Un anno dal crollo di Credit Suisse, una storia ancora da scrivere

Dopo un anno dal crollo di Credit Suisse e dal suo salvataggio (in altri termini, acquisizione) dal concorrente Ubs, il sistema bancario svizzero si presenta ancora in una fase di transizione. In primo luogo, la fusione tra i due istituti non è ancora giunta al termine. Nei prossimi mesi, infatti, Ubs dovrà affrontare il delicato compito di integrare le infrastrutture informatiche delle due banche prima di far migrare i dati della clientela nel nuovo sistema. Il processo di fusione arriverà a un epilogo non prima del 2026, anno entro il quale Ubs si propone di risparmiare 13 miliardi di dollari, ricorrendo anche a licenziamenti massicci. In secondo luogo, si pone il tema del potere di mercato di Ubs che, dopo avere inglobato la sua rivale, ha concluso il 2023 con un attivo di bilancio intorno a 1.600 miliardi di dollari, circa due volte Pil della Svizzera, e con un controllo su circa un quarto dei depositi e dei prestiti nella Confederazione, come riporta un rapporto dell’Ocse. Il Financial Stability Board (Fsb), organizzazione internazionale con sede a Basilea, è attento al rapporto tra il futuro della prima banca elvetica e le sorti del sistema bancario svizzero. Secondo le stime di Fsb, Ubs è l’istituto che, a livello globale, pesa di più sull’economia di un singolo Paese e, di conseguenza, il suo “fallimento potrebbe avere un grave impatto sull’economia svizzera e sul sistema finanziario internazionale”.

Il Financial Stability Board, quindi, insiste su una regolamentazione più rigida orientata alla prudenza della gestione delle attività bancarie. È comprensibile il mancato entusiasmo con cui i vertici di Ubs commentano tale raccomandazione. Misure stringenti, infatti, “penalizzano gli azionisti, ma anche i clienti perché i servizi bancari diventano più costosi”, ha dichiarato Colm Kelleher, presidente del gruppo. Sono più mirate le critiche dell’amministratore delegato Sergio Ermotti, secondo il quale “l’Europa ha fatto tutto il possibile per impedire alle banche di essere più grandi o di avere successo”. Le parole del manager e banchiere luganese suggeriscono l’intenzione di esplorare mercati esterni al Vecchio Continente. Lo sguardo di Ubs, infatti, volge all’altra sponda dell’Atlantico, in direzione di Wall Street. Tra gli obiettivi del colosso bancario risulta prioritario rafforzare la presenza negli Stati Uniti per affrontare al meglio la concorrenza della capitale mondiale della finanza, New York. Si tratta di una strategia ambiziosa e non priva di rischi, soprattutto in un periodo di transizione che richiede di concludere alcune operazioni tecniche relative alla fusione con Credit Suisse. A chi, tra gli analisti, i regolatori e le autorità di sorveglianza, sia preoccupato per le possibili conseguenze di un’eventuale crisi di Ubs, Ermotti risponde che “nel settore bancario, tutte le fusioni che creano valore arrivano in momenti di stress”. Non è un caso se l’amministratore delegato del gruppo, per avvalorare la sua tesi, riporti come esempio l’esperienza americana. “Guardate le banche statunitensi e come hanno raggiunto la loro posizione. È tutto dovuto al fatto che, durante la crisi finanziaria, hanno avuto il permesso o la richiesta di acquisire o mettere insieme banche che stavano per fallire o che stavano fallendo”, sostiene Ermotti. Al contrario, in Europa “c’è il desiderio politico di non permettere alle banche di diventare troppo grandi”.

Sarebbe tuttavia riduttivo parlare di uno scontro tra i vertici di Ubs e le autorità svizzere e internazionali. Il presidente del gruppo, infatti, si è espresso a favore del dotare l’autorità di vigilanza del potere di multare e licenziare i dirigenti senior ritenuti scorretti. “Per garantire la stabilità ed evitare un’altra crisi bancaria, il Governo deve inoltre semplificare il rapporto che l’autorità di vigilanza finanziaria Finma avrà con la banca centrale”, auspica Kelleher, in linea con le raccomandazioni avanzate da Fsb. Diversi segnali inducono i commentatori economici a ipotizzare una successione a Sergio Ermotti come amministratore del gruppo. È stato lo stesso Ermotti, nel 2023, a comunicare l’intenzione a rimanere “almeno fino a quando il lavoro sarà finito”, suggerendo che il termine del processo di fusione potrebbe coincidere col termine del suo incarico. Anche il presidente Kelleher ha offerto sostegno a voci su un possibile cambio al vertice del gruppo. Tra i possibili successori alla carica di amministratore delegato figura un nome, quello dell’avventuroso banchiere italiano Andrea Orcel. Avventuroso non soltanto perché oggi ricopre il ruolo di ceo di Unicredit, istituto fondamentale per il tessuto economico italiano che nel 2023 ha superato tutti gli obiettivi posti dai soci garantendo a Orcel un compenso di 9,75 milioni di euro, ma soprattutto per lo stile manageriale deciso e competitivo che lo contraddistingue.

Il 13 marzo, nel suo intervento presso l’European financial conference organizzata da Morgan Stanley a Londra, Orcel ha auspicato l’utilizzo del surplus di capitale di Unicredit (circa 10 miliardi di euro) per effettuare un’acquisizione. Lo spirito sembra compatibile con quello che ha animato Ubs soprattutto nell’ultimo periodo. A unire la storia di Orcel a quella della prima banca svizzera, tuttavia, non è solamente la comunanza di idee sui principi che devono guidare la gestione di una banca di grosse dimensioni. Andrea Orcel, infatti, si è fatto avanti nel complesso mondo dell’investment banking europeo lavorando prima alla Merrill Lynch, come Sergio Ermotti, e poi per sette anni in Ubs, dove lo stesso Ermotti gli ha offerto la guida del ramo investment banking. Anche l’attuale amministratore delegato di Ubs ha un passato in Unicredit, essendone stato vice amministratore delegato. Le sorti del sistema bancario svizzero appaiono strettamente legate a quelle di Ubs e gli avvenimenti dell’ultimo anno dimostrano che quando si tratta di banche, come nel resto della finanza, il rischio zero non esiste. La speranza per la Svizzera e per la finanza internazionale, invece, è che gli avvenimenti dei prossimi anni dimostrino che il coraggio e l’ambizione, insieme a una strategia efficace, possono rappresentare un valore fondamentale persino in un settore delicato come quello bancario.

Aggiornato il 25 marzo 2024 alle ore 14:55