro è sceso. Si ricordi che il quantitative easing è uno strumento non convenzionale di politica monetaria con cui la Banca centrale europea, non potendo oltremodo servirsi dei tassi d'interesse già prossimi allo zero, né degli eurounionbond osteggiati come la peste dalla Germania, sta puntando a rilanciare l'economia dell'eurozona riducendo in tal modo il costo del denaro e dando una spinta e incoraggiando i prestiti e gli investimenti. L'obiettivo di questa misura è cioè rilanciare il mercato del credito, innescare un calo di tutti i tassi di interesse, contrastare la deflazione e ridurre, tolti i rischi, il carico dei debiti degli Stati.

Il problema è adesso che questa cospicua somma di denaro giunga a destinazione, cioè all’economia reale, facendo così ripartire domanda e consumi, investimenti e occupazione. L’acquisto di titoli di Stato immetterà liquidità in un momento, tra l’altro, in cui il petrolio costa meno e l’euro, svalutandosi, favorisce l’export. Il messaggio e i fatti conseguenti sono chiari: soldi immessi in Europa dalla Bce e Paesi dell’eurozona che devono funzionalizzare i propri assetti alla crescita. Per l’Italia, ciò vuole dire necessaria ricomposizione del sistema democratico, ovvero assetto regolare e legittimo delle istituzioni, governi legittimi, taglio netto della tassazione, spending review a favore gli investimenti, della crescita e del benessere della popolazione italiana tutta. Funzionalizzazione del Paese tutto al mercato. Con lo spettacolo misero della conquista a parole dell’ inutile flessibilità, l’Italia ha toccato in Europa il fondo. Si deve approfittare dell’attuale spinta che viene da Draghi all’Europa per ristabilire, riorganizzare, riformare, riportare a legittimità in Italia. Si dura poco come siamo messi oggi. E, incredibilmente, anche mille miliardi durano poco e si consumano presto se si attacca e si persiste, come si fa stoltamente adesso, con trasferimenti previdenziali in luogo di maggiore produzione e maggiori investimenti; meno sussidi quindi, e più produzione.

In un’Europa burocratica e fregnona, incapace e inadatta, l’attuale presidente italiano della Bce ha deciso di porre in essere scelte e atti di politica monetaria, negati per lettera nel 2011. Al pari di quanto è stato fatto con le immissioni sul mercato dalla Federal Reserve negli Stati Uniti, la Bce sta facendo con il quantitative easing dell’Europa uno spazio economico in grado di esistere dotato di propria fisionomia accanto a Stati Uniti, Giappone o Gran Bretagna, ma è necessario costituire l’Unione politica europea, legittimata e legittima nelle scelte istituzionali, economiche e sociali, e soprattutto porre in essere progetti di risanamento comuni e delle singole finanze pubbliche dei Paesi membri, oltre che riforme strutturali al loro interno.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 18:25