Cosa sono i “Pir alternativi”

Prima di definire e comprendere il concetto “Pir alternativo” è opportuno soffermarci per un attimo sul significato del termine “Pir” e sulle sue caratteristiche. Il concetto di Pir (Piano individuale di risparmio) è stato introdotto dalla Legge di stabilità del 2017 con l’obiettivo di aumentare gli investimenti nelle aziende nazionali, mediante il contributo di persone fisiche (risparmiatori) italiani.

La Legge di bilancio 2017 ha voluto favorire esplicitamente la canalizzazione del risparmio delle famiglie verso gli investimenti in strumenti finanziari di imprese industriali e commerciali italiane ed europee radicate sul territorio italiano. Questo con l’obiettivo di facilitare per tali imprese l’approvvigionamento di risorse finanziarie come alternativa al sistema bancario, sempre più stretto tra le morse di Basilea. Il legislatore ha previsto dei vantaggi per tutti i risparmiatori che utilizzano questi tipi di strumenti. Tra i vantaggi più evidenti c’è la non imponibilità delle imposte sui redditi dei proventi di natura finanziaria, derivanti dagli investimenti operanti tramite piani individuali di risparmio a lungo termine, che rispettino le caratteristiche espressamente previste dalle disposizioni in materia. In altri termini, per tali tipi di operazioni non è prevista l’applicazione del capital gain sui proventi. Inoltre, per tali tipologie di forme di risparmio non è prevista l’applicazione delle spese di successione per il trasferimento mortis causa degli strumenti finanziari detenuti nel piano. La Legge di bilancio 2017 ha stabilito che la costituzione di un Pir può avvenire attraverso varie forme:

1) rapporto di custodia o amministrazione (anche fiduciaria);

2) rapporto di gestione di portafoglio;

3) stabile rapporto con intermediario abilitato;

4) stipula di un contratto di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione.

In tutti i casi bisogna optare per l’applicazione del regime di risparmio amministrato. Il decreto legge 19 maggio 2020 numero 34 ha introdotto i “Pir alternativi”, ossia strumenti che vanno a incentivare ulteriormente l’afflusso di risorse finanziarie alle imprese, in quanto si prevede oltre alla possibilità di conferire capitale di rischio anche la possibilità di conferire capitale di debito verso imprese diverse da quelle di grandi dimensioni. Il Piano di risparmio alternativo è stato pensato, quindi, per indirizzare le risorse del risparmio a qualsiasi titolo da parte dei privati verso le piccole e medie imprese non quotate. Il risparmiatore, pertanto, oltre a detenere un Pir ordinario può avere un Pir alternativo, rispettando determinati limiti e requisisti.

Vediamoli insieme. Innanzitutto, bisogna tenere conto dei limiti quantitativi: massimo 300mila euro l’anno e un importo complessivo che non può superare 1,5 milioni di euro. Il limite temporale: per usufruire dei benefici fiscali, il risparmiatore deve detenere il Pir per almeno 5 anni. Abbiamo poi il limite di concentrazione: il 70 per cento del portafoglio per deve essere investito in prodotti qualificati, mentre il restante 30 per cento può essere investito in qualsiasi strumento finanziario. L’obiettivo del legislatore è chiaro: favorire il reperimento di capitale da parte delle aziende e permettere al privato di usufruire di importanti vantaggi fiscali, se utilizza tali strumenti. Trattandosi di uno strumento nuovo, è di fondamentale importanza comprendere pienamente il significato e affidarsi a un esperto del settore, in grado di guidarci nella scelta migliore.

Aggiornato il 20 febbraio 2023 alle ore 11:05