Antropologicamente superiori

Sia chiaro una volta e per tutte: a destra si ruba molto più che a sinistra. Non solo, ma si ruba anche con più sfacciataggine e volgarità. Anzi, se proprio la vogliamo dire tutta, quelli di destra, quando rubano, puzzano pure. Ecco. Questa è una verità che non può essere taciuta, anzi va gridata. E non lo dico io, ma uno che di verità se ne intende: Curzio Maltese, uno di quelli che sanno vedere il mondo come cambia e scavare nei reconditi abissi delle trasformazioni sociali.

Mica un segaiolo radical-chic qualsiasi. Ed è lui, con certezza e convinzione, sul Venerdì di Repubblica, a spiegarci che i Fiorito e gli altri «riflettono l’antropologia di una classe dirigente ignorante, pacchiana e soprattutto ladra. Non solo rubano, ma non se ne pentono». E certo, vuoi mettere com’è più colto, elegante e meno ladro uno come Lusi, che va in convento ad espiare? Ma non finisce qui. Puliti gli occhialetti inquisitori, Maltese continua con la fermezza che tutti noi ammiriamo e ci spiega che questa schifosa corruzione di destra è frutto del ventennio berlusconiano e di colui che, «almeno nei libri di scuola», descriveranno come «il grande artefice del regime più corrotto d’Italia».

Poco importa che, conti alla mano, in questi 20 anni di suo regime, Berlusconi abbia governato meno della metà; anche i neuroni di Curzio Maltese, se ogni tanto venissero usati, capirebbero che un dittatore all’opposizione è un controsenso persino per le fantasie ossessive del più acerrimo antiberlusconiano. Il punto è che se dovessimo affrontare il tema della corruzione politica con l’approccio di Maltese, potremmo dire che non è vero che a destra rubano di più, ma che a sinistra rubano meglio, perché non si fanno beccare. E quando li beccano, non si dice in giro, così che si rispetti la regola sovrana di questa democrazia mediatica, secondo cui non è vero ciò che è vero ma ciò che i media vogliono sia vero. Per esempio, il fatto che qualche giorno fa la vedova Fortugno, alias on. Laganà deputata del Pd, sia stata condannata in primo grado per truffa aggravata, lo avete letto sulla prima pagina di Repubblica? No, solo otto giorni dopo in ventunesima pagina.

Su Il Fatto Quotidiano? Sì, in un box di 10 righe a pagina 6. Appunto. Quindi, il caso in pratica non esiste. E quando la questione si sposta dalla politica ai poteri veri del paese, sia che si tratti di ministri della tecnocrazia dominante (Passera, Grilli) o banchieri di alto rango (Profumo) il silenzio e la copertura del mondo dei media moralisti diventano ancora più evidenti. Se addirittura il soggetto in questione si chiama Carlo De Benedetti, il padrone di Curzio Maltese, la possibilità di venire a sapere dei suoi guai giudiziari è pressoché nulla; per cui, la notizia che il Gruppo L’Espresso di proprietà del suddetto editore residente in Svizzera fosse sotto indagine per elusione fiscale dal 1991, compare sui media (discretamente) solo con la condanna in secondo grado, 20 anni dopo.

Se il complesso rapporto tra diritto e morale in una moderna democrazia fosse solo una questione antropologica, basterebbe prendere tutti quelli di destra e ficcarli in galera, perché, come dice sempre Maltese, «esprimono una classe dirigente di miracolati, arruolati nei bassifondi della società, i quali in cambio di un servilismo assoluto verso il capo, ricevono poltrone, denaro facile, case, auto, escort e mano libera per vuotare le casse pubbliche». D’altronde questa è una strada che la sinistra antropologicamente superiore già in passato ha percorso, quando, il faticoso problema di affrontare la storia, lo risolse mandando i nemici del popolo (borghesi, preti, capitalisti, fascisti o presunti tali) a riempire le fosse comuni o far lavorare i plotoni d’esecuzione. Ma il comunismo fu una cosa seria, altro che questa pattumiera salottiera e redazionale.

Il filosofo Sergej Hessen che partecipò alla Rivoluzione d’Ottobre, sfuggendo all’ira di Lenin e poi al nazismo, indagando il rapporto tra diritto e morale, concluse che «il vero atto morale è un atto creativo, quindi scaturisce dall’amore e non può essere oggetto di semplici obbligazioni». Hessen aveva capito che la morale, per non ridursi a moralismo, va realizzata ricostruendo il tessuto civile che dovrebbe legarci l’un l’altro. Il comunista che parla d’amore sorprende, di fronte a questi ex comunisti che spargono odio e livore dai pulpiti mediatici. Poi uno però guarda una foto di Curzio Maltese e capisce perché è così incazzato con il mondo. Ma siccome noi non vogliamo passare per quelli che affossano il rachitismo intellettuale di certi maître à penser nostrani, ci arrendiamo alla loro superiorità morale frutto di decenni di selezione della razza, coltivata nelle riserve artificiali dei salottini di “Repubblica” e dei corsi intensivi del prof. Scalfari.

E concludiamo prendendo in prestito le parole di Luca Zingaretti, espressione di questa colta gauche de noantri: anche a me «mi hanno imparato» che loro sono antvopologicamente supeviovi.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:37