Non basta invocare il Piano Mattei: occorre attuarlo

Nei giorni scorsi ho tentato di prospettare una proposta concreta in grado di costruire, in un arco temporale accettabile, un’ipotesi progettuale di grande interesse per l’intero Continente africano. E un simile intervento affronta in modo organico quattro distinte finalità:

– il recupero ambientale di un’area quella del lago Ciad, che da una dimensione di 25mila chilometri quadrati del 1960 ha raggiunto ultimamente la dimensione non superiore a 1.500 chilometri quadrati. E ciò per una dirompente forma di desertificazione (vedi nota allegata);

– il rilancio socio-economico (Nigeria, Niger, Ciad, Repubblica centrale africana e Cameron).

– la realizzazione di un’opera infrastrutturale (circa 70 miliardi di dollari articolati in 12 lotti e ogni lotto diviso in varie fasi, di cui ogni lotto caratterizzato da un volano finanziario di 4 miliardi di dollari e con un coinvolgimento occupazionale di 20.000 unità lavorativa); un’opera che ha già visto la disponibilità della Banca mondiale, della Banca d’Africa, dell’Oic (Organisation islamic cooperation) e della China Exim Bank;

un’opera che contiene già un Memorandum of understanding tra il nostro Paese e l’organismo rappresentativo dei Paesi africani prima richiamati definito Lake Chad Basin Commission.

Ma questa ipotesi progettuale potrebbe essere interpretata come solo un interessante atto mediatico, privo di attori in grado di realizzare un simile intervento complesso o di altri di dimensione analoghi e per questo motivo, nella mia nota, avevo anche elencato una serie di interventi che la imprenditoria italiana ha realizzato. E in alcuni casi sta ancora progettando o realizzando, nel Continente africano. Interventi che solo a titolo di esempio riporto di seguito:

– il raddoppio del Canale di Suez;

– nella regione di Benisciangul-Gumuz in Etiopia, circa 15 chilometri a est del confine con il Sudan. Con una potenza installata di 6,45 Gigawatt, la diga – una volta completata – sarà la più grande centrale idroelettrica in Africa, la settima al mondo;

– porto di Gibuti e asse autostradale Gibuti-Mogadiscio;

– Asse ferroviario ad alta velocità Gibuti-Addis Abeba;

– diga di Inga costruita nel Congo negli anni Settanta;

– asse ferroviario ad alta velocità Il Cairo-Alessandria d’Egitto;

– asse autostradale Tobruk-Tripoli;

– il progetto offshore Coral Sul Flng, valore stimato 30 miliardi di dollari: l’opera prevede la realizzazione di un impianto su terraferma per il processamento e l’export del gas proveniente da 24 pozzi sottomarini;

– le dighe di Arror, Kimwarer e Itare in Kenya;

– l’impianto idroelettrico di Akosombo sul fiume Volta nella Repubblica del Ghana;

– la diga di Roseires sul fiume Nilo nella Repubblica del Sudan.

Penso sarebbe utile che il Governo, sulla base di questa consolidata esperienza progettuale e realizzativa, convocasse subito le varie imprese che hanno dato vita a questa encomiabile attività. E costruisse insieme un quadro organico di iniziative progettuali da sottoporre, prima, a un pool di soggetti finanziari e poi presentare formalmente sia ai vari Paesi del Continente africano direttamente o indirettamente interessati, sia alla Unione europea.

Una proposta del genere non solo è caratterizzata da interventi infrastrutturali, ma anche da possibili concessioni nella gestione dei sistemi logistici o di quelli energetici. E quindi potrebbe essere supportata, almeno per alcune iniziative, da veri project financing. Senza dubbio in un simile elenco di soggetti dovrebbero essere coinvolti sia l’Enel che l’Eni che le Ferrovie dello Stato e l’Anas.

Una simile ipotesi, certamente, non si limiterà a un approccio mediatico o a una banale dichiarazione di intenti, ma sarà supportata da una cabina di regia come quella prevista dal decreto legge 161 /2023 (disposizioni urgenti per il Piano Mattei per lo sviluppo in Stati del Continente africano) che all’articolo 2 precisa quanto scritto nella tabella.

Ciò potrà, davvero, in un arco temporale non superiore a sessanta giorni, vestire una base propositiva ampiamente condivisa e priva di possibili discrasie fra i vari attori istituzionali. Insisto sulla urgenza della conclusione della fase propositiva, perché non vorrei che dopo l’incontro di Roma del 29 gennaio, voluto dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, prendano corpo iniziative analoghe da parte di Paesi come la Francia e la Germania. E non vorrei che la stessa Unione europea dimenticasse che il Piano Mattei è un atto concepito solo, ripeto solo, dal nostro Paese. Ogni tanto penso sia utile ricordare i nostri ruoli e le nostre encomiabili intuizioni.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 16 aprile 2024 alle ore 11:35