Renzi non esclude la scissione del Pd

C’è la foto di Vasto con Bersani, Vendola e di Pietro e c’è la foto dei promotori del referendum contro la riforma del lavoro targata Fornero con Vendola, Di Pietro, Diliberto, Ferrero e dietro le quinte, non visibili ma fin troppo presenti, la Camusso, Landini e mezzo Partito democratico con il bersaniano Fassina in testa. Matteo Renzi non solo ha contestato la prima fotografia ma ha soprattutto bollato con parole di fuoco la seconda sostenendo che rappresenta quella parte della sinistra che non potrà mai andare al governo e che è condannata a vita a stare all’opposizione. La decisione dello sfidante di Pierluigi Bersani alla primarie per la candidatura a premier nel Pd di collocarsi in maniera decisa, inequivocabile, quasi plateale, contro ogni ipotesi di alleanza con i partiti della sinistra più radicale è sicuramente un elemento di chiarezza.

Ora è fin troppo evidente agli occhi dell’opinione pubblica del paese che se mai Renzi dovesse battere Bersani e diventare il candidato premier del Pd, il partito non formerebbe mai una coalizione di governo con Vendola, Di Pietro e gli altri rappresentanti dei partiti vetero-comunisti. Punterebbe a realizzare una alleanza con i centristi di Pierferdinando Casini se dopo le elezioni Pd ed Udc riuscissero a conquistare la maggioranza sia alla Camera che al Senato. E non respingerebbe l’idea, bocciata con sdegno e sussiego da Bersani, di partecipare ad una grande coalizione destinata a portare avanti anche nella prossima legislatura il programma di risanamento imposto dall’Europa e fatto proprio da Mario Monti. Tanta chiarezza ha una conseguenza che probabilmente il furbo Renzi ha freddamente calcolato. Collocarsi alla destra di Bersani fino al punto di annunciare di voler “andare a prendere” i voti dei delusi da Berlusconi, ha consegnato di fatto lo stesso Bersani nelle mani della sinistra. Sia quella interna del Pd che non ha alcuna intenzione di continuare a sostenere il governo Monti e sogna il momento di scaricare il Professore per sostituirlo con un governo politico guidato dall’attuale segretario e caratterizzato da un programma ispirato a quello del francese Hollande. Sia quella esterna di Vendola, Di Pietro, Diliberto e Ferrero che spera di poter trarre dalle prossime elezioni la forza necessaria per eliminare il governo tecnico e spostare decisamente a sinistra l’asse politico del paese. Ma perché Renzi ha cercato di occupare lo spazio moderato del Pd e spingere Bersani all’abbraccio con Vendola e Di Pietro? 

Solo perché pensa di poter portare gli elettori delusi dal Cavaliere a votare in suo favore alle primarie? Probabilmente qualche speranza del genere c’è. Ma è più facile che Renzi abbia fatto questa mossa per mettere in seria difficoltà Bersani spingendolo verso una posizione più estremista di quella che il segretario ha cercato di mantenere fino ad ora. Un Bersani consegnato nelle mani della Camusso, oltre che di Vendola e Di Pietro, è destinato ad andare in rotta di collisione con Casini sulla  legge elettorale. Con inevitabili ripercussioni in quella parte del Pd che non condivide affatto l’insofferenza della sinistra per Monti e pensa che dopo le elezioni il partito potrà andare al governo o con una alleanza con i centristi abbandonando Vendola al proprio destino o con il Monti-bis ed una nuova maggioranza anomala. Renzi, dunque, punta sul serio a battere Bersani. Nell’ipotesi di non riuscirci, si prepara per tempo un nuovo ruolo. Nel caso di una grande coalizione il Pd riuscirebbe a restare unito? Se se si dovesse spaccare, chi se non Renzi potrebbe guidare la parte decisa a far parte comunque della coalizione governativa?

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:05