Un cappio di seta: cedere sovranità per saldare i debiti

Avete presente il Montenegro? Un piccolo Stato che si avvia al fallimento per essersi fatto ammaliare dai prestiti facili di Pechino, che finanzia con trilioni di dollari le sue nuove Vie della Seta destinate ad avvolgere come un’invisibile tela di ragno, lungo i paralleli e i meridiani terrestri, tutte le maggiori aree geografiche strategiche della Terra, in cui si sviluppano e si diramano i principali flussi dei traffici mondiali relativi alla produzione di beni lavorati e agli scambi internazionali di materie prime.

Porti, autostrade, grandi infrastrutture viarie e treni ad alta velocità sono i nuovi ambasciatori dei fatti concreti, che la Cina intende sublimare al concetto di colonizzazione tradizionale: non armi, né eserciti, ma profonde dipendenze politico-funzionali del resto del mondo nei confronti del rinato rosso-celeste Impero. Così il Montenegro, pensando di accelerare enormemente il suo processo di sviluppo, si è fatto incastrare da un bel contratto capestro con la Cina, la cui Banca per l’import-export ha finanziato all’85 per cento la prima delle quattro sezioni relative alla costruzione di una grande autostrada di montagna, lunga 165 chilometri, destinata a collegare il porto montenegrino di Bar sull’Adriatico con la Serbia, stretto alleato di Pechino nella regione. L’accordo prevede un prestito di 809 milioni di euro, con interessi del 2 per cento, il pagamento ripartito su 20 anni e nessuna rata da pagare per i primi 6 anni.

La costruzione è stata affidata senza gara d’appalto alla China Road and Bridge Corporation (Crbc), di proprietà di Pechino e una delle più grandi compagnie di edilizia al mondo che, ovviamente, impiegherà personale cinese nella sua realizzazione! Per contratto, finanziamento e completamento dell’opera sono presi in carico dalla Crbc che, al termine dei lavori, avrà in concessione per 30 anni la gestione dell’autostrada. Cosa che consentirà alla Road and Belt Initiative (Rbi) – la nuova Via della Seta della Cina – uno sbocco (praticamente gratuito e redditizio) sull’Adriatico! Morale della favola: il Montenegro ha visto decollare il suo debito pubblico dal 63 al 78 per cento e gli occorreranno altri miliardi di dollari che non ha per completare un’autostrada inutile: la gestione, infatti, è prevista in pura perdita per gli scarsissimi volumi di traffico coinvolti!

Non riuscendo a ripagare il suo debito con la Cina (come del resto è già accaduto in situazioni analoghe a Gibuti, Mongolia e altri cinque Paesi che hanno aderito alla Rbi), il governo di Podgorica ha chiesto aiuto all’Europa. Qualora il Montenegro non fosse in grado di onorare il suo debito, è contrattualmente previsto che la Banca prestatrice prenda possesso a titolo di garanzia di parte del territorio montenegrino. Il che implica una perdita certa (anche se parziale) di sovranità, tanto più che, in caso di dispute legali, sarà competente a dirimere il contenzioso una… Corte arbitrale cinese!

A questo punto, ogni persona di buon senso capirebbe che la Rbi rappresenta esclusivamente un ottimo, planetario e redditizio affare per alimentare il progetto di dominio sul mondo del capital-comunismo alla cinese, la vera inquietante alternativa a quello tradizionale di derivazione anglosassone. Della faccenda sembra essersi accorto anche il pigro G7 nella sua ultima riunione di giugno, e ha deciso di avviare un’iniziativa congiunta per contrastare la mano pesante di Pechino nell’espansione delle sue attività strategiche a spese dei Paesi in via di sviluppo. La mossa abbastanza confusa dei sette grandi dell’Occidente soffre, tuttavia, di uno strategico svantaggio iniziale rispetto al progetto unitario della nuova Via della Seta di Xi Jinping. Anche perché, fino a prova contraria, il travolgente sviluppo dell’economia cinese negli ultimi venti anni si è avvalso, per la raccolta del cotone, del lavoro coatto o forzato nello Xinjiang di milioni di Uiguri, minoranza etnico religiosa musulmana.

Joe Biden propone di rispondere alla Cina con una… tripla B (“Bbb”, ovvero Build Back Better, “Ricostruire meglio di prima”), consistente in una sorta di Piano Marshall verde, per rilanciare l’occupazione nell’Occidente post-pandemia e nel resto del mondo in chiave egalitaria e green. Negli Stati Uniti Bbb si presenta con 7 trilioni di dollari di budget per la ripresa post-Covid da incardinare sui seguenti assi: investimenti in infrastrutture; creazione di dieci milioni di nuovi posti di lavoro nelle energie pulite; sussidi governativi a favore dell’edilizia residenziale, della formazione scolastica, delle imprese e delle cure sanitarie.

Tuttavia, il famoso decoupling che intende svincolare l’Occidente dall’eccessiva interdipendenza economica con la Cina, spostando le catene di valore strategiche verso i Paesi del Sud-Est asiatico, come Taiwan e Singapore, non è un obiettivo facilmente raggiungibile nel breve-medio termine, soprattutto per le economie europee che sono meno attrezzate degli Usa nel sistema di supervisione degli investimenti stranieri (e cinesi, in particolare). Ad esempio, nel 2008 la pandemia mondiale dei mutui subprime ha costretto Paesi profondamente colpiti dalla crisi finanziaria, come la Grecia, ad accogliere a braccia aperte capitali cinesi per l’acquisto del porto del Pireo, che ha consentito a Pechino di penetrare in profondità nei flussi commerciali che attraversano il Mediterraneo.

Anche per il futuro, quindi, c’è da aspettarsi mosse a tutto campo da parte cinese per realizzare le vie di mare e di terra previste nel piano megagalattico della Rbi, che la debole coesione dell’Occidente non sembra in grado né di contrastare né di potergli opporre valide alternative. Di conseguenza, i timonieri dei Governi del G7 e del G20 sono avvertiti: senza corrispettivo adeguato non si cantano messe.

Aggiornato il 16 giugno 2021 alle ore 11:41