Referendum e rimodulazione del debito pubblico

È necessario promuovere un referendum per rimuovere dalla Costituzione italiana la clausola di sottomissione ai vincoli europei, così come è già per la Germania, che importa le regole europee ove siano ritenute compatibili con i principi costituzionali interni di sovranità e democrazia. Altrettanto necessario è comunicare all’Europa tedesca la richiesta di eccezione italiana rispetto alle regole europee, così come ha già fatto l’Inghilterra prima di Brexit. L’Italia deve presentarsi alla nuova Europa avendo rimodulato il proprio debito pubblico che impedisce la nostra crescita.

Mentre la Germania vanta ad oggi 720 miliardi di euro di credito Target 2, somma che rasenta l’intero importo del Fondo salva-Stati europeo, l’Italia fa sempre più fatica. Il debito pubblico italiano va rimodulato, vale a dire consolidato posticipandone le scadenze e configurandone in maniera diversa le condizioni, dando cioè una diversa determinazione degli interessi da corrispondere. Contestualmente, è opportuno dismettere porzioni di patrimonio pubblico disponibile ma non strategico, e dopo le elezioni, nuovi Parlamento e governo dovranno dare necessariamente una svolta all’andamento della nostra economia, con il minimo impatto e nel più breve tempo possibili. Con decreto legge a carattere di urgenza si possono quindi posticipare tutti i titoli pubblici emessi dal Tesoro, che siano a tasso fisso, variabile, indicizzati, Bot, garantiti dallo Stato italiano, e tutte le loro scadenze, per una durata di lungo periodo, sette, dieci anni. Ciò indipendentemente dal tipo e durata del titolo stesso. Gli interessi relativi potranno essere determinati annualmente, con pagamento semestrale, sulla base del dato ufficiale del costo della vita in Italia e del 20 per cento del tasso di crescita del pil nazionale. Ideale sarebbe la media dei tassi tedeschi e francesi per i titoli della stessa durata. Si attribuisce così, ad esempio, per ogni mille euro di valore nominale di emissione di ciascun titolo 250 warrant da utilizzare nei successivi sette/dieci anni al fine di “opzionare” i beni messi a disposizione dallo Stato.

Una lista cioè definita di beni, asset, immobili, partecipazioni, concessioni da “opzionare” con la sola determinazione del valore di vendita per un controvalore di 400 miliardi di euro, un quinto cioè del totale degli attivi patrimoniali dello Stato. Totalmente acquistati da terzi i beni alienati dello Stato, il debito pubblico si ridurrebbe decrescendo il rapporto deficit pubblico/pil. I risparmi ottenuti per la diminuzione nella corresponsione degli interessi sul debito rimodulato, e i benefici derivanti dalle alienazioni di porzioni di patrimonio pubblico, creeranno altresì spazio per ridurre la pressione fiscale e porranno le condizioni per l’aumento significativo della nostra crescita economica.

La posticipazione per la decina d’anni farà prendere tempo al Paese il quale deve consentire, ad almeno una legislatura elettorale, di provvedere all’ effettivo piano di risanamento dei conti pubblici. Il Tesoro non avrà la necessità di finanziarsi tramite emissioni di titoli ed il costo per interessi sul debito diminuito consentirà di destinare quanto risparmiato agli investimenti pubblici o allo stimolo fiscale della spesa privata, a cominciare dall’abbattimento del cuneo fiscale dei salari.

Fondamentale è ricordare che la ricchezza, per essere tassata e distribuita, deve essere prima prodotta, al contrario di ciò che avviene adesso, soffocata e “bastonata” com’è sul nascere. Quello che si vuole dire è che gli investimenti che verranno deliberati potranno sortire gli effetti desiderati di crescita e occupazione solo escludendo lamano pubblica su essi che li blocca e tassa, li impedisce. L’Italia si risana e se ne riduce la spesa pubblica solamente passando attraverso la abrogazione cioè l’eliminazione della incidenza della mano pubblica - ad esempio la legge Bassanini - che non ha fatto e non fa tuttora altro che moltiplicare i centri di potere inefficiente e la spesa pubblica italiana, alimentandone a dismisura la corruzione, essendone addirittura presupposto. L’Italia deve presto, riguardo alle invasioni di migranti, nel proprio interesse, aiutare e farsi aiutare dal consesso sordo europeo a che le popolazioni stiano a casa propria, perché vi restino, e ove “evasi”, vi siano rispedite. Lo ius soli, lungi dall’essere imposto coercitivamente dai mai eletti ai governi, sia sottoposto anch’esso a referendum. In quanto diritto fondamentale è bene, oltre che necessario, che sia deciso e voluto dagli italiani tutti.

Aggiornato il 30 agosto 2017 alle ore 19:34