Perché sugli affitti delle case ha ragione Milei

È di alcuni giorni fa la notizia della sottoscrizione, in Argentina, del primo contratto di locazione per un appartamento a Rosario, la terza città più popolata, nel quale le parti hanno stabilito che il canone fosse corrisposto dal conduttore mensilmente in Bitcoin, ossia nella criptovaluta più utilizzata al mondo, utilizzando la piattaforma Fiwind. La scelta di siffatta modalità è stata resa possibile dall’abrogazione della Legge sugli affitti, operata con il Decreto di Necessità e Urgenza (Dnu) del presidente argentino Javier Milei, in vigore dal 30 dicembre, con il quale ha pure stabilito che i nuovi contratti possono essere concordati “in moneta legale o in valuta estera, a libera discrezione delle parti”.

In tal modo ha messo la parola fine al regime vincolistico delle locazioni, ripristinando l’autonomia contrattuale e la libertà delle parti e, nello stesso tempo, ha posto le basi per un libero mercato monetario.

Quanto al primo aspetto, ha chiaramente considerato che locatore e inquilino costituiscono una di quelle che, sul piano economico, si chiamano coppie di elementi antinomici. Sono, cioè, due elementi che formano coppia perché assoggettati da esigenze economiche diverse, ma che reciprocamente si integrano. Quindi, l’uno non può stare senza l’altro, l’uno non si spiega senza l’altro. Essi, come tutti quelli che operano nel mercato, si cercano, si postulano, ma, venuti in contatto, appunto perché antinomici, obbedienti cioè per certi aspetti a interessi antagonistici, fanno contrasto. Dal modo più o meno armonico con cui si risolve questo contrasto deriva un risultato utile per l’economia rappresentato dalla soddisfazione del bisogno della casa per un giusto prezzo delle pigioni sul mercato degli alloggi.

Ovviamente, quando lo Stato adotta provvedimenti di controllo degli affitti, che sacrificano la proprietà privata in favore del perseguimento di una mitologica utilità sociale, tale risultato non si consegue. Anzi, se, nel breve periodo, le relative misure sembrano avvantaggiare gli inquilini; nel medio/lungo termine, generano, come esiti inintenzionali, risultati contrari a quelli che si proponevano i fautori, peggiorando le condizioni anziché migliorarle. Diminuisce in particolare la già scarsa offerta di alloggi in locazione da parte di proprietari e investitori, si danneggia il patrimonio immobiliare e non vengono edificate nuove unità, in quanto i costruttori trovano conveniente dirigere i loro sforzi verso altri settori. Gli inquilini, infine, proprio a causa del controllo e delle limitazioni da essi imposti, non sono incentivati a lasciare gli appartamenti affittati per continuare a beneficiare dei privilegi accordati, tra cui canoni inferiori al mercato. E ciò anche a discapito della mobilità e, persino, dei conduttori futuri e degli altri gravati da canoni più elevati.

In definitiva, in un mercato non condizionato dall’interventismo statale, i proprietari sono costretti a soddisfare gli inquilini o a perderli in favore di altri proprietari, giacché, anche per quello delle case il mercato è concorrenziale, e il relativo processo tende a ridurre i ricavi dei proprietari, che non hanno “potere di mercato”, in quanto altri possono entrare nel mercato e ridurre o annullare l’offerta dei primi e, quindi, la relativa domanda di abitazioni; gli inquilini possono spostarsi verso altre case, a causa delle peggiori condizioni, delle clausole più restrittive o dei canoni più elevati. Eloquente in proposito la fotografia di William Watson sul Financial Post: “Che tipo di protezione hanno gli inquilini contro i proprietari senza scrupoli? Altri proprietari, e molti di loro”.

Relativamente all’altra importante decisione, il presidente argentino ha aperto nel suo Paese una strada inesplorata rispetto alle tradizionali leggi sul corso legale con una rivoluzione valutaria, che sfida le norme economiche convenzionali, pure seguendo l’esempio di El Salvador che ha reso i Bitcoin moneta a corso legale e le normative brasiliane favorevoli alle criptovalute.

L’accettazione di Bitcoin per i contratti, insieme ai piani per abbandonare le leggi sul corso legale e alla chiusura della banca centrale, segnano un cambiamento epocale, che consentirà a singoli individui, imprese e il governo di avere la flessibilità di accettare qualsiasi valuta o bene, favorendo così la concorrenza nel libero mercato monetario.

Questa iniziativa sembra richiamare il lavoro pioneristico di Friedrich A. von Hayek, il quale soprattutto con il volume La Denazionalizzazione della moneta, attraverso un approccio microeconomico, ha aperto all’abolizione del monopolio della moneta e alla libertà di emissione per istituti pubblici e privati, apprestando così un corpus vitale di lavoro teorico preliminare per un futuro ordine monetario più resistente alle crisi. Per creare completa libertà di scelta per i produttori e gli utilizzatori di moneta, il monopolio monetario statale deve essere abrogato e sostituito da un ambiente in cui le valute private possano svilupparsi e competere in una procedura di scoperta decentralizzata. Tutto ciò impedirebbe ai governi di operare in deficit, peraltro senza alcun ostacolo all’incremento della spesa pubblica, e di limitare il peso del debito attraverso l’inflazione: la quantità di bitcoin in circolazione è limitata a priori, non può essere incrementata senza limiti né svalutata da un ente centrale o da nessun altro; d’altra parte, detto ordine monetario sarebbe molto efficace nell’imporre la disciplina fiscale, mantenere stabile il valore della moneta e i bilanci pubblici in pareggio: la competizione monetaria sarebbe il freno più potente al debito pubblico che si possa immaginare e impedirebbe il sovraindebitamento.

C’è da augurarsi che l’esperienza argentina sia completata con successo e inauguri una nuova era, anche per il nostro Paese che ha necessità di affrontare le sfide poste dall’apertura dei mercati e dalla globalizzazione con strumenti adeguati e senza barriere ideologiche.

Aggiornato il 26 gennaio 2024 alle ore 11:57