Miracoli in stand-by

Mentre veniva strombazzato ai quattro venti il famoso “Decreto dignità”, sostanzialmente fondato sull’assurda pretesa di creare sviluppo e occupazione attraverso l’imposizione di ulteriori vincoli al mondo delle imprese, il ministro dell’Economia Giovanni Tria ribadiva in Parlamento la sua ferma intenzione di tenere i conti pubblici in ordine.

In particolare, il successore di Pier Carlo Padoan, pur rimarcando una formale presa di distanza dalla linea seguita da quest’ultimo, ha espresso parole inequivocabili, soprattutto quando ha rivendicato “la continuità rispetto a un pensiero sano e ovvio di chi dice che non si possono far saltare i conti. La discontinuità non si vede sul livello del deficit e sulla spesa dicendo ‘o mandiamo all’aria i conti o non c’è discontinuità’. La discontinuità si vede nell’uso delle risorse e nella composizione delle entrate e delle uscite”.

Ciò, tradotto nella lingua dei comuni mortali, soprattutto di coloro i quali hanno pensato che attraverso il voto si potesse realizzare qualunque miracolo, ribadisce ancora una volta che le principale promesse elettorali di chi oggi governa sono inesorabilmente destinate a restare nel libro dei sogni. Così come, almeno fino a quando ci sarà una persona responsabile a gestire il bilancio pubblico, i vaneggiamenti di chi, magari spacciandosi per scienziato economico, invocava demenziali quanto poderose stimolazioni della crescita in deficit sono destinati a restare tali: deliri keynesioti che, laddove siano stati applicati, hanno prodotto solo povertà e devastazione. Su questo piano Tria è stato categorico, affermando che nessun atto del suo Esecutivo “metterà in dubbio la tenuta dei conti”.

Dunque una bocciatura senza appello della linea “botte piena e moglie ubriaca” portata avanti soprattutto dagli sprovveduti che si raccolgono dietro gli slogan e le parole d’ordine del sempre più disorientato Luigi Di Maio. A tal proposito, sebbene sia passato appena un mese dal suo insediamento al ministero del Lavoro e dello Sviluppo economico, il suo surreale iper-attivismo, fatto di molti annunci e ben poco costrutto, sta rendendo clamorosamente manifesto il suo bagaglio politico, composto di poche e molto confuse idee. Per ora i danni di tale incapacità sembrano circoscritti al suo assurdo tentativo di contrastare la realtà attraverso una sorta di regressione normativa all’interno del mercato del lavoro. Ma nel caso non ci fosse più un baluardo come Tria a difendere la trincea di una sempre più necessaria disciplina di bilancio, le pazzesche teorie elaborate nel frullatore mediatico della piattaforma Rousseau potrebbero trovare nel capo politico del Movimento 5 Stelle un micidiale collettore per far saltare in aria un sistema che vive sulla polveriera di un colossale debito pubblico da sostenere.

Aggiornato il 04 luglio 2018 alle ore 14:18