Lavoratori informati ed esperti dei fatti

La Uil-Com Roma e Lazio ha ricevuto un grande mandato dai lavoratori della Wind nel corso delle elezioni sindacali tenutesi nelle prime due giornate di luglio.

Ben il 36 per cento dei votanti si è espresso per 8 Rsu e 2 Rls Uil sui 21 complessivi rappresentanti dei 2114 lavoratori della sede romana della società telefonica, che costituiscono un terzo del totale dei dipendenti della società. Il voto ha largamente deciso in favore di due sole sigle, la Uil Com e l’Slc (separate da circa 200 preferenze), che hanno fatto il vuoto dietro di sé. Grande successo per la capolista della Uil, Giovanna Sarnelli, la donna più votata tra i rappresentanti Rls e Rsu Wind. Una chiara espressione democratica tenutasi sotto le regole del nuovo Testo unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014, quindi senza il paracadute di garanzia di presenza per le sigle sindacali all’asciutto di consenso tra i lavoratori.

I 6887 dipendenti della Wind Telecomunicazioni (89% impiegati, 9% quadri e 2% dirigenti), 41 anni di età media, stanno per affrontare il quinto passaggio epocale dei 18 anni della società. Dopo aver indossato un cappellino aziendale statale, tedesco, francese, olandese, egiziano, russo, potrebbero portarne uno cinese. Entrati un lustro fa nel sesto gruppo mondiale, il russo VimpelCom da 60mila dipendenti, sono ora vicini alla fusione con “3 Italia” del gruppo Hutchison Whampoa. Una unione alla pari tra il terzo ed il quarto telco d’Italia che varrebbe - a fronte di 30 milioni di clienti e 12mila dipendenti - 18 miliardi in Borsa. Finanza ed Europa vedono di buon occhio il consolidamento da 4 a 3 degli operatori del settore mobile. Un processo che segue quanto già avvenuto in Germania (ePlus dell’olandese Kpn unita a Telefonica Deutschland), in Irlanda (3 e O2) ed in Austria (3 e Orange).

Come Telecom, anche Wind vede la sua redditività (4,6 miliardi del 2014) repressa dai circa 9 miliardi di debiti dovuti alla scalata di VimpelCom, che oggi per la caduta del rublo capitalizza la metà del rosso del suo operatore italiano. Il cinese Li Ka-shing, se può mettere sul piatto solo 2 miliardi del fatturato 3 Italia, non ha però problemi finanziari.

Quando si parla di mercato unico digitale o di banda larga affidata ad Enel, i lavoratori Wind, che sono anche ex Itnet (acquisita nel 2000), ex Blu (2002, incluso il call center di Palermo), ex Delta (2004) dovrebbero essere sempre interpellati come persone informate ed esperte dei fatti. Hanno esperienza da vendere; hanno attraversato l’entrata ed uscita di Olivetti (quella di Ivrea) dalle tlc. La nascita e la morte dei social network italiani. L’entrata e l’uscita, via Stet Hellas e Tellas, delle tlc italiane dalla Grecia. La fine del monopolio della telefonia fissa del 2002 con la liberalizzazione del local loop. I lavoratori Wind hanno visto ascesa e caduta delle joint venture tra le telco europee e ne hanno vissuto i litigi e le incredibili opposizioni all’allargamento di business e mercati. Potrebbero raccontare bene perché le telco nazionali né si vogliano unire, né desiderino un unico mercato europeo delle tlc. Possono raccontare per filo e per segno tutte le idee, apparse e scomparse, relative all’uso di infrastrutture alternative alla rete Telecom, sia nell’iniziativa del gigante elettrico Enel per il mobile, sia nel miraggio della rete Ferrovie dello Stato di 1770 chilometri, di cui Infostrada si garantì nel 1998 il diritto trentennale. Potrebbero spiegare perché tutti questi progetti, che oggi riaffiorano con Enel a vent’anni di distanza, siano illusori. A breve potranno raccontare di questo nuovo intervento politico nelle tlc, che va sotto il nome di consolidamento del mobile europeo.

L’origine sta nel fiume di miliardi erogati per lo scambio della società: 11,5 spesi dal Tesoro per nazionalizzarla, 12,5 pagati da un miliardario arabo per privatizzarla per poi cederla a 6 e mezzo. Se si è risolta in un nulla di fatto la voce arrivata all’autorità giudiziaria su mazzette da cento milioni per facilitare la vendita pubblica, è un dato di fatto la contestazione di evasione fiscale su operazioni di raccolta fondi presso investitori esteri per 4,8 miliardi nel 2006-09, durante l’amministrazione Gubitosi, poi uscito nel 2011 con una buonuscita da 8,5 milioni. Per ora VimpelCom ha deciso di pagare al Fisco 14 milioni su un altro contenzioso.

I lavoratori della Wind sostengono la media di 3600 clienti a testa, raggiunta dal primo milione di clienti mobili del 1999, dal primo di quelli fissi (2007), dai 24 milioni di clienti totali del 2002 (grazie al parco clienti della fallita Blu), fino ai picchi dei 30 milioni del 2003, dei 20 milioni di abbonati mobile nel 2010 e 25 nel 2013. Risultati però che affogano nel fiume di miliardi di debiti da scambi o da operazioni finanziarie. Sottacqua va anche il mito dell’onestà trasparente dei mercati privati. Troppe operazioni attorno alle tlc lasciano dietro di sé società più indebitate e proprietari\manager più ricchi. I consolidamenti societari allora si rendono indispensabili, ma non per l’esigenza di investimenti nell’innovazione richiesti dalla società o per rispettare i tanti obblighi, tra cui i prezzi fissati ex lege, imposti al settore. Diventano necessari per nutrire il circolo vizioso della crescita del mercato, della competizione e dei risultati, tutti destinati ad essere inghiottiti dalle macchine statali e finanziarie. Wind e 3 Italia hanno costruito il loro business sull’economicità dell’offerta con effetti di calmiere sul mercato. Molti oggi temono di fronte a solo 3 telco rimaste per il 90 per cento del mercato, l’aumento dei prezzi, i quali però negli ultimi anni se non decenni sono sempre scesi. Più preoccupante è invece il possibile consolidamento dell’occupazione e delle sedi di lavoro.

In Wind poche sono state le assunzioni degli ultimi tre anni (97 unità, 198 e 136, inclusi i contratti a termine) in linea con le uscite (149, 185, 152). La stabilità è stata una dura conquista sindacale che con gli accordi del 27 gennaio 2012 e del 29 luglio 2014 ha bloccato il licenziamento previsto prima di 1600 dipendenti di gestione e manutenzione rete, poi di altri 500. Risultati ottenuti al prezzo di una forte riduzione del costo del lavoro, di costosi contratti di solidarietà per 6061 dipendenti, della quasi completa eliminazione del premio di risultato e di un vasto programma formativo interno. E che non hanno potuto evitare la vendita di 6mila su 13mila torri di comunicazione della società Galata (che vanta un contratto di service di 15 anni con Wind) a Cellnex Telecom con cessione individuale di contratto ex articolo 1406 cc. per 100 lavoratori ex real estate e network operation. Non potrebbe essere accettato che il consolidamento vanifichi gli sforzi e gli accordi passati mettendo a repentaglio magari per sovrapposizione di competenze la tenuta occupazionale dei circa 7mila dipendenti Wind e 5mila di 3 Italia, e delle relative sedi Wind di Roma, Pozzuoli, Ivrea, Rho, Palermo, Milano, Venezia e Torino, come di Trezzano sul Naviglio per H3G, con tutto il conseguente indotto lavorativo (servizi di consulenza, ristorazione, sicurezza, logistica, pulizia).

La Borsa ha risposto subito positivamente alle voci sulla fusione con un rialzo del 7,7 per cento. Per definire il consolidamento un’“operazione positiva” è logico attendersi un simile aumento percentuale degli emolumenti e dell’occupazione relativa. Sarebbero d’accordo tutti i manager che i lavoratori Wind hanno visto passare, da Tatò e Starace dell’Enel, agli ex Stet e Telecom De Tommaso, Ruggiero e Dal Pino (ora Pirelli Brasil), Pompei (poi Tiscali), il futuro dg della Rai Gubitosi, fino all’attuale Ibarra (nato in Colombia ma cresciuto in Abruzzo), in nome dei relativi brand Enel, France Télécom, Deutsche Telekom; Olivetti, Bell Atlantic e Mannesmann; Orascom, VimpelCom e Whampoa.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:24