Affitti brevi: il mercato è innocente

Anche la Regione Toscana interviene sugli affitti brevi, inserendo una norma nel nuovo testo unico sul turismo, votato dalla Giunta regionale e trasmesso Consiglio, che consente ai Comuni ad alta densità turistica di individuare – in accordo con la stessa Regione – aree o zone “in cui definire criteri e limiti per lo svolgimento delle attività di locazione breve di immobili per finalità turistiche, nel rispetto dei principi di stretta necessità, proporzionalità e non-discriminazione”. L’iniziativa fa seguito ad altre similari, come ad esempio quella del sindaco del capoluogo della medesima regione, e alle posizioni espresse dai primi cittadini di alcune città, tra le quali di Roma e di Venezia, tutte volte a rendere questo tipo di attività commerciale sempre più difficile con disposizioni e regolamenti sempre più stringenti, fino ad arrivare al un divieto assoluto. Le motivazioni ricorrenti sono solitamente quelle di voler contrastare il fenomeno della desertificazione dei centri storici, di far aumentare l’offerta di immobili per affitti lunghi, di tutelare i residenti e, persino, di assicurare la concorrenza nel settore, la quale, letta tra le righe, si risolve nell’apprestare una posizione vantaggio per gli albergatori.

Ebbene, nonostante il proliferare di iniziative avverse e il clamore suscitato, si ha tuttavia l’impressione che il fenomeno degli affitti brevi sia stato scarsamente analizzato e, soprattutto, non siano state individuate le cause che lo hanno prodotto. A tale scopo, basterebbe dare uno sguardo a esperienze Oltreoceano, in particolare a quelle che si pongono ai lati opposti, per desumere elementi sufficienti avere contezza della situazione e operare conseguentemente scelte appropriate. Da una parte, vi è la soluzione adottata a New York, che ha vietato l’affitto a breve termine di interi appartamenti per periodi inferiori a 30 giorni, a meno che gli host (proprietari o aventi titolo) non condividano l’unità con un massimo di due ospiti. È imposto inoltre agli stessi di registrare le unità in affitto presso l’Office of Special Enforcement (Ose), fornendo dettagli personali e dell’immobile e pagando una tariffa non rimborsabile di 145 dollari.

La legge esclude dall’obbligo alcune tipologie di abitazioni, come ad esempio quelle di classe B, approvate dalla Città di New York per soggiorni legali a breve termine oppure utilizzate per affitti per periodi di 30 o più giorni consecutivi. L’obiettivo del provvedimento era quello di liberare gli appartamenti della metropoli più congestionata d’America per metterli a disposizione dei residenti. Come è stato segnalato da alcuni organi di informazione, dalla data di entrata in vigore della legge, sono innanzi tutto diminuiti notevolmente gli annunci sulle piattaforme come Airbnb, Vrbo e Booking.com, ma ciò non ha impedito agli host di utilizzare i social media o altri sistemi on line, come Craigslist, Facebook Marketplace o altri siti, per mettere a disposizione i loro appartamenti. Altri hanno invece preferito utilizzare differenti sistemi per aggirare i divieti. Altri riscontri riguardano gli alberghi della Grande mela, che hanno incrementato le tariffe medie giornaliere delle camere e hanno registrato un leggero aumento dei tassi di occupazione rispetto allo scorso anno.

A parte ciò, la cosa che più di ogni altra balza agli occhi è il notevole aumento della domanda di affitti brevi sull’altra sponda del fiume Hudson, nel vicino Stato del New Jersey, a Jersey City, Hoboken e Weehawken, centri urbani dai quali è possibile raggiungere rapidamente il centro di Manhattan. Secondo AirDna, una società che analizza i dati degli annunci sulle piattaforme, a Jersey City la domanda è cresciuta del 77 per cento rispetto alla metà di febbraio, mentre a Weehawken e Hoboken è aumentata rispettivamente del 45 e del 32 per cento. Va da sé che la legge newyorkese, come del resto si desume da quanto precede, non solo non ha prodotto alcun incremento sull’offerta di appartamenti in affitti a lungo termine per i residenti della città, né ha influito sul costo degli affitti o delle case a New York, quanto ha finito per danneggiare gli stessi operatori turistici e persino i piccoli proprietari. Questi ultimi costituiti soprattutto da persone che potevano ricavare una piccola entrata extra mettendo a disposizione il proprio appartamento nei periodi di loro assenza, o chi ne affittava uno contiguo a quello in cui viveva.

O da altri non intenzionati ad affittare alloggi a lungo termine o tempo pieno, anche per evitare la responsabilità di dover gestire un inquilino 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 o il rischio di occupazioni abusive. Dall’altro capo del filo, si pone la diversa soluzione che da qualche mese è possibile a Buenos Aires, a seguito del Dnu di Javier Milei che ha liberalizzato tutti gli affitti in Argentina e che ha avuto un impatto sul settore di quelli brevi. In particolare, se prima di tale intervento molti proprietari avevano riversato l’offerta di unità immobiliari nel mercato degli affitti temporanei, e ciò era dovuto essenzialmente alla maggiore redditività di quest’ultima tipologia locativa,  in luogo di quella tradizionale, con durata minima di tre anni e un canone che poteva essere adeguato (secondo indici imposti) ogni sei mesi o un anno in un contesto di inflazione annua che superava il 200 per cento e, pertanto, veniva svalutato pochi mesi dopo; si sta ora assistendo a un deciso mutamento dello scenario, proprio in conseguenza della riforma voluta dal premier. Infatti, come la stampa ha evidenziato, il nuovo ambiente giuridico, che consente alle parti di concordare liberamente i termini più importanti del contratto (scegliendo la durata, la valuta, l’indicizzazione e la periodicità dell’adeguamento che desiderano), ha indotto molti proprietari a incrementare l’offerta di unità immobiliari in affitti di lunga durata, sia trasferendoli dal mercato temporaneo sia collocandone altri che avevano a disposizione ma erano sfitti. Secondo l’ultimo rapporto di Zonaprop e i dati del portale immobiliare Argenprop raccolti da Bloomberg, l’offerta di alloggi in affitto nella Caba (Città autonoma di Buenos Aires) è quasi raddoppiata, raggiungendo il livello più alto degli ultimi 7 anni. Nello stesso tempo, è diminuita l’offerta di affitti temporanei, come rilevano i dati di Soledad Balayan, titolare dell’importante Maure inmobiliaria.

Quanto ai canoni, l’analisi di Libre mercado ha mostrato che il loro livello si è mantenuto al di sotto dell’inflazione, tanto che il costo reale dell’affitto di una casa è diventato sostanzialmente più economico. Ciò è stato favorito dalla concorrenza nel portafoglio di offerta, che consente al conduttore di scegliere e negoziare condizioni migliori. La scelta investe anche i quartieri, atteso che oggi c’è offerta in tutte le zone, rispetto a quanto avveniva precedentemente allorché le persone potevano prendere un immobile in affitto ma solamente dove lo avessero trovato. Aggiungasi ancora che, proprio la maggiore offerta, consente ai conduttori la mobilità. Così stando le cose, appare evidente come le esperienze messe a confronto delle due metropoli americane, che rappresentano un’affidabile cartina di tornasole, indichino che in Italia devono essere accantonate le logiche regolatorie, considerato che il mercato degli immobili funziona esattamente come tutti gli altri di beni e servizi. Lo stesso sfugge pertanto a ogni pianificazione centralizzata o intervento distorsivo, poiché si affida solo all’iniziativa individuale e al meccanismo della concorrenza. Riesce così ad armonizzare, in maniera spontanea, le decisioni dei proprietari-produttori con la volontà e coi desideri degli inquilini-consumatori, senza la mediazione della mano pubblica, ed assicurare a ognuna delle parti il perseguimento dei propri scopi. Il che conduce all’allocazione ottimale delle risorse tra affitti brevi e affitti lunghi, con benefici effetti non solo per le parti, ma per l’intera economia. E anche a concludere che, in definitiva, il socialismo semplicemente non funziona in nessun settore della nostra economia.

Aggiornato il 22 marzo 2024 alle ore 12:30